Pavel Durov (Telegram): “Eredità? In parti uguali ai miei 106 figli, ma solo a una condizione”
Il fondatore di Telegram, Pavel Durov, ha recentemente svelato i dettagli del suo testamento, sorprendendo il pubblico non tanto per l’ammontare dell’eredità, quanto per la sua distribuzione: “Lascio tutto ai miei 106 figli. In parti uguali. Ma solo a una condizione”.
A raccontarlo è lo stesso fondatore in un’intervista alla testata giornalistica francese Le Point. Dall’inchiesta che lo vede accusato all’importanza che assume nella sua vita la libertà di potersi spostare nei vari Paesi del mondo – attualmente limitata per le problematiche giudiziarie – così come la famiglia: la figura controversa del magnate torna a parlare a fornire la sua versione. Ecco cosa ha rivelato.
Eredità? A una condizione
Per Durov, la sua grande prole potrà ereditare il patrimonio di cui dispone, ma solo dopo il compimento dei 30 anni. Una scelta non casuale. “Voglio che vivano come persone normali, che si costruiscano da soli, che imparino ad avere fiducia in se stessi, che siano in grado di creare, che non dipendano da un conto in banca. Voglio specificare che non faccio alcuna differenza tra i miei figli: ci sono quelli concepiti naturalmente e quelli che provengono dalle mie donazioni di sperma. Sono tutti miei figli e avranno tutti gli stessi diritti! Non voglio che si distruggano a vicenda dopo la mia morte”.
E sulla somma che possiede chiarisce: “I media dicono che il mio patrimonio è stimato tra i 15 e i 20 miliardi di dollari, ma questa è solo una stima teorica di quanto potrebbe valere Telegram. Dato che non sto vendendo Telegram, non ha importanza. Non ho questi soldi in banca. La mia liquidità è molto inferiore, e non proviene da Telegram: proviene dal mio investimento in bitcoin nel 2013”.
I 106 figli di Pavel Durov
Durov ha confermato di essere padre “ufficiale” di sei figli avuti da tre partner diverse. Ma la cifra totale è molto più alta: cento bambini, nati in dodici Paesi attraverso la sua donazione anonima di sperma. “La clinica, dove ho iniziato a donare lo sperma quindici anni fa per aiutare un’amica, mi ha detto che più di 100 bambini sono stati concepiti in questo modo in 12 Paesi”, ha spiegato al quotidiano francese.
Un testamento “precauzionale”
Ma perché scrivere un testamento così dettagliato a soli 40 anni? La risposta è pragmatica e inquietante al tempo stesso: “Il mio lavoro comporta dei rischi: difendere le libertà ti fa guadagnare molti nemici, anche all’interno di Stati potenti. Voglio proteggere i miei figli, ma anche l’azienda che ho creato, Telegram. Voglio che Telegram rimanga per sempre fedele ai valori che difendo”.
E in caso della sua scomparsa, Durov ha già previsto una soluzione: “Se scomparissi, una fondazione no-profit ne prenderebbe il controllo. Il mio obiettivo è garantire la continuità della piattaforma: voglio che continui a esistere in modo indipendente, nel rispetto della privacy e della libertà di espressione”.
Disciplina ferrea e vita sana
Fisicamente, Durov sfida il tempo. Alla domanda sul suo aspetto giovanile, risponde con un sorriso e una lista rigorosa di abitudini: “Mi impegno in una vita disciplinata e nell’esercizio fisico, 300 flessioni di fila, senza interruzioni, seguite da 300 squat, sempre di fila ogni mattina. Non bevo alcolici, caffè o tè, non fumo e sto lontano dallo zucchero. In breve, da tutto ciò che possa renderti dipendente. Mi piace stare nell’acqua fredda. A volte nuoto in Finlandia o sul lago di Ginevra in pieno inverno”.
Le indagini e l’accusa
Ma sulla figura di Durov incombe un’ombra giudiziaria che risale ad agosto 2024, quando il fondatore di Telegram è stato fermato in Francia nell’ambito di un’indagine sulla diffusione di contenuti illegali tramite Telegram. Le accuse includevano la mancata collaborazione con le forze dell’ordine, pornografia infantile, traffico di droga e frodi digitali: ancora oggi rimane indagato per 17 capi d’accusa. L’inchiesta ha sollevato interrogativi sulla gestione della piattaforma e sulla sua capacità di prevenire abusi, ma per Durov non ci sono dubbi: “Il fatto che i criminali usino il nostro servizio di messaggistica, tra molti altri, non rende criminali coloro che lo gestiscono”.