In Italia 2,85 mln di bambini a rischio povertà ed esclusione sociale, sono quasi il 30%
- 18/03/2023
- Giovani Popolazione
In Europa nel 2021 1 bambino su 4 è a rischio povertà o esclusione sociale, con un aumento dello 0,4% rispetto al 2020 e dell’1,6% rispetto al 2019 (quando il dato era pari al 22,8%), secondo i dati Eurostat. Si tratta del 24,4% dei bambini europei, che nel concreto si traduce in oltre 19,6 mln di bambini, di cui 2,85 mln solo in Italia. Numeri che, nonostante le differenze tra i vari Paesi, evidenziano una crisi che affligge tutto il continente. E che impatta su ogni aspetto della vita dei bambini: dalle condizioni materiali all’educazione, dalle relazioni familiari allo sviluppo personale e professionale. In sostanza, la povertà priva i bambini di diritti fondamentali ma anche dell’opportunità di migliorare e di avere una crescita sana. Una situazione peggiorata dalla pandemia, che ha esacerbato diseguaglianze e vulnerabilità.
Ma non solo il Covid-19 è sul banco degli imputati: anche la guerra in Ucraina e i costi schizzati alle stelle, senza dimenticare il cambiamento climatico, sono tutti fattori che insieme hanno creato una ‘tempesta perfetta’, minando la stabilità finanziaria delle famiglie e spingendole verso la povertà con un effetto valanga. Si tratta di dinamiche che ovviamente hanno pesato e pesano ancora di più sui nuclei e i bambini che erano in difficoltà già in precedenza.
Il Rapporto ‘Garantire il Futuro dei Bambini’
I dati sono contenuti nel rapporto ‘Garantire il Futuro dei Bambini’ diffuso da Save the Children e redatto su iniziativa dell’organizzazione stessa in 14 Paesi, tutti europei ma non tutti appartenenti all’Unione europea: Albania, Bosnia-Herzegovina, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda. Italia, Kosovo, Lituania, Olanda, Polonia, Romania, Spagna, Svezia.
Il rapporto nasce per verificare lo stato dell’arte dell’applicazione nei vari Paesi del programma ‘Garanzia infanzia’, adottato nel 2021 con una raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea in cui si chiedeva agli Stati di fornire ai bambini libero accesso a un’educazione di qualità e alle attività scolastiche, di garantire almeno un pasto salutare quotidiano a scuola, un alloggio adeguato e un’alimentazione sana. Si tratta di un documento molto importante, perché per la prima volta l’accesso dei bambini ai servizi di base è stato considerato e stabilito come diritto garantito dall’Ue.
L’andamento nei Paesi europei e in Italia
Andando ad analizzare la situazione dei vari Paesi coinvolti dal Report, si scopre che nel 2021 il dato più basso per l’indicatore di rischio di povertà ed esclusione sociale nei bambini è stato registrato in Finlandia (13,2%) e Danimarca (14%), mentre il più alto in Spagna (33,4%) e Romania (41,5%). A metà classifica si trovano Olanda (14,9%), Svezia (19,7%), Germania (23,5%), Lituania (21,6%) e Italia (29,7%).
Il Bel Paese si configura come quello con il quinto peggior dato, dopo Romania, Spagna, Bulgaria (33%) e Grecia (32%), attestandosi sopra la media europea. E soprattutto vede tristemente crescere ancora l’indicatore, che era pari al 28,1% nel 2019 e al 28,9% nel 2020.
Nello stesso periodo, il rischio di povertà ed esclusione sociale infantile è aumentato anche in Romania, Spagna e Germania, con il Paese iberico che ha segnato la differenza maggiore (+1,6%). Al contrario Danimarca e Lituania segnano una diminuzione della percentuale di bambini a rischio, con il Paese baltico a registrare la maggiore diminuzione, -1,5%. Il trend di crescita dell’indicatore di rischio (Arope) è ancora più marcato se si considera l’epoca pre-Covid, tranne in Svezia, Finlandia e Lituania dove invece dal 2019 l’indicatore è sceso.
Tradotto in numeri molto concreti, in Germania si parla di 3,26 mln di bambini e in Italia, come detto, di oltre 2,85 mln.
Le categorie a maggior rischio povertà
Il Rapporto individua le categorie di bambini più a rischio (Eu 27), in base alle loro condizioni di vita. In cima alla lista troviamo le famiglie con un solo genitore: il 44,1% di queste è a rischio, a fronte del 22,5% degli altri tipi di famiglia. Un dato che per l’Italia si attesta all’11,5%.
Seguono poi le famiglie con reddito basso e quelle con genitori scarsamente scolarizzati. Nel 2021, sempre in base a dati Eurostat, il 62,5% dei bambini che vivevano con genitori fermi alle medie erano a rischio povertà ed esclusione sociale, a fronte del 9,8% dei bambini con genitori con istruzione superiore o universitaria.
Anche le famiglie numerose sono maggiormente a rischio: in Italia, il 22,6% dei nuclei con 5 o più membri vivono in povertà assoluta, a fronte dell’11,6% di quelli con 4 persone.
Altra categoria a rischio sono i bambini migranti, richiedenti asilo, rifugiati, senza documenti o non accompagnati. Un problema di diversi Paesi europei ma particolarmente evidente in Italia, dove il numero di migranti che vive in povertà assoluta è pari al 32,4%, a fronte del 7,2% di italiani.
Anche i bambini con disabilità rischiano maggiormente, con situazioni ancora peggiori nelle aree rurali.
Infine alcune aree nei diversi Paesi europei sono più ‘delicate’ di altre, come avviene ad esempio in Svezia e in Italia, dove nel Mezzogiorno vive in assoluta povertà il 10% delle famiglie in confronto al 6,7% del Centro e al 5,6% del Nord.
L’impatto del Covid-19
Il Covid ha avuto sui bambini un impatto economico ma anche sociale e psicologico dovuto ai ripetuti lock-down, all’impossibilità di andare a scuola e di frequentare i coetanei. Tutti aspetti che hanno colpito con ancora maggiore forza le famiglie più svantaggiate, andando ad aumentare le diseguaglianze. Sono emerse con chiarezza anche le differenze tra chi disponeva di tecnologie appropriate, di competenze e di un supporto familiare adeguato, ad esempio per quanto riguarda la scuola a distanza, e chi invece no. Inoltre l’ansia, lo stress, la disoccupazione e l’incertezza del futuro generati dalla pandemia hanno esposto i bambini ad abusi e violenze domestiche, che infatti sono aumentate, ad esempio in Svezia, Lituania e Islanda.
Risultato di tutti questi fattori: la salute mentale di bambini e adolescenti ne ha risentito, provocando un aumento delle forme di ansia e depressione. Ovviamente con punte di disagio nelle famiglie che partivano già da situazioni complesse.
Per quanto riguarda l’impatto economico, la pandemia ha spinto molte famiglie verso condizioni di difficoltà finanziaria. Uno studio condotto in Italia nel 2020 su minori tra 8-17 anni segnala che in quasi la metà delle famiglie (46,7%) le risorse economiche si erano sensibilmente ridotte e una famiglia su 3 doveva rimandare il pagamento delle bollette.
Anche per quanto riguarda scuola e salute, la pandemia ha peggiorato la situazione. In Italia, la percentuale di studenti che ha finito l’istruzione secondaria superiore senza competenze adeguate è aumentata dal 7,5% del 2019 al 9,8% del 2021. In Germania è aumentato il numero di bambini che hanno lasciato lo sport e che hanno iniziato a mangiare in modo non salutare e a passare più tempo on line.
L’impatto dell’inflazione
La pandemia e il conflitto in Ucraina hanno creato le condizioni perfette per una crisi inflazionistica molto pesante, che ha impattato su tutti e anche in questo caso in particolare sulle famiglie già vulnerabili, alcune delle quali ad esempio si sono ritrovate letteralmente a dover scegliere tra mangiare e riscaldarsi perché l’aumento dei prezzi ha reso impossibile permettersi entrambe le cose. O addirittura a non potersi permettere né l’una né l’altra.
Si tratta di condizioni che, oltre al grave disagio sul momento, hanno anche conseguenze importanti sulla salute fisica: una casa fredda può portare problemi respiratori o cardiovascolari, sofferenza mentale, difficoltà nello sviluppo. Saltare i pasti provoca evidenti ripercussioni psicologiche e corporee, così come non potersi permettere una dieta sana e variegata ha effetti di medio e lungo periodo sulla salute, ancora più disastrosi per la crescita dei bambini. L’insicurezza alimentare durante l’infanzia è stata infatti correlata con un maggior rischio di obesità, problemi dentali, crescita stentata e disagi mentali.
Infine, anche l’accesso alle attività educative e del tempo libero, fondamentali per lo sviluppo dei giovani, sono divenute inaccessibili a causa dell’inflazione record.
L’attuazione di ‘Garanzia Infanzia’
In questo contesto è chiamata ad operare la ‘Child Guarantee‘, che prevede che ogni Paese si doti di un Piano nazionale per la sua attuazione, con obiettivi specifici e un adeguato finanziamento. Finora 19 Paesi, tra cui l’Italia, hanno definito un Piano. L’Italia, in particolare, è stata tra i primi ad attivarsi elaborando il Piano di Azione Nazionale della Garanzia Infanzia (PANGI) in seno al Gruppo di lavoro ‘Politiche e interventi sociali in favore dei minorenni in attuazione della Child Guarantee’ (istituito con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali) di cui è parte attiva anche Save the Children Italia.
Il PANGI definisce molteplici obiettivi, a partire dall’aumento dell’offerta del tempo pieno nella scuola primaria e dall’attuazione di misure preventive per il contrasto della dispersione scolastica e la riduzione del numero dei NEET, ovvero dei giovani che non studiano e non lavorano, un fenomeno che vede l’Italia detenere il record europeo con una percentuale del 23,1%, ben al di sopra della media (13,1%).
Sulla salute le principali aree di intervento identificate comprendono i primi 1000 giorni di vita e le condizioni di disagio psicologico in forte crescita tra preadolescenti e adolescenti come conseguenza del Covid-19. Sull’alimentazione, gli obiettivi riguardano un pasto bilanciato e garantito al giorno per tutti i bambini della scuola primaria e l’aumento delle mense nella scuola secondaria di primo grado. Per quanto riguarda l’abitazione, infine, il Piano prevede misure di sostegno per le famiglie più vulnerabili e il potenziamento dell’edilizia sociale per le famiglie con figli.
“La ‘Garanzia Infanzia’ non può risolversi in un’occasione sprecata e per questo motivo facciamo appello al nuovo governo affinché riattivi – senza ulteriori rinvii – il processo di attuazione del Piano Nazionale”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the Children.
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