Chi sono i nomadi digitali e con quale procedura possono fare ingresso in Italia?
- 26/08/2024
- Mondo
In un mondo sempre più interconnesso e digitalizzato, l’Italia sta abbracciando un cambiamento significativo nella sua politica migratoria, aprendo le porte a una nuova categoria di lavoratori: i nomadi digitali e i lavoratori da remoto. Questi professionisti, grazie alla loro capacità di lavorare in modo altamente qualificato utilizzando strumenti tecnologici, stanno ridefinendo le tradizionali norme di ingresso e soggiorno nel Paese. Introduzione che non è solo una risposta alle mutate condizioni globali post-pandemia, ma anche una mossa strategica per attrarre talenti e stimolare l’economia.
Il Decreto Flussi e la legge sui nomadi digitali
L’arrivo dei nomadi digitali e dei lavoratori da remoto in Italia è stato ufficialmente sancito dal Decreto Legge n. 4 del 2022, che ha introdotto l’articolo 27, comma 1, lettera q-bis al Testo Unico Immigrazione. Questo decreto ha rappresentato un cambiamento fondamentale, permettendo a lavoratori altamente qualificati di entrare in Italia al di fuori delle quote annualmente stabilite. Con l’introduzione di questa norma, il Governo ha riconosciuto l’importanza di queste nuove figure professionali, la cui attività lavorativa non è legata fisicamente a un ufficio o a una sede specifica.
La regolamentazione dettagliata di questa categoria è stata successivamente delineata in un decreto del 29 febbraio 2024, adottato in collaborazione tra il Ministero dell’Interno, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero del Turismo e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Questo decreto fornisce una guida chiara sui requisiti e le modalità per l’ingresso e il soggiorno dei nomadi digitali e dei lavoratori da remoto in Italia.
Chi sono i nomadi digitali e i lavoratori da remoto?
La legge italiana distingue tra due categorie principali di lavoratori che possono beneficiare di questa nuova normativa: i nomadi digitali e i lavoratori da remoto. Sebbene entrambi utilizzino strumenti tecnologici per lavorare da lontano, vi è una differenza sostanziale tra le due figure.
I nomadi digitali sono professionisti autonomi che operano in vari settori, dai design alla consulenza, e possono gestire il loro lavoro in maniera indipendente senza un datore di lavoro fisso. Al contrario, i lavoratori da remoto sono dipendenti di un’impresa, la quale può avere sede sia in Italia che all’estero. Entrambi devono soddisfare requisiti specifici per accedere ai benefici previsti dalla legge.
Per essere ammessi, i lavoratori devono dimostrare di avere un’attività lavorativa altamente qualificata. Questo implica avere un titolo universitario o una significativa esperienza lavorativa (almeno cinque anni, o tre se nel settore IT). La documentazione necessaria per dimostrare questi requisiti è simile a quella richiesta per la carta blu UE, che facilita l’ingresso dei lavoratori altamente qualificati nell’Unione Europea.
Requisiti per l’ingresso e il soggiorno
Per lavorare in Italia come nomade digitale o lavoratore da remoto, è necessario soddisfare una serie di requisiti specifici:
- Reddito minimo: È richiesto un reddito minimo annuo derivante da fonti lecite, pari almeno al triplo del reddito minimo previsto per l’esenzione dalla spesa sanitaria, che attualmente è di 24.789 euro. Questo requisito può essere dimostrato tramite documentazione fiscale del Paese di residenza o attraverso un contratto di lavoro o di collaborazione.
- Assicurazione sanitaria: È necessario possedere un’assicurazione sanitaria valida per il territorio nazionale, coprendo cure mediche e ricovero ospedaliero per tutta la durata del soggiorno in Italia.
- Alloggio: È obbligatorio fornire una documentazione relativa alla sistemazione abitativa, come un contratto di acquisto o locazione di un immobile.
- Esperienza professionale: I lavoratori devono dimostrare un’esperienza pregressa di almeno sei mesi nell’ambito dell’attività lavorativa da svolgere in Italia. Per i lavoratori da remoto, questa esperienza deve essere confermata da contratti di lavoro precedenti, mentre per i nomadi digitali possono essere presentate lettere di incarico o fatture.
- Contratto di lavoro: È richiesto un contratto di lavoro o di collaborazione, che deve specificare la retribuzione annuale, che deve essere almeno pari a quella prevista dai contratti collettivi nazionali o alla media annuale ISTAT.
Un ulteriore requisito riguarda l’assenza di condanne per reati previsti dal Testo Unico sull’immigrazione da parte del datore di lavoro o del committente. È necessaria una dichiarazione che attesti questa assenza, allegata alla domanda di visto.
La procedura di ingresso in Italia
La procedura per l’ingresso in Italia come nomade digitale o lavoratore da remoto si articola in due fasi principali. La prima consiste nella richiesta di visto presso il Consolato o l’Ambasciata italiana nel Paese di residenza. In questa fase, il richiedente deve fornire tutta la documentazione necessaria a dimostrare il possesso dei requisiti sopra elencati. Non è previsto il rilascio preventivo di nulla osta al lavoro.
Una volta ottenuto il visto e arrivato in Italia, il lavoratore deve richiedere il permesso di soggiorno per lavoro presso la questura del luogo di residenza, entro 8 giorni lavorativi dall’ingresso. La questura verificherà la documentazione e comunicherà il rilascio del permesso di soggiorno, trasmettendo copia del contratto di lavoro agli enti competenti per le verifiche previdenziali e fiscali. Durante questo periodo, è possibile iniziare a lavorare e, con il rilascio del permesso di soggiorno, viene generato e comunicato anche il codice fiscale.
Caratteristiche
Il permesso di soggiorno per nomadi digitali e lavoratori da remoto ha una durata di un anno ed è rinnovabile annualmente, a condizione che il lavoratore continui a soddisfare i requisiti previsti. Non ci sono requisiti specifici di permanenza minima in Italia per il rinnovo del permesso, salvo che non vi siano interruzioni prolungate del soggiorno superiori ai sei mesi.
I permessi di soggiorno per nomadi digitali e lavoratori da remoto non limitano la possibilità di cambiare datore di lavoro o committente. Dopo cinque anni di soggiorno regolare, è possibile richiedere il permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti. Tuttavia, attualmente, non è previsto che questi permessi possano essere convertiti in altri tipi di permesso di soggiorno.
I nomadi digitali e i lavoratori da remoto possono portare con sé o far raggiungere in Italia i familiari a carico, come coniuge e figli minori. I familiari riceveranno un permesso di soggiorno per motivi di famiglia, che ha la stessa durata del permesso del lavoratore e consente anche di lavorare.
Per quanto riguarda il regime previdenziale, i lavoratori devono pagare i contributi previdenziali in Italia, a meno che non esistano convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con il Paese di origine, che consentono di mantenere il sistema previdenziale del proprio Paese.
Infine, sotto il profilo fiscale, i nomadi digitali devono aprire una partita IVA in Italia per emettere fattura, pagare i contributi previdenziali e le imposte sul reddito. La partita IVA non viene automaticamente rilasciata con il permesso di soggiorno e deve essere richiesta presso l’Agenzia delle Entrate. In Italia esistono due principali categorie di partita IVA: liberi professionisti e ditte individuali, a seconda del tipo di attività svolta. La violazione delle norme fiscali può comportare la revoca del permesso di soggiorno.
L’ingresso dei nomadi digitali e dei lavoratori da remoto in Italia rappresenta una significativa evoluzione della legislazione sull’immigrazione, rispondendo alle nuove dinamiche del lavoro globale e contribuendo a rendere l’Italia un hub attrattivo per talenti internazionali. Con requisiti ben definiti e procedure chiaramente stabilite, il Paese si prepara ad accogliere questi professionisti, offrendo loro l’opportunità di vivere e lavorare in un ambiente ricco di cultura e opportunità economiche.
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