Un volto femminile dal Mesolitico: la resurrezione digitale di 10.500 anni fa
- 23 Giugno 2025
- Mondo
Ci guarda da un tempo in cui le parole non esistevano. I suoi occhi, ricreati con meticolosa precisione scientifica, raccontano una storia che nessun libro ha mai scritto. È il volto di una donna vissuta oltre diecimila anni fa, nella valle della Mosa, nell’attuale Belgio.
Grazie a un progetto interdisciplinare dell’Università di Gand, oggi possiamo incontrarla faccia a faccia. La donna è in cerca di nome e sarà presto oggetto di una mostra itinerante: scopriamo di più sulla sua storia.
Una grotta, nove donne e un mistero da svelare
Nel 1988, nella grotta di Margaux vicino a Dinant, furono rinvenuti i resti di nove donne mesolitiche. Un’anomalia, poiché la maggior parte dei siti funerari di quell’epoca presenta una mescolanza di uomini, donne e bambini. Alcuni scheletri erano cosparsi di ocra rossa, pigmento associato a rituali simbolici, e uno mostrava segni di tagli post-mortem sul cranio.
Secondo l’archeologa Isabelle De Groote, la grotta fu utilizzata per secoli come luogo della memoria, nonostante lo stile di vita nomade dei cacciatori-raccoglitori: “È interessante che questa grotta funeraria sia stata utilizzata per diverse centinaia di anni – spiega l’archeologa alla Cnn -, diventando così un luogo della memoria a cui le persone facevano ritorno nonostante il loro stile di vita nomade di cacciatori-raccoglitori. Questi risultati evidenziano complesse usanze funerarie e sollevano intriganti interrogativi sulla struttura sociale e sulle pratiche culturali di questa antica comunità”.
Il volto della donna della Mosa
Grazie al progetto Roam (Regional Outlook on Ancient Migration), un team di genetisti, archeologi e artisti ha ricostruito il volto e il contesto di vita della cosiddetta “donna di Margaux”. Il Dna, estratto in ottime condizioni dal cranio, ha rivelato tratti sorprendenti: occhi azzurri, pelle più chiara rispetto ad altri individui mesolitici e capelli scuri.
Queste caratteristiche sfidano l’idea di un’omogeneità genetica tra i cacciatori-raccoglitori europei. Come ha spiegato la genetista Maïté Rivollat, “finora si pensava che la diversità fenotipica fosse limitata, ma questa scoperta dimostra una variabilità già presente 10.500 anni fa”.

Genealogie di memoria e identità
La donna apparteneva allo stesso gruppo genetico dell’Uomo di Cheddar, scoperto nel 1903 in Inghilterra. Parliamo di uno dei ritrovamenti più affascinanti della preistoria britannica. Si tratta dello scheletro umano completo più antico mai scoperto nel Regno Unito, risalente a circa 9.000 anni fa, durante il Mesolitico. Anche lui aveva occhi azzurri, capelli scuri e pelle scura: una combinazione sorprendente che ha rivoluzionato l’immaginario sull’aspetto degli antichi abitanti europei.
La donna belga, però, presentava una pigmentazione leggermente più chiara, suggerendo una transizione evolutiva già in atto. Dal cranio si è potuto dedurre che aveva tra i 35 e i 60 anni, un’età avanzata per l’epoca. Il suo naso con dorso alto e le arcate sopraccigliari pronunciate ricordano proprio quelle dell’Uomo di Cheddar.
La ricostruzione non si è fermata al volto. Gli archeologi hanno analizzato utensili, pigmenti, conchiglie e resti di accampamenti per ricreare l’ambiente in cui visse. L’artista Ulco Glimmerveen ha collaborato con il team per rappresentare flora, fauna, tecniche di caccia e trasporto, offrendo una visione immersiva della vita quotidiana nel Mesolitico.