Piangere fa bene: in Giappone nascono i crying cafè, il luogo per persone sole e tristi
- 23 Settembre 2025
- Mondo Popolazione
Immaginate di entrare in un bar, sedervi al tavolo, in compagnia o da soli, e iniziare a piangere. Anzi, immaginate di entrarci proprio per dare sfogo alle vostre lacrime. In Giappone tutto questo succede davvero nei “crying cafè”, dei particolari locali che stanno conquistando l’isola nipponica, evidentemente sempre più triste e solipsistica.
Questi cafè offrono il proprio posto a sedere per piangere dietro pagamento di qualche yen. Nel 2025 i “crying cafè” sono passati da fenomeno di nicchia a trend consolidato, con aperture sia in grandi città, come la capitale Tokyo, che nelle aree periferiche.
Cosa sono i crying cafè e come funzionano
Un “crying cafè” è uno spazio progettato per facilitare e accogliere il pianto in un ambiente controllato e privo di giudizio. Il pioniere del settore è stato il Cafè Mori Ouchi, aperto nel 2020 nel quartiere di Shimokitazawa a Tokyo, con un cartello inequivocabile all’ingresso: “Solo persone negative”. La regola è semplice: ordinare almeno una bevanda, per il resto i clienti possono portare cibo da casa. Il Cafè Mori Ouchi di Shimokitazawa prevede anche un costo di 20 yen a persona ogni 3 minuti di permanenza, ma la maggior parte dei “crying cafè” prevede solo l’obbligo di consumare una bevanda, senza altri costi.
L’ambiente è studiato nei minimi dettagli: luci soffuse, musica malinconica e personale formato per un ascolto empatico. I barman forniscono fazzoletti per asciugare le lacrime, asciugamani caldi per ridurre il gonfiore degli occhi e bevande rilassanti come tisane invece dei cocktail tradizionali. Il materiale per indurre il pianto include una selezione di film drammatici, video emotivamente coinvolgenti e commoventi libri illustrati.
Il fenomeno si è esteso oltre i bar tradizionali. L’hotel Mitsui Garden Yotsuya di Tokyo offre le “crying rooms” per circa 65 dollari a notte, riservate alle ospiti donne. Anche in queste stanze si trovano film accuratamente selezionati per stimolare le lacrime, comfort moderno e un ambiente intimo e discreto.
Il rui-katsu: alle origini dei “crying cafè”
Il successo dei “bar per piangere” è strettamente legato al rui-katsu (ルイカツ), letteralmente “caccia alle lacrime”, un movimento nato formalmente nel 2013. Il pioniere è Hidefumi Yoshida, autoproclamatosi “tear teacher” (maestro delle lacrime), che in sette anni e mezzo di attività ha fatto piangere oltre 50.000 persone attraverso sessioni di gruppo e tour dedicati.
Yoshida organizza “crying tours” a Kamakura e sessioni collettive dove i partecipanti vengono esposti a contenuti emotivamente coinvolgenti come cortometraggi e poesie. La sua filosofia si basa su evidenze scientifiche: il pianto rilascia ossitocina ed endorfine, riduce i livelli di stress e aiuta a espellere il manganese, un minerale associato ad ansia e irritabilità quando presente in alta concentrazione.
Il rui-katsu si è evoluto includendo anche il nakugo, una variante dello storytelling tradizionale rakugo progettata per far piangere anziché ridere.
Il Giappone alle prese con la solitudine
Non è un caso che i “crying cafè” siano nati in Giappone, un Paese dove la competitività è esasperata e le famiglie arrivano spesso a indebitarsi pur di far studiare i propri figli alle migliori scuole private ed evitare che restino ai margini della società prima ancora di entrarci. Nell’isola è nato anche il fenomeno degli hikikomori, ragazze e ragazzi che hanno deciso di ritirarsi dalla vita sociale e restano chiusi in casa, spesso stesi sul proprio letto, per giorni, settimane, mesi.
I dati ufficiali del 2024 rivelano l’ampiezza del fenomeno che alimenta il successo dei crying cafè: il 39,3% dei giapponesi si sente solo “spesso o sempre”, “qualche volta” o “di tanto in tanto”. Questa percentuale è rimasta stabile dal 2021, quando il governo ha iniziato a monitorare sistematicamente la solitudine come questione di salute pubblica.
La solitudine aumenta tra chi abusa dello smartphone, come emerso dal sondaggio del Cabinet Office: tra chi utilizzo il cellulare per più di otto ore al giorno, il 13,3% si sente solo “spesso o sempre”, percentuale che scende al 9,5% tra chi lo utilizza 7-8 ore quotidiane.
Ma lo smartphone non basta a spiegare il dilagare della tristezza tra i giovani (e non solo).
In Giappone, le cause principali della solitudine includono il lutto familiare (24,6%), la vita solitaria, i cambiamenti lavorativi o scolastici e gravi problemi di salute fisica o mentale.
Per avere un’idea di quanto la solitudine stia avvelenando la vita dei giapponesi, basti pensare che solo nei primi tre mesi del 2024, si sono registrati oltre 22mila kodokushi, anziani che sono morti da soli senza che nessuno se ne accorga. Oltre un milione di giapponesi vive è un hikikomori.
Nonostante l’approvazione di una legge ad hoc contro solitudine e isolamento sociale, entrata in vigore nell’aprile 2023, la condizione dei locali non è migliorata. E mentre scriviamo qualche giapponese starà entrando in un “crying cafè” per dare sfogo alla sua tristezza, sperando che le lacrime facciano da catarsi.