Zuppi: “Gli affitti non dovrebbero superare il 30% dello stipendio”, ma in Italia è pura utopia
- 6 Giugno 2025
- Giovani Popolazione
Il cardinale Matteo Maria Zuppi ha lanciato un grido d’allarme che risuona nelle anguste ma preziose case delle città italiane: “Se due terzi del mio stipendio li metto per la casa, finisce tutto là”, ha dichiarato l’arcivescovo di Bologna durante la presentazione del rapporto “Sussidiarietà e… welfare territoriale” promosso dalla Fondazione per la Sussidiarietà. Le sue parole sono un manifesto per la dignità abitativa in un Paese dove la casa sta diventando un privilegio. La soluzione è chiara: o si abbassano i canoni di affitto o si aumentano gli stipendi. Per ora siamo riusciti solo ad abbassare la superficie minima dei monolocali, portandola da 28 a 20 metri quadrati.
La visione di Zuppi: il 30% come soglia della dignità
Il cardinale Zuppi ha posto una netta linea di demarcazione: “L’affitto non dovrebbe mai superare il 30% dello stipendio (netto, ndr)”, ha detto replicando un semplice calcolo che gira da decenni. Basta moltiplicare il proprio salario per 0,3 per ottenere la soglia massima a cui fa riferimento il presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana). Se consideriamo uno stipendio netto di 1.500 euro, l’affitto non dovrebbe costare più di 450 euro al mese. Pura utopia per migliaia di giovani italiani, soprattutto quelli che vivono a Napoli, Roma, Bologna e Milano. Non a caso nel primo trimestre 2025, la domanda per immobili nei comuni limitrofi ma fuori dal capoluogo lombardo è cresciuta del 59% (Sentiment di Fimaa Milano Lodi Monza Brianza).
Se la soglia venisse rispettata “non avremmo più solo monolocali, ma qualche possibilità in più”, ha spiegato Zuppi durante l’evento ai magazzini generativi Mug con Emilbanca.
Il cardinale ha poi dipinto un quadro crudo della realtà abitativa contemporanea. “È brutto vivere nei monolocali, c’è una certa tristezza nel futuro coi monolocali, non si va molto lontano”. Parole che colpiscono perché descrivono una condizione esistenziale prima ancora che economica. Quando la casa diventa una gabbia dorata – nel senso che la paghi a peso d’oro – ogni progetto di vita si restringe.
“Se due terzi dello stipendio vengono assorbiti dal canone mensile, non resta spazio per altro, né per la famiglia, né per la cultura, né per il futuro”, ha aggiunto Zuppi offrendo una riflessione interessante sulla crisi demografica italiana. Il cardinale ha definito i costi attuali non solo insostenibili, ma “lesivi della dignità umana”, perché trasformano la casa da diritto fondamentale a privilegio inaccessibile.
L’appello alle istituzioni
L’arcivescovo di Bologna ha chiamato in causa direttamente le istituzioni invitando “Comune, Regione e governo ad attivarsi urgentemente”, proponendo accordi per calmierare gli affitti, rilanciare l’edilizia sociale e introdurre sgravi fiscali per chi affitta a prezzi accessibili. La sua ricetta prevede una collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore, citando l’esempio di alcuni paesi europei dove “il tetto massimo del 30% è stato fissato per legge”.
La realtà italiana: quando l’affitto divora lo stipendio
I dati fotografano un’Italia dove la regola del 30% di Zuppi è diventata un miraggio. Il tasso di sforzo medio nazionale per affittare una casa è salito al 30,3% nel terzo trimestre del 2024, con un aumento del 2,9% rispetto al 27,4% del 2023. Ma questa è solo la media: in molti casi la soglia viene superata ampiamente, anche perché i comuni periferici e del Mezzogiorno sono sempre più vuoti e, quindi, i canoni di affitto sono molto più bassi della media.
Le metropoli italiane hanno superato abbondantemente la soglia di Zuppi. Secondo i dati di Idealista (dicembre 2024), a Napoli il cosiddetto “tasso di sforzo” raggiunge il 44,9%, seguito da Firenze con il 40,1%, Venezia con il 39,6%, Milano con il 37,9% e Roma con il 37,2%.
La situazione si è aggravata lo scorso anno, quando i canoni di affitto sono aumentati del 10,6% rispetto all’anno precedente, portando il canone medio nazionale a 13,8 euro al metro quadro. Roma ha registrato un incremento del 16,6%, Napoli del 16,2% e Torino dell’11,5%. Solo Milano ha mostrato una crescita più contenuta dell’1,7%, ma partendo da valori già stratosferici. Secondo l’indagine di Idealista, alla fine dell’anno scorso un bilocale a Milano costa mediamente (più di) 1.200 euro, mentre a Roma ci si avvicina ai 1.000 euro.
I giovani pagano il prezzo più alto di questa escalation
Gli italiani under 35 sono una generazione costretta a “dormire sul divano negli appartamenti degli amici, a continuare a vivere con i genitori quando possibile e persino a dormire in macchina”, come ha denunciato Esther Lynch parlando della situazione europea, che in Italia assume contorni più preoccupanti rispetto alla media Ue.
Secondo l’Osservatorio di Immobiliare.it, il costo di un bilocale è passato da circa 785 euro al mese a quasi 860 euro nell’ultimo trimestre del 2024, un aumento di 75 euro mensili che per molte famiglie rappresenta la differenza tra il riuscire ad arrivare a fine mese o meno.
La maggior parte degli italiani che vive in affitto spende tra il 40 e il 50% del proprio stipendio, ben oltre la soglia del 30% indicata da Zuppi. Una percentuale che sale ulteriormente se si considerano le città universitarie e turistiche, dove la concorrenza degli affitti brevi ha sottratto immobili al mercato residenziale tradizionale. Solo a Bologna hanno “ridotto del 18% gli alloggi disponibili per i residenti”, mentre a livello nazionale gli affitti transitori rappresentano ormai il 25% delle locazioni.
Il malcontento è tangente e può diventare azione concreta, come successo a ottobre 2024, quando a Roma, nella zona del Circo Massimo, un gruppo di attivisti ha sabotato alcuni locker in segno di protesta contro i danni dell’overtourism.
Le previsioni per il futuro
Le previsioni per il 2025 non offrono speranze di miglioramento. Vincenzo De Tommaso, responsabile dell’Ufficio Studi di Idealista, prevede che “i prezzi degli affitti potrebbero aumentare ulteriormente nel 2025, con una crescita stimabile tra il 7% e il 9%”, a meno che non vengano adottate misure strutturali.
Il fenomeno descritto da Zuppi ha creato una vera e propria segregazione urbana. I ceti meno benestanti vengono “espulsi dal centro storico e dai quartieri universitari, ormai riservati a studenti ricchi e professionisti internazionali”. Una dinamica che, chiosa il cardinale, “indebolisce le basi stesse della comunità”.