Stop di Francia e Germania agli immigrati dall’Italia: ma dove vanno i migranti dopo l’approdo?
- 13/09/2023
- Mondo
Gli sbarchi sull’isola di Lampedusa si succedono a un ritmo mai visto, ma Francia e, soprattutto, Germania dicono stop agli immigrati che arrivano dall’Italia.
Berlino ha bloccato la procedura di selezione dei migranti in arrivo dalla penisola, ovvero il “meccanismo di solidarietà” volontario. Il quotidiano Die Welt riporta la decisione della ministra degli Interni tedesca Nancy Faeser, notificata all’Italia, e spiega: la Germania rifiuta i migranti che arrivano dall’Italia perché sta fronteggiando una forte pressione migratoria.
La gravità della situazione diventa ancora più palese se si pensa che è stata proprio la ministra bavarese a spingere per il meccanismo volontario di solidarietà secondo cui gli Stati si sarebbero impegnati nella rapida redistribuzione di 10mila migranti dalle nazioni di primo approdo, Italia in primis.
Lo stop tedesco è il più deciso, ma non l’unico. La Francia ha annunciato di voler sigillare il confine tra Mentone e Ventimiglia e per giustificare la decisione, il ministro degli Interni francese, Gérald Darmanin, nel corso di una visita a Mentone, ha detto che nelle ultime settimane si è registrato un aumento del 100% dei flussi, “che colpisce le Alpi marittime e l’intera regione alpina”.
Ma come funziona il sistema dell’accoglienza migranti dopo il decreto Cutro e quanti immigrati restano in Italia?
Come funziona l’accoglienza dei migranti in Italia
Ecco quali sono le fasi dell’accoglienza in Italia secondo il decreto Cutro di marzo 2023, come spiega Openpolis.it.
La prima fase consiste nel portare gli immigrati negli hotspot, centri localizzati vicini alle aree di sbarco per la prima assistenza sanitaria, il fotosegnalamento e la pre-identificazione.
Il sistema “hotspot”, nato nel 2015 in seguito agli impegni assunti dal governo italiano con la commissione europea, si applica in determinati centri sulle frontiere esterne dell’Unione dove gli sbarchi sono molto frequenti. Qui si procede a registrare i dati personali dei cittadini stranieri appena sbarcati, fotografarli e raccoglierne le impronte digitali entro 48 ore dal loro arrivo, eccezionalmente prorogabili a 72 ore. Nel caso in cui si rifiutino di farsi identificare, vengono trasferiti nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione prima chiamati Centri di permanenza temporanea) per essere identificati e rimpatriati.
Obiettivo fondamentale dell’hotspot è l’identificazione e la distinzione immediata tra quanti hanno diritto a fare domanda di protezione e i cosiddetti “migranti economici”, che saranno avviati ai centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) o lasciati sul territorio in condizione di soggiorno irregolare.
In una seconda fase, chi manifesta la volontà di richiedere asilo in Italia viene trasferito nei centri governativi dove viene avviata la procedura di esame della richiesta di protezione. In questi centri vengono anche accertate le condizioni di salute degli ospiti per verificare eventuali situazioni di vulnerabilità. Il decreto 20/2023 ha eliminato dai centri governativi i servizi di assistenza psicologica, i corsi di lingua italiana e i servizi di orientamento legale e al territorio. Quindi, dopo il decreto Cutro, in questi centri rimangono attivi l’assistenza sanitaria, l’assistenza sociale e la mediazione linguistico-culturale, oltre all’accoglienza materiale.
Qualora si esaurissero i posti disponibili nei centri governativi, quindi di natura pubblica, le prefetture possono prevedere l’istituzione di Centri di accoglienza straordinaria (Cas) che vengono affidati a soggetti privati mediante le procedure previste per i contratti pubblici. Anche nei Cas, analogamente a quanto avviene nei centri governativi, i richiedenti asilo vengono accolti con servizi molto ridotti.
Il decreto Cutro ha anche creato un nuovo tipo di Cas a disposizione delle prefetture qualora i centri governativi non siano sufficienti. Rispetto agli altri Centri di accoglienza straordinaria e ai centri privati, questi Cas offrono ancora meno servizi, dato che i migranti non possono accedere neanche all’assistenza sociale.
La situazione cambia nei centri appartenenti al Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), dove, però, sempre meno migranti riescono ad accedere.
Qui la struttura è organizzata su due livelli: il primo è riservato ai richiedenti asilo ed è basato sull’assistenza materiale, legale, sanitaria e linguistica; il secondo è riservato ai titolari di protezione e offre anche servizi di integrazione e orientamento lavorativo.
A differenza dei centri governativi, gestiti esclusivamente dal ministero dell’interno, il Sai è coordinato dal Servizio centrale, a sua volta gestito dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) con il supporto operativo della fondazione Cittalia.
Il ruolo degli enti locali è dunque fondamentale nel Sistema di accoglienza e integrazione: la titolarità dei progetti è assegnata a quegli enti che, su base volontaria, attivano e realizzano iniziative di accoglienza e integrazione. Più nel dettaglio, il Sai è costituito dalla rete degli enti locali che – per la realizzazione di progetti di accoglienza integrata – accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
Il decreto Cutro ha ridotto drasticamente l’accesso al Sai che torna ad essere un sistema dedicato quasi esclusivamente ai titolari di protezione. Solo ad alcune categorie di richiedenti asilo, infatti, sarà ancora permesso di accedere al Sai: minori stranieri non accompagnati (Msna); persone che si trovano in particolari condizioni di vulnerabilità; migranti entrati in Italia tramite corridoi umanitari o sistemi analoghi. Infine, per effetto di norme specifiche, l’accesso al Sistema di accoglienza e integrazione è consentito anche ai richiedenti asilo ucraini e afghani.
Dove si stabiliscono gli immigrati arrivati in Europa?
Ieri, 12 settembre, sull’isola di Lampedusa ci sono stati oltre 110 sbarchi e sono arrivate più di 5000 persone in un solo giorno.
In questo contesto è arrivato lo stop della Germania all’accoglienza dei migranti dal Belpaese. Un rifiuto che può irrigidire i rapporti tra i due Stati ma che non incide quasi per niente sui numeri dell’immigrazione in Italia. A quanto apprende l’Adnkronos, sono 1.042 i migranti ricollocati in terra tedesca dall’ottobre 2022 a oggi a fronte degli oltre 100mila arrivi (118.436) in Italia solo da gennaio 2023.
Passando alla Francia, secondo dati Eurostat, tra il 2008 e il 2022 Oltralpe sono stati accolti in media circa 82mila richiedenti asilo ogni anno, 31mila in più dell’Italia (che è a quota 51mila). I dati sugli arrivi dei migranti in Italia e le domande d’asilo in Francia si equivalgono: in entrambi i casi si tratta di 202 casi ogni 100mila abitanti, mentre Parigi ha rifiutato il 76% delle richieste di asilo, contro il 60% di Roma (dati al 2022).
Il numero di sbarchi non può essere l’unica statistica da considerare quando si parla di immigrazione. Un dato interessante per comprendere meglio le prospettive demografiche dei vari Paesi e le dinamiche politiche tra gli Stati Ue riguarda le richieste di asilo.
Ecco allora quali sono gli Stati europei con più richieste di asilo nel 2022 (dati Eurostat):
- Germania: 243.835
- Francia: 156.455
- Austria: 112.245
- Spagna: 117.945
- Italia: 84.290
- Grecia: 37.375
- Paesi Bassi: 37.020
- Belgio: 36.740
- Cipro: 22.190
- Bulgaria: 20.390
- Svezia: 18.605
Il dato dell’Austria assume ancora maggior rilievo se confrontato alla popolazione totale, pari a poco più di 9 milioni di abitanti nel 2022.
Risulta a maggior ragione interessante ai fini demografici quanti immigrati abbiano acquisito la cittadinanza nei vari Stati membri.
In base ai dati Eurostat 2021, è la Svezia il Paese comunitario con il più alto tasso annuo di acquisizione di cittadinanza, pari a 1 ogni 10 stranieri residenti, seguita dai Paesi Bassi (1 ogni 19) e dalla Romania (1 ogni 22). In questa speciale classifica l’Italia si posiziona al nono posto e dal 2014 al 2021 è sempre oscillata fra il quinto e il decimo posto per rapporto tra stranieri residenti e stranieri che acquisiscono la cittadinanza.
Nel 2021 2,3 milioni di persone sono immigrate nell’Unione europea da Paesi extracomunitari e 1,4 milioni di persone che precedentemente risiedevano in uno Stato membro Ue si sono trasferite in un altro Stato membro, per un totale di 3,7 milioni di immigrati internazionali.
Per avere più chiaro lo scenario demografico futuro e come funzioni l’accoglienza nella penisola, l’Istat ha realizzato un sondaggio tra gli studenti immigrati in Italia. Nonostante in molti casi il Belpaese rappresenti un (ovvio) upgrade rispetto alla situazione di partenza, spesso fatta di povertà e violenza, la percentuale degli studenti stranieri di scuole superiori che vuole vivere all’estero è del 59% contro il 42% degli italiani. Questo desiderio è molto più diffuso tra le ragazze (66,3%) rispetto ai coetanei maschi (52%).
Tutti i dati visti finora impongono una riflessione sul sistema di integrazione. È di tutta evidenza, al tempo stesso, che gli sbarchi record di questi mesi non consentano una gestione serena dei flussi e dell’accoglienza. Le tragedie in Marocco e Libia rischiano di aggravare una situazione già fuori controllo, che può risolversi solo con una ampia e strutturale cooperazione tra gli Stati di approdo.
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