“Bambolotto, me lo fai un sorriso?” Chi è Maura Bloom, la comica che “molesta” gli uomini
- 22/10/2024
- Popolazione
Fischiare per strada a una donna è una molestia? Negli ultimi anni questa domanda ha fatto molto discutere e si è tornato a parlare con maggiore sensibilità di un fenomeno denominato “catcalling”. Una donna passeggia da sola e quasi sempre c’è qualcuno, più spesso un uomo, pronto a commentare il suo vestiario, l’acconciatura, il rossetto o il tacco che indossa. Il solito “Sei bellissima”, insomma, che detto da uno sconosciuto in strada può dare davvero molto fastidio.
Si stima che l’81% delle donne abbia provato almeno una volta un qualche tipo di molestia. E secondo l’Istat, le “molestie da strada” riguardano almeno il 31,5% delle donne, tra i 16 e i 70 anni.
A sensibilizzare sul tema è Maura Ronza, nota come Maura Bloom Comedy: creator, comica, doppiatrice pubblicitaria che sui social vanta oltre 40mila follower e che inverte i ruoli di genere promuovendo una parità, con ironia e intelligenza, anche su questo tema.
Maura, con i tuoi video sui social proponi un mondo al contrario: ma se le donne iniziassero a molestare in strada gli uomini per davvero?!
“Sarebbe un autogol, perché appropriarsi di un comportamento che troviamo tedioso e inopportuno? Sarei d’accordo nel farlo solo a “titolo dimostrativo”, per far comprendere ad alcuni uomini quanto sia inappropriato il loro comportamento. E comunque, anche in quel caso, non sono sicura capirebbero, la maggior parte degli uomini non vive come una minaccia alla propria incolumità fisica, la presenza di una donna per strada. Anche se una molestia non è propriamente un’aggressione fisica, ad una donna sola per strada si attiverà inconsciamente quella paura. Dietro i “semplici complimenti”, come li chiamano i bambolotti, oltre le parole si nascondono forti emozioni di disagio che un uomo fatica a comprendere”.
“Bambolotto” è diventato un tormentone, una “molestia” che hai coniato e diffuso facendo sorridere e riflettere i tuoi follower. Come nasce l’idea e come noti viene recepita dagli utenti?
“Io adoro creare universi paralleli nella mia testa, prima di “bambolotto” usavo la parola “signorino”, diciamo che il sessismo della lingua italiana ha giocato un ruolo importante nella scelta dei nomignoli da dare agli “uomini da molestare”: bambolo, signorino, bomboniero, principesso. Scegliere questo approccio ironico ha permesso al messaggio che volevo inviare di essere veicolato con estrema fluidità, anche tra i più duri. Molti uomini attraverso i miei video si sono resi conto per la prima volta della dinamica del catcalling, assistere alla loro presa di coscienza è stata molto interessante. Le donne invece, ho come l’impressione che si siano sentite capite ma soprattutto liberate, può sembrare una banalità ma il fatto di giocare a fare catcalling agli uomini, di esprimersi anche un po’ in maniera volgare, è liberatorio, soprattutto per un genere a cui è sempre stato chiesto di comportarsi bene, in maniera educata, gentile, da vere e proprie “signorine”, mentre la trivialità, la trivialità era appannaggio (o quantomeno giustificata) del genere maschile”.
Catcalling in ufficio, al parco, al mare, a Roma… titoli così i tuoi video. Tu hai mai subito una molestia in strada? Se sì, come hai reagito?
“Non basterebbero 70 dita delle mani per contarle. Purtroppo, sin da adolescente ho sempre subito catcalling solo che per me era normalità. Quando ho iniziato a capire che quelle parole erano fuori luogo e che mi mettevano a disagio, ho iniziato a reagire, come? Beh, facendo catcalling a mia volta, in dialetto stretto. È una cosa che destabilizza tantissimo”.
Spesso condividi contenuti anche con tuo padre, sempre disponibile e con le idee ben chiare: parlate di parità di genere, salute mentale e rapporto genitore-figlia. Quanto è stato importante il dialogo con lui e come mai deciso di coinvolgerlo nei tuoi video?
“Io e mio padre per arrivare ad avere il rapporto che abbiamo oggi abbiamo dovuto lavorare tanto, non per prendermi i meriti, ma il grosso l’ho fatto io, ovviamente perché mi sono data il permesso di occuparmi del mio benessere psicologico, mentre invece, purtroppo, per la generazione Boomer la salute mentale è argomento ancora troppo tabù (non si rendono conto di quanto curare le proprie ferite aiuterebbe i loro figli a stare meglio). Credo che il fatto di coinvolgerlo nei video sia stato anche un modo per comunicargli alcuni messaggi che non avrei avuto il coraggio di dire altrimenti. La maggior parte dei genitori è adulta solo anagraficamente, emotivamente è tutto un altro discorso, un genitore dovrebbe avere il dovere di prendersi cura della propria emotività per poter ascoltare i bisogni dei propri figli altrimenti si rischia di invertire i ruoli”.
È un modello di rapporto, il vostro, che troppo spesso manca: cosa consiglieresti a chi vorrebbe avere il tuo stesso “coraggio” di portare la fattura dello psicologo per i danni arrecati?!
“Consiglio a chi freme dalla voglia di avere un confronto “tra adulti” con i propri genitori, di usare l’ironia. È l’unico modo per non far reagire le loro parti ferite facendoli chiudere al dialogo. Ma per fare questo, lavorate prima sulle vostre ferite”.
Con la giusta dose di intelligenza e ironia si può parlare – e scherzare – di tutto. Come rispondi agli hater che ti insultano con commenti sessisti? A chi sostiene che il rischio dei tuoi contenuti è quello di banalizzare e minimizzare un problema serio?
“Devo dire che ad oggi ancora nessuno mi ha detto di banalizzare il problema, anzi. Agli hater che mi insultano invece vorrei dire solo una cosa, ma sarebbe inutile perché un hater non ha la capacità di dialogare in maniera costruttiva, però sicuramente gli direi: allena il tuo pensiero critico, amico, siamo tutt* dalla stessa parte”.
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