Trump eletto per volere divino, lo pensa un terzo degli americani
- 26 Settembre 2025
- Mondo
Oltre un terzo degli americani pensa che l’elezione alla Casa Bianca di Donald Trump faccia parte di un piano divino. Un numero non proprio marginale, moderato dal fatto che pochissimi pensano che tale ‘favore’ dipenda dalle sue idee politiche o dai suoi programmi. Il dato emerge da un sondaggio condotto a maggio dal Pew Research Center su 8.937 adulti statunitensi, che puntava ad analizzare il peso della religione rispetto alle scelte politiche dei cittadini.
L’analisi, intitolata ‘What Americans think about God’s role in recent presidential elections’, evidenzia anche che tra chi attribuisce la vittoria di Trump al volere di Dio solo il 4% pensa che il motivo risieda nelle idee politiche e nel programma del miliardario 79enne.
Inoltre, al terzo di americani che nella rielezione del tycoon ci vede la mano di Dio fa da contraltare la maggioranza, il 63%, che non pensa che la divinità abbia avuto un ruolo. Tra questi ultimi, il 49% è credente e il 14% no.
Va precisato che questi risultati sono in linea con quelli per le elezioni del 2020, vinte da Joe Biden: in questo caso, è il 2% a ritenere che Dio abbia scelto il democratico perché approvava le sue politiche.
Repubblicani e democratici divisi
La percezione del ruolo di Dio varia fortemente in base all’appartenenza politica. I repubblicani sono più propensi dei democratici (44% contro il 22%) ad affermare che i recenti risultati elettorali siano parte del piano generale di Dio, anche se non significa necessariamente un’approvazione delle politiche del vincitore. Al contrario, i democratici sono più propensi ad affermare che Dio non si occupi affatto di elezioni o a dichiararsi non credenti.
Inoltre, l’8% dei repubblicani e degli indipendenti di tendenza repubblicana afferma che Dio abbia scelto Trump perché approva le sue politiche, e solo il 3% dei democratici e degli indipendenti di tendenza democratica afferma lo stesso della vittoria di Biden nel 2020.
Differenze emergono anche tra i gruppi religiosi: tra i protestanti evangelici bianchi, il 63% collega l’elezione di Trump a Dio, pur senza attribuire un sostegno specifico alle sue politiche; tra cattolici e protestanti non evangelici, la maggioranza ritiene che Dio non abbia avuto alcun ruolo nelle elezioni del 2020 e del 2024 e infine tra gli adulti non affiliati religiosamente, quasi nove su dieci (89%) negano un qualsiasi coinvolgimento divino.
Un ‘buon cristiano’ deve essere d’accordo con Trump?
Un altro tema rilevante analizzato dal Pew Research Center riguarda il rapporto tra fede e giudizio politico. La grande maggioranza dei cristiani americani (80%) afferma che un “buon cristiano” può non essere d’accordo con Trump. Solo il 7% ritiene che sostenere il miliardario sia essenziale per essere un buon cristiano, mentre l’11% pensa che sia essenziale opporvisi.
Le sfumature cambiano a seconda delle appartenenze politiche e religiose: i democratici cristiani tendono più degli altri a ritenere essenziale per un buon cristiano opporsi a Trump (24%), mentre tra Repubblicani cristiani è più diffusa la convinzione opposta (10%), cioè che sostenerlo sia essenziale.
Il peso della religione sulle scelte politiche
Il sondaggio mostra anche che la religione conta relativamente poco nelle scelte di voto. Più della metà degli americani (56%) dice che questa ha un’influenza nulla o minima sul proprio voto. Ma vedendola dall’altro lato, il 18% ritiene che la religione pesi sulle proprie scelte elettorali (18%) e il 25% che lo faccia in larga misura.
Le differenze politiche restano marcate: i repubblicani sono circa il doppio più propensi dei democratici a dichiarare che la religione orienta il loro voto (34% contro 18%). Ancora più alto il dato tra i protestanti evangelici bianchi: il 51% afferma che la religione influenza in larga misura le proprie scelte politiche.
Fede e politica negli Usa: Charlie Kirk e l’Ufficio della Fede di Trump
Insomma, anche se la maggioranza degli americani non ritiene che esistano piani divini per le elezioni del loro Paese, rimane comunque una bella fetta, 3 persone su 10, che invece la pensano proprio così. D’altronde, la commistione tra fede e politica negli Stati Uniti non è una novità. Le immagini del funerale dell’attivista radicale di destra Charlie Kirk, ucciso a colpi d’arma da fuoco lo scorso 10 settembre, hanno ricordato quanto i due aspetti siano strettamente intrecciati: dalle ‘via crucis’ con le croci con le rotelle ai santini del giovane accostati alle immagini di Gesù.
Anche Trump ne fa un cavallo di battaglia, tanto che lo scorso febbraio, poco dopo il suo insediamento, ha detto di voler rimettere al centro del Paese la religione e ha istituito presso la Casa Bianca un Ufficio della Fede, affidandolo alla sua consigliera spirituale, la controversa telepredicatrice Paula White. La pastora ha subito detto che “opporsi a Trump equivale a opporsi a Dio”.
D’altronde diverse frange complottiste vedono nel miliardario un Messia che salverà l’umanità. La teoria QAnon, attualmente in ribasso, si basava proprio sul fatto che solo Trump potesse sconfiggere la rete di pedofili che costituiva il Deep State. Può sempre tornare di moda.