“Come combattere le arrampicatrici sociali”: così videogioco cinese finisce in polemica
- 9 Luglio 2025
- Mondo
Nel panorama videoludico cinese, un titolo ha acceso un dibattito culturale e mediatico. Parliamo di ‘Revenge on Gold Diggers’, poi rinominato ‘Emotional Fraud Simulator’, che, secondo i critici, sarebbe “sessista e misogino”. Ad alzare le polemiche sono giocatori, appassionati di gaming e associazioni femministe.
Ma perché ha creato polemica? E bene: il gioco, sviluppato da uno studio indipendente, mette l’utente nei panni di un uomo che si vendica di donne che lo hanno sfruttato sentimentalmente per denaro. L’antagonista risulta quindi essere la figura femminile truffatrice e il protagonista è un uomo che prova a difendersi: la vendetta è la chiave per sopravvivere.
Il gioco della vendetta o della consapevolezza?
Il gameplay si basa su una narrazione interattiva in stile full-motion video, con 38 finali possibili. Il gioco è descritto sulla piattaforma come segue: “Tu (il giocatore) vestirai i panni del protagonista Wu Yulun, un uomo che un tempo è stato profondamente ferito dalle “cacciatrici di dote”, ed è determinato a usare se stesso come esca per combattere un’organizzazione di adescatori emotivi. Addentrati in questa zona grigia chiamata amore, destreggiati tra diversi personaggi femminili affascinanti e altamente abili e vivi una caccia emotiva avvincente a ogni passo”.
Come riportano i media cinesi, secondo il creatore Mu Fei, i personaggi sono volutamente “grigi” e moralmente ambigui: “Abbiamo usato etichette stereotipate combinate con personalità stratificate. Questi personaggi possono amare e odiare, e i giocatori possono imparare comprendendoli”. Ma i produttori chiariscono di non aver mai avuto l’intenzione di “prendere di mira le donne”, ma piuttosto di facilitare “un dialogo aperto sui limiti emotivi e sulle zone grigie degli appuntamenti moderni”.
Il gioco si ispira a esperienze reali, incluso il tragico suicidio di un giovane influencer cinese nel 2024, vittima di una truffa sentimentale. Per alcuni, il gioco è un modo per elaborare un trauma collettivo e riflettere sulle dinamiche tossiche delle relazioni.
Polemiche e prospettive divergenti
Il titolo ha diviso l’opinione pubblica. Da un lato, molti lo accusano di sessismo e di alimentare stereotipi dannosi: tutte le “truffatrici” sono donne, e il protagonista maschile è sempre la vittima. Dall’altro, alcuni media statali cinesi lo hanno difeso come uno strumento per “rafforzare la consapevolezza dei giovani sulla sicurezza nelle relazioni sentimentali”.
Il cambio di nome in Emotional Fraud Simulator è stato, per molti, solo un tentativo di smorzare le polemiche, ma il contenuto è rimasto invariato. Il problema non è solo il gioco, ma il contesto in cui nasce: una società dove il disagio maschile spesso si esprime in forme di risentimento verso le donne, e dove il femminismo è ancora visto con sospetto.
Il disagio maschile: una realtà da ascoltare
In una Cina che affronta un crollo dei matrimoni e crescenti incertezze economiche, molti giovani uomini si sentono smarriti. Alcuni si rifugiano nei videogiochi, nei social o in comunità online che offrono una narrazione alternativa: quella dell’uomo “tradito”, “sfruttato”, “non ascoltato”. In questo senso, Emotional Fraud Simulator diventa lo specchio di un malessere reale, che merita attenzione ma non giustifica l’odio.
Secondo un rapporto della Corte suprema del popolo cinese pubblicato a marzo, nel 2024 sono stati registrati circa 40.000 casi di frode nelle telecomunicazioni, che hanno coinvolto 82.000 persone, con un incremento annuo di oltre il 26%: di questi, una parte sono uomini e spesso soggetti a truffe amorose.
Sessismo nell’industria videoludica
Il caso del gioco si inserisce in un contesto più ampio. Lo studio Game Science, sviluppatore del celebre Black Myth: Wukong, è stato accusato, due anni fa, di promuovere una cultura aziendale sessista, con commenti volgari e discriminatori da parte di alcuni membri del team. Le sviluppatrici cinesi denunciano da anni un ambiente tossico, dove le donne sono spesso ridicolizzate o escluse.
Il caso di Emotional Fraud Simulator ha riacceso il dibattito sul modo in cui i media digitali rappresentano le dinamiche di genere e il disagio emotivo. Da un lato, il gioco è stato criticato per la rappresentazione stereotipata delle donne e per il rischio di alimentare una narrazione unilaterale. Dall’altro, alcuni osservatori lo interpretano come un’espressione di malessere sociale, in particolare tra i giovani uomini, in un contesto di crescente instabilità economica e relazionale.
Il titolo si inserisce in un panorama più ampio, in cui l’industria videoludica cinese è al centro di accuse di sessismo sistemico, mentre il dibattito pubblico sul ruolo del femminismo e sulle relazioni tra i generi rimane polarizzato. La vicenda solleva interrogativi sul confine tra satira e incitamento, tra rappresentazione e legittimazione, e sulla necessità di strumenti narrativi più complessi per affrontare temi sensibili come la vulnerabilità emotiva e la parità di genere.