Resurrezione digitale, cos’è e che problemi crea. Siamo pronti?
- 03/02/2024
- Mondo
La rivoluzione digitale ha già stravolto la nostra vita. E presto stravolgerà anche la nostra morte. Senza aspettare rivoluzioni futuristiche come la crioconservazione o il travaso dei cervelli – che comunque sono nel mirino di miliardari con il sogno dell’immortalità – già adesso l’umanità si trova di fronte a scelte e sfide etiche inimmaginabili fino a pochissimi anni fa. E molto, molto complesse. Una di queste è la resurrezione digitale.
Cos’è la resurrezione digitale
La resurrezione digitale nasce sulla scia delle intelligenze artificiali generative – ChatGPT ma anche Bard o Bing – programmi a cui vengono date in pasto enormi quantità di dati dai quali imparano a interagire come fossero persone e a dare risposte in base a delle ‘domande (prompt)’ poste dall’utente.
Se l’AI viene addestrata con tutto quello che una persona ha scritto, postato, condiviso digitalmente, compresi vocali, chat, sms, e-mail, nonché con i dati collezionati dai sensori che studiano come ci muoviamo, respiriamo, i nostri parametri vitali, le nostre abitudini, dopo questa dieta il chatbot sarà in grado di comportarsi come la persona stessa. E se questa è passata a miglior vita, l’AI potrà chattare, fare audio e video, inviare messaggi e rispondere come fosse la persona da viva, usando gli stessi toni e addirittura le stesse faccine e le stesse espressioni, replicandone opinioni, gusti e carattere (e difetti, probabilmente).
Ovviamente la persona scomparsa rimane tale, per l’immortalità occorre aspettare Elon Musk (e avere a disposizione un bel po’ di soldi). Ma anche così chi rimane potrà confortarsi parlando con il chatbot come se fosse l’amato bene. Inquietante? Consolatorio? Sicuramente è una finzione, un’illusione che apre a molti problemi etici, legali, religiosi e psicologici.
La resurrezione digitale è già realtà (ma è reale?)
Intanto la resurrezione digitale è già realtà, per così dire, anche se la prima cosa che mette in discussione è proprio il concetto di reale. In attesa di sciogliere i dilemmi esistenziali, molto pragmaticamente ci sono già diversi servizi di intelligenza artificiale generativa attivi nel campo, a dimostrazione che esiste un interessante mercato potenziale, forse una gallina dalle uova d’oro, nel quale tanti si stanno lanciando.
Questi servizi consentono già conversazioni con chatbot che replicano persone reali. Per citarne uno, ‘You, Only Virtual’ permette di creare quello che chiamano una ‘versona’ – una ‘persona’ virtuale, a sottolineare che reale non è – a immagine e somiglianza del defunto e grazie alla quale, spiega l’azienda, potrai ‘Non dire mai addio’ ai tuoi cari.
Per capire le potenzialità di questo mercato, basti pensare che in Italia esiste un sito, al momento sospeso, dove puoi rivolgere domande a Padre Pio e altri santi, e che nel 2020 Microsoft ha ottenuto un brevetto per creare chatbot da dati di testo, voce e immagini per persone viventi e per personaggi storici o di fantasia, con la possibilità di renderizzarli in 2D o 3D.
E dal 3D il passo è breve, almeno con la fantasia ma a questo punto non solo, verso una replica ‘a grandezza naturale’ della persona scomparsa, un androide che lo replichi in tutto e per tutto. Black Mirror (Specchio nero), la serie antologica Netflix sui pericoli ma anche sulle potenzialità e il fascino della tecnologia, è stata profetica anche su questo.
Vengono alla mente due episodi, che ormai non sono più così fantascientifici (attenzione: spoiler). Nel primo, ‘Be Right Back (eloquentemente: ‘Torna da me’)’ la protagonista perde il giovanissimo compagno, Ash, in un incidente stradale. Incapace di elaborare il lutto, accetta di iscriversi a un servizio che condensa il suo amato in un programma, che viene poi inserito in un corpo sintetico che è la copia quasi perfetta dell’originale. Quasi, perché Ash-clone non sarà mai Ash-carne e ossa, e quando la protagonista lo capisce prima tenta si sbarazzarsene e poi, alla fine, lo disattiva. Con una dose aggiuntiva di dolore.
In un altro episodio, uno dei più originali e toccanti della serie, dal titolo ‘San Junipero’, le due protagoniste vivono in una realtà alternativa dove sono giovani e piene di energie, mentre si scoprirà che nella realtà reale sono anziane, una terminale e l’altra in stato vegetativo. San Junipero è una specie di paradiso, un mondo accessibile solo ad anziani malati e a disabili, dove tutto è possibile e in cui la persona, poco prima di morire, può decidere di trasferire la propria coscienza per sempre. Una sorta di immortalità digitale.
Nell’episodio il dilemma etico è forte: morire o continuare a vivere sotto forma di bit, in modo immateriale? E nella seconda ipotesi, quello che ci sopravvive siamo veramente noi? Qualcuno direbbe che questo è narcisismo nella forma più estrema, ma a volte è solo disperazione.
Ce lo ricorda e ce lo propone, assieme a tutti i dilemmi morali e psicologici possibili, nell’imminenza di un futuro che è già qui con le sue possibilità e i suoi precipizi, un fatto di cronaca abbastanza recente. Nel 2020 in Corea del Sud Jang Ji-sung ha potuto parlare e addirittura abbracciare la figlia morta tragicamente a sette anni per un tumore, grazie a un visore di VR (realtà virtuale) e a dei guanti capaci di replicare la sensazione del tatto. L’emittente sudcoreana Munhwa Broadcasting Corporation ha ricreato in una simulazione l’immagine digitale della bambina e ha così consentito un incontro struggente tra madre e figlia, il tutto ripreso in un documentario. Ma siamo pronti per tutto ciò?
I problemi legati alla resurrezione o clonazione digitale
La resurrezione o clonazione digitale dà e darà molto da fare a filosofi, etici, esperti di diritto, politici. Perché tante sono le questioni che apre, abissi in cui l’umanità inizia a specchiarsi.
Problemi legali
Un primo problema è di natura legale e riguarda i temi del copyright, della privacy, della dignità della persona. Visto che per addestrare le AI generative si usa materiale prodotto dal defunto, potrebbe esserci qualcosa di protetto dalla legge come proprietà intellettuale, compresa l’immagine stessa del morto, oppure di riservato (il nostro clone digitale saprà quando è il caso di rivelare qualcosa e quando no?).
Qui si entra nel campo del consenso, e in sintesi: il defunto deve aver acconsentito alla creazione post mortem di un proprio avatar digitale per poter procedere, un po’ come funziona per la donazione degli organi? E come ci si rapporta se questo consenso non è stato dato? La risposta è meno semplice di quello che potrebbe sembrare, tanto che questo aspetto in particolare è stato oggetto di uno studio condotto da Masaki Iwasaki, docente presso la Seoul National University, su 222 americani.
Dall’indagine emerge che la mancanza di consenso rende ancora più difficile accettare di creare un avatar a immagine e somiglianza della persona cara. Non solo: il 59% degli intervistati non è d’accordo con la propria resurrezione digitale e circa il 40% non trova alcun tipo di resurrezione digitale socialmente accettabile, nemmeno con il consenso esplicito.
Pare quindi che la maggior parte delle persone voglia innanzitutto rispettare i desideri del defunto, ma se ci pensiamo questo già non accade, visto che alcuni morti eccellenti vengono ‘resuscitati’ senza consenso: ne sono un esempio gli ologrammi animati di Amy Winehouse o di Whitney Houston, o la partecipazione postuma e digitale di Peter Cushing al film ‘Rogue One’.
Se poi non bastassero queste, ci sono anche altre problematiche del tutto aperte, tra cui banalmente: l’avatar del defunto a chi appartiene? E chi ne detiene i diritti?
Problemi psicologici
Per molti chattare o relazionarsi in genere con la ‘versona’ della persona scomparsa può essere consolante e aiutare a ricordare, ma può anche essere, avvertono gli psicologici, un ostacolo nell’elaborazione del lutto, che passa proprio per l’accettazione della perdita. Un avatar può produrre uno scollamento dalla realtà (ancora lei) e in generale rendere più lento, difficile e doloroso lasciar andare la persona cara.
Problemi etici e filosofici
Ultimi ma non ultimi, gli aspetti etici e filosofici. Cos’è reale e cos’è virtuale? Il virtuale diventerà reale? Non ci siamo trasformati in Marzullo, ma sono le prime domande da porsi se pensiamo alla possibilità di interagire con la copia di una persona morta. Una copia, appunto, che ci mette di fronte agli interrogativi più grandi: qual è l’essenza della persona, cosa significa ‘vivere’, ‘esistere’, ‘morire’?
La coscienza è un tema enorme, da sempre al centro delle attenzioni dell’uomo, l’unico animale ad averne una e ad avere consapevolezza di se stesso. Come si formi la coscienza, e a che punto un ammasso di cellule la generi, è ancora un mistero per le neuroscienze. Ma anche la religione non dorme sonni tranquilli: come la mettiamo col karma o con la resurrezione della carne promessa dal cristianesimo, se nel frattempo ci reincarniamo in sequenze di bit?
Vita, morte, identità. Tutto stravolto dalle nuove tecnologie, fino a rischiare che un giorno “sapremo sempre meno cos’è un essere umano”, come dice lo scrittore premio Nobel José Saramago nel suo capolavoro ‘Le intermittenze della morte’, citando il ‘Libro delle previsioni’.
In fondo la domanda a monte di tutto, il ‘Black Mirror’ nel quale ci specchiamo e specchieremo sempre più man mano che la tecnologia avanza, è proprio questa: cos’è l’umano?
Ai posteri – e a ChatGPT – l’ardua sentenza.
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