L’elisir di Okinawa, dove si vive 13 anni in più e gli anziani sono una risorsa
- 27/07/2023
- Mondo
In Okinawa l’aspettativa media di vita è 85 anni, circa 13 in più rispetto alla media mondiale pari a 72 anni. Colpisce non solo il dato numerico, ma anche la salute fisica e mentale che la popolazione di questa isola giapponese vanta anche dopo gli 80 anni.
Craig Willcox, professore di salute pubblica e gerontologia presso la Okinawa International University e co-ricercatore principale dell’Okinawa Centenarian Study analizza dal 1975 la longevità degli abitanti del posto e spiega che “circa due terzi di questo elisir di lunga vita deriva dall’alimentazione e dallo stile di vita. Il resto è genetica”.
Più nello specifico, genetica a parte, i pilastri di questo straordinario esempio demografico sono: alimentazione sana, attività fisica e vita sociale vivace. Si tratta di abitudini che possono essere prese come esempio in tutto il Mondo, ancora di più in questo periodo di caldo estremo che mette a dura prova il fisico. Tanto che il brand giapponese Yakult ha stilato un vademecum dello stile di vita di Okinawa.
Qual è la dieta di Okinawa
La dieta di Okinawa è ricca di nutrienti e povera di carboidrati, preferisce il pesce alla carne e prevede il consumo di 4/5 porzioni di frutta al giorno. Praticamente, i cittadini di questa isola a sud del Giappone continentale riproducono alla perfezione i consigli del Codice europeo contro il cancro.
Yakult sintetizza così i punti chiave della cucina locale:
- Consumare asti leggeri, ricchi di frutta e verdura di stagione, variandone i colori;
- Fare sempre colazione;
- Bere almeno 2 litri di acqua al giorno;
- Fare incetta di infusi, ma senza aggiungere zucchero;
- Moderare l’assunzione di alcolici ed evitare del tutto i super alcolici;
- Conservare adeguatamente e alle giuste temperature gli alimenti da consumare all’aperto
È particolarmente interessante il meccanismo che si innesca assumendo pochi carboidrati e zuccheri. Spiega il prof. Wilcox su National Geographic: “Se in laboratorio si riduce l’apporto calorico dei mammiferi, questi vivono in generale tutti più a lungo. Il costante deficit energetico innesca un meccanismo di autoconservazione: l’organismo si adatta a convertire una più alta percentuale di cibo in energia utilizzabile e attiva gli enzimi che favoriscono la longevità”.
D’altronde a Okinawa c’è un detto: “nuchi gusui”, che potrebbe essere tradotto con “fa’ che il cibo sia la tua medicina”. Diversi studi dimostrano che l’approccio è quello giusto: le malattie cardiovascolari, nella popolazione di Okinawa, sono ridotte dell’80% rispetto agli Stati Uniti, i tumori sono il 40% in meno, perfino l’osteoporosi è inferiore al resto del mondo. I livelli di colesterolo sono in genere bassi e il danno da radicali liberi è circa la metà rispetto a quello riscontrato nei settantenni di altre nazionalità.
Il ruolo della vita sociale per gli abitanti di Okinawa
La gemma preziosa della vita sociale di Okinawa sono i moai: un gruppo di circa 5 persone che vivono la vita insieme. I membri di questa struttura sociale crescono insieme, si incontrano periodicamente, discutono su tematiche comuni e ridono molto. In definitiva, i moai sono una specie di seconda famiglia dove ci si offre vicendevolmente assistenza emotiva, sociale e anche finanziaria. Questa struttura non sostituisce la famiglia di sangue, la affianca. Nei moai il benessere del gruppo viene concepito come somma del benessere di tutti gli individui.
Con un’aspettativa di età così alta è fondamentale non lasciare gli anziani indietro. Per questo, al centro della loro cultura c’è quello di mantenere sempre, a qualsiasi età, un ikigai, uno scopo nella vita. Come riporta National Geographic, spesso gli anziani autoctoni si mantengono attivi con l’artigianato locale di tessitura delle stoffe basho-fu. La pulizia delle fibre e la procedura di avvolgimento del filo richiede una grande dedizione, che un po’ ricorda la passione e l’impegno con cui gli anziani in alcuni piccoli borghi italiani si ritagliano ancora un ruolo nella società.
Non è solo un modo per rimanere socialmente attivi, ma è anche un’opportunità per le tessitrici di contribuire a migliorare il reddito proprio e degli altri.
Uno spunto che non dovremmo ignorare in un’Europa sempre più anziana, ma con gli anziani dimenticati e messi al margine della società. Fortunatamente, alcuni moai si sono attrezzati per andare online e allargarsi a livello globale. Non a caso questo termine si sta diffondendo anche fuori dal Giappone per indicare iniziative svolte in collettività.
In altri termini, Moai e Ikigai sono la base di un sistema di welfare che non pesa sulle casse pubbliche, al massimo le riempie.
L’attività fisica a Okinawa
In un pianeta che deve ridurre le emissioni e fa i conti con le conseguenze della sedentarietà, gli abitanti di Okinawa non lasciano passare un solo giorno senza fare una camminata nella natura o per le vie dei loro paesi.
L’obbiettivo non è fare grandi sforzi fisici, bensì mantenere un’attività lenta ma costante, anche lavorando nei campi come fa gran parte degli ultraottantenni sull’isola.
Anche questo aspetto, insieme alla vita sociale e al cibo, contribuisce a far sentire gli anziani protagonisti della società in cui vivono. Tranne rare eccezioni, gli abitanti del posto restano autosufficienti anche dopo gli 80 anni di età: un risultato importante non solo se paragonato con l’Occidente, ma anche con lo stesso Giappone dove, analogamente agli Stati Uniti, il rischio di sviluppare demenza senile è piuttosto alto negli over 80.
Gli spunti per la nostra demografia
Nel nord dell’isola, c’è il villaggio di Ogimi, dove le statistiche di Okinawa vengono perfino migliorate. Stando all’ultimo censimento, su 3.000 abitanti del villaggio 171 sono ultranovantenni e 15 hanno superato il secolo di vita. In Italia, secondo le stime Istat, nel 2022 il numero di ultracentenari ha raggiunto il suo livello più alto, superando la quota di 20.000 persone. La differenza in percentuale è abissale: gli ultracentenari sono circa lo 0,5% della popolazione di Okinawa contro lo 0,03% registrato in Italia.
D’altronde, proprio all’ingresso del villaggio di Ogimi, c’è una piccola lastra in pietra e riporta alcune frasi, che tradotte approssimativamente significano: “A 80 anni, sei un giovane. A 90, se i tuoi antenati ti invitano in cielo chiedi loro di aspettare fino a che non arrivi a 100. Poi puoi prendere in considerazione la cosa”.
I dati Eurostat parlano stimano che la percentuale della popolazione europea dai 65 anni in su aumenterà dal 20,3 % (90,5 milioni) del 2019, fino al 31,3 % (130,2 milioni) entro il 2100. In pratica, mentre nel 2019 c’erano quasi tre persone in età lavorativa per ogni anziano, entro il 2100 questo rapporto dovrebbe essere inferiore al 2:1.
Sarebbe un grande dono per la nostra demografia interiorizzare, prima ancora dell’elisir di lunga vita, le sane abitudini che trasformano gli anziani da macigno per il welfare a risorsa per la società.
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