Caldo estremo, il condizionatore è una necessità che non tutti possono permettersi
- 13 Agosto 2025
- Popolazione
Non morire di caldo – a volte letteralmente – è anche una questione di poterselo permettere. Mente l’Italia è sotto una nuova ondata di temperature fuori norma, è sempre più evidente che quello che una volta era considerato un ‘di più’, ovvero il condizionatore, stia ormai diventando una vera e propria necessità. Che però per molti rischia di rimanere un lusso. Gli ostacoli sono due: l’acquisto dell’apparecchio, e -soprattutto – i maggiori consumi elettrici. Accendere l’aria condizionata (AC) infatti significa bollette della luce più salate, e il costo pesa soprattutto sulle famiglie meno ricche, che devono destinare a questa spesa fino all’8% del proprio budget, molto di più di quelle più benestanti (0,2–2,5%).
Proprio il consumo di elettricità può essere una discriminante tra avere il condizionatore a casa e usarlo e il non averlo (o non usarlo), tanto che è possibile considerare la spesa per usufruire del raffreddamento come un indicatore di povertà energetica. Il tema è stato affrontato da uno studio internazionale, cui hanno preso parte anche l’università Ca’ Foscari di Venezia, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e l’RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment. Pubblicato su ScienceDirect con il titolo ‘L’impatto dell’aria condizionata (AC) sul consumo di elettricità residenziale nei Paesi del mondo’, l’indagine si è concentrata su quanto pesi il maggior consumo di elettricità sul budget familiare e sulle emissioni di gas serra.
Con un presupposto: l’AC è una strategia di adattamento climatico – consente riduzioni significative della mortalità e miglioramenti sull’apprendimento e sulla salute mentale – ma anche un fattore di rischio economico e ambientale. Infatti, spiega lo studio, “l’uso diffuso dell’aria condizionata ha importanti ripercussioni sulla spesa e sul benessere delle famiglie, sulla domanda di energia e sui sistemi elettrici in tutta l’economia, sulle emissioni di gas serra (GHG) e di altri inquinanti atmosferici e sulla politica di mitigazione dei cambiamenti climatici”.
Con il condizionatore consumi su del 36%
La ricerca ha utilizzato dati provenienti da 25 Paesi, rappresentativi del 62% della popolazione mondiale e del 73% del consumo globale di elettricità, per analizzare l’adozione e l’uso dei condizionatori, proiettandone la diffusione fino al 2050. Sono state considerate 692.718 famiglie.
Il primo dato importante è che il condizionatore d’aria aumenta in media del 36% il consumo elettrico domestico, con picchi del 57%. Un impatto che varia in base a condizioni meteorologiche, reddito, qualità delle abitazioni, istruzione, genere, età e urbanizzazione. L’aria condizionata è risultata essere il fattore singolo più influente sui consumi rispetto agli altri elettrodomestici, oltre a essere l’unico a seguire una stagionalità.
La ‘povertà di raffreddamento’
Lo studio prende dunque in considerazione il peso di questo maggior consumo rispetto alla disponibilità economica dei nuclei familiari: le famiglie a basso reddito che possiedono un condizionatore possono dover destinare fino all’8% del budget elettrico al raffreddamento, mentre le famiglie più ricche solo lo 0,2–2,5%.
La situazione è aggravata dall’aumento delle temperature, dalla crescente disuguaglianza economica, dall’espansione dell’urbanizzazione informale e dall’invecchiamento della popolazione, e diventerà sempre più seria man mano che il clima si riscalda.
Ecco perché l’indagine sottolinea l’importanza di considerare la ‘povertà di raffreddamento’, che colpisce le famiglie a basso reddito che possiedono condizionatori d’aria, come un aspetto della povertà energetica, che finora è stata associata soprattutto all’impossibilità di mantenere la casa calda, trascurando i costi eccessivi derivanti dal raffreddamento in estate.
Allo stesso modo, è possibile parlare di ‘povertà estiva’, ovvero l’incapacità delle famiglie di mantenere una casa fresca nei periodi estivi a causa di bassi redditi, costi elevati e alloggi inefficienti.
Il fotovoltaico aiuta a ridurre l’impatto dell’AC
Lo studio mette in luce un altro aspetto, e cioè che il fotovoltaico può mitigare i consumi: le famiglie nelle aree con una generazione di energia fotovoltaica registrano in media il 25% in meno di elettricità utilizzata per il raffreddamento. Considerando il contesto della provincia italiana, l’analisi calcola che l’adozione di impianti fotovoltaici riduce del 68% il consumo elettrico legato all’aria condizionata.
Quanto consumeremo nel 2050 per rinfrescarci
Le proiezioni indicano che, entro il 2050, il consumo globale di elettricità per il raffreddamento residenziale aumenterà e che potrebbe raggiungere 976–1393 TWh l’anno. Tradotto in termini di CO2 significa un incremento stimato tra 670 e 956 Mt, superiore alle attuali emissioni nazionali della Francia.
Sempre secondo le stime, il consumo medio annuo di energia elettrica per il raffreddamento domestico della famiglia aumenterà da 1610 kWh nel 2020 a 1869-2069 kWh entro il 2050, a seconda dello scenario socio-demografico e dei cambiamenti climatici considerati. Un risultato quasi pari con l’uso odierno della famiglia media negli Stati Uniti per lo stesso motivo, 2680 kWh.
Quanto ai costi sociali associati, anch’essi sono stimati in aumento, con una forbice tra 124 e 177 miliardi di dollari.
Disparità geografiche e sociali
L’aumento della domanda di raffreddamento sarà trainato soprattutto dai Paesi in via di sviluppo come Cina, India e Indonesia, dove si prevede una rapida crescita dell’adozione di condizionatori. In Africa e Pakistan, tuttavia, la penetrazione potrebbe rimanere sotto il 50% delle famiglie, lasciando molti senza accesso al raffreddamento.
Nei Paesi ricchi e caldi, come l’Italia, la penetrazione è alta e l’uso è sostanziale.
Anche le dinamiche di adozione sono diverse: nei contesti a reddito medio-basso, il reddito è il principale motore, mentre nei Paesi industrializzati incidono maggiormente il disagio termico e la qualità abitativa. In effetti, attualmente i Paesi con la più alta proprietà di aria condizionata sono Stati Uniti, Giappone e Australia, mentre i tassi più bassi sono segnalati in Africa e nel Sud-Est asiatico.
D’altronde, lo studio calcola che l’aria condizionata aumenta il consumo medio di elettricità di circa il 68% in Africa, il 10% in Italia e il 7% nei paesi Ocse extraeuropei, andando a incidere di più sulle aree con meno risorse.
Inoltre, dato che i Paesi con clima più fresco tendono ad essere anche più ricchi, le loro famiglie, in media, possono permettersi tecnologie migliori e quindi possono raggiungere il comfort termico con meno elettricità. Un reddito più elevato può anche essere associato ad alloggi di qualità superiore, che trattengono di meno il calore.
Le famiglie ricche possono proteggersi aumentando la spesa elettrica
Va tuttavia considerato che le famiglie più ricche tendono ad acquistare apparecchi più efficienti ma anche di maggior capacità e numero, usandoli più a lungo. Questo può annullare parte dei benefici dell’efficienza energetica. Nei Paesi Ocse, inoltre, livelli di istruzione più alti sono associati a un consumo più contenuto, probabilmente per maggiore consapevolezza ambientale; nei Paesi in via di sviluppo, invece, l’istruzione è correlata a un aumento dei consumi per via della sua connessione con il reddito.
Ma in sostanza, quando esposte a temperature estreme, le famiglie ricche sono in grado di proteggersi attraverso grandi aumenti della spesa elettrica per il raffreddamento, mentre le famiglie più povere potrebbero non avere la stessa flessibilità, rimanendo escluse dalla possibilità di rinfrescarsi.
Servono politiche per il clima
Per quanto riguarda poi l’impatto ambientale, lo studio sottolinea la necessità di un’efficace mitigazione delle emissioni dovute al raffreddamento, passando dai miglioramenti nell’efficienza degli apparecchi a uso finale alla rapida decarbonizzazione del settore energetico, specialmente nei Paesi con che consumano o consumeranno di più e in quelli che usano combustibili fossili (ad esempio, Cina, India, Indonesia e Stati Uniti).
Anche perché, sebbene studi precedenti abbiano fornito prove che in inverno la domanda di elettricità può diminuire, andando a compensare in parte i consumi estivi, è probabile che questo controbilanciamento avvenga solo nei Paesi temperati. Nelle regioni più calde – che sono tendenzialmente anche le più povere – il risultato sarà invece un aumento netto dei consumi di energia legati alla temperatura. In sostanza, avverte lo studio, il peso combinato dei maggiori costi economici legati all’aumentata richiesta di elettricità e di quelli sociali legati alle emissioni di CO2 aggiuntive cadrà più pesantemente sulle popolazioni con meno risorse per adattarsi.