Parlare di aborto al G7? “Non è opportuno con il Papa”
- 13/06/2024
- Mondo Popolazione
Niente aborto nelle conclusioni del G7. Questo è lo scenario più plausibile oggi, all’inizio del summit. Aborto sì o aborto no? Questo è il vero dilemma. Fonti italiane hanno chiarito che non c’è stata nessuna richiesta di eliminare il punto sul diritto a garanzia dell’interruzione di gravidanza. E, ad esprimersi “ufficiosamente” sulla presunta mancanza di un riferimento a tale diritto nelle conclusioni del summit, è stato il ministro dell’Agricoltura e sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, che ha detto: “Non so se a un G7 a cui partecipa anche il Papa fosse opportuno”.
Ma perché è importante parlare dell’accesso effettivo e sicuro all’aborto? “Se hanno scelto di non metterlo ci sarà un perché e una ragione più che condivisibili”.
Aborto, tema marginale?
Le tematiche da trattare sono diverse. Un prestito da 50 miliardi di dollari a Kiev è la prima questione. L’uso degli asset russi congelati per aiutare l’Ucraina è la seconda. Il rischio che i tassi possano scendere generando minori extraprofitti è la terza. E cosa potrebbe accadere se alle elezioni americane dovesse vincere Trump è la quarta. Parola d’ordine: pace. Pace che viene espressa anche con la presenza del Papa, di cui parlava il ministro Lollobrigida, ma che impedirebbe di trattare di una tematica senz’altro calda. La Francia pare abbia chiesto di rafforzare il concetto del diritto d’aborto rendendolo più incisivo. Una richiesta che ha generato una querelle all’Italia, la cui presidenza al G7 in Puglia, non contribuisce a sbrogliare la matassa.
Sulle presunte voci che vedrebbero l’Italia coinvolta nel blocco alla citazione del diritto nelle conclusioni si sono già espresse diverse realtà. La prima è la Cgil che ha chiesto al Governo di chiarire la “sua posizione su aborto libero e sicuro”: “Stiamo assistendo sconcertate all’ennesima grave messa in discussione della libertà di scelta delle donne sul loro stesso corpo – ha affermato la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione -. Uno scambio del governo Meloni fatto sulla nostra pelle che ribadisce come, per la premier, i nostri diritti valgano poco o nulla e che delimita ancora più chiaramente l’area internazionale ed europea di riferimento dell’attuale Esecutivo, che porta il Paese lontano dalla cultura europea di ampliamento dei diritti e delle libertà – e ancora -. Chiediamo alla prima Presidente del Consiglio donna della storia del nostro Paese di fare chiarezza sulla posizione del Governo rispetto al diritto all’aborto libero e sicuro e agli altri diritti delle donne”.
Ma è davvero così importante parlare di aborto con i capi di Stato e di Governo di Francia, Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Giappone e Canada? La risposta è “Sì”. Vediamo perché.
Diritto (costituzionalmente) garantito a metà
La legge 194 è una legge a contenuto costituzionalmente vincolato. Come molte leggi è, cioè, espressione di diritti costituzionali, Il riferimento va all’art. 2 sull’inviolabilità dei diritti umani e all’art. 32 che tutela il diritto alla salute. Non la si può abrogare neppure via referendum perché significherebbe violare la Costituzione, come ha sancito la Consulta con la sentenza n. 35 del 1997: “L’articolo 1 della legge n. 194 del 1978 afferma un principio di contenuto più specificamente normativo, quale è quello per cui l’interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite […] Non è pertanto ammissibile un referendum diretto all’abrogazione dell’art.1. Analoghe considerazioni valgono per le altre disposizioni investite dalla richiesta referendaria”.
La presenza di questo diritto non è mai stata messa in dubbio. La sua applicabilità sì. Perché, se non ci sono i mezzi e gli strumenti per realizzarlo, il problema sussiste. Il 12 settembre 2023 è stata trasmessa al Parlamento la relazione contenente i dati definitivi 2021 sull’attuazione della legge 194/78 contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza. I dati più recenti relativi all’aborto vedono 63.653 interruzioni volontarie nel 2021. Un tasso di abortività pari a 5,3 interruzioni ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni, numero in calo rispetto agli anni passati e tra i più bassi a livello globale.
In Italia, però, si fa ancora fatica ad accedere ad un aborto senza tribolazioni. Nel nostro Paese, secondo i dati del ministero della Salute relativi sempre al 2021 (gli ultimi disponibili diffusi a ottobre 2023), gli obiettori di coscienza sono circa il 63,4% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico. Con il termine “obiettori di coscienza” ci si riferisce al personale sanitario che, per motivi etici, rifiuta di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) a una paziente entro i primi 90 giorni di gestazione come previsto dalla legge. In altri termini, non renderebbe accessibile tale pratica a chi ne avesse volontà o necessità, costringendo una donna a rivolgersi altrove o a doversi spostare anche in un’altra Regione per trovare una struttura nella quale abortire.
Perché gli altri Stati vogliono che l’Italia sia chiara sul tema?
Tra obiettori di coscienza e Papa Francesco, l’Italia è riluttante a parlare di aborto al G7. E mentre ciò avviene nel nostro Paese, altri fanno passi da gigante sul tema. In primis, il Parlamento europeo a votato lo scorso 4 novembre per includere il diritto all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Ue. La proposta è già stata presentata nel 2022 ed è stata ripresa dopo che la Costituzione francese ha incluso il diritto all’aborto all’inizio del 2024.
Con 336 voti a favore, 163 contrari e 39 astensioni, il Parlamento ha votato a favore della modifica della Carta. Prima che questa modifica possa diventare realtà, serve l’unanimità dei 27 Stati membri. A sostenere la modifica sono stati i Socialisti e Democratici, il Partito Verde/Efa e i partiti Renew e Sinistra, mentre il Ppe si è diviso a metà. Con rare eccezioni, gruppi conservatori e riformisti e di Identità e democrazia, tra cui il partito di Giorgia Meloni, si sono opposti alla modifica.
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