Un impianto neuronale è in grado di “leggere i pensieri”: come funziona
- 19 Agosto 2025
- Mondo
E se un impianto neuronale computer-cervello fosse in grado di leggere i pensieri? Questa è la domanda che si sono sottoposti i ricercatori di Stanford e che vedono in questo meccanismo il futuro del linguaggio per persone con paralisi. Una ricerca rivoluzionaria pubblicata sulla rivista Cell ha così aperto nuove frontiere per le persone con difficoltà motorie, offrendo la speranza di ripristinare la comunicazione attraverso la decodifica in tempo reale del “linguaggio interiore”.
Lo studio, condotto da un team di scienziati di Stanford, tra cui Erin M. Kunz, Benyamin Abramovich Krasa, Foram Kamdar e Francis R. Willett, ha dimostrato che il nostro monologo interno, ovvero il pensiero vocale, è robustamente rappresentato nella corteccia motoria e può essere tradotto in testo. Quali sono i suoi limiti e come si può salvaguardare la privacy dei pensieri?
Il linguaggio interiore
Le attuali interfacce cervello-computer (Bci) per il linguaggio richiedono agli utenti di tentare fisicamente di produrre la parola (“linguaggio tentato”), un processo che può essere estenuante e limitare la velocità di comunicazione per i pazienti paralizzati. La nuova ricerca suggerisce che una Bci in grado di decodificare il linguaggio interiore – l’atto di immaginare di parlare senza tentare un’emissione motoria – potrebbe superare queste sfide, offrendo un’esperienza utente migliorata e meno faticosa.
Il dispositivo utilizza microelettrodi impiantati nella corteccia motoria, l’area cerebrale che governa i movimenti volontari, inclusi quelli articolatori della parola.
Dove risiede la voce silenziosa nel cervello?
Gli scienziati hanno scoperto che il linguaggio interiore è fortemente rappresentato nella corteccia motoria, in particolare nelle regioni ventrali e centrali del giro precentrale, aree già note per il loro contributo alla decodifica del linguaggio. Curiosamente, la rappresentazione del linguaggio interiore è altamente correlata con quella del linguaggio tentato, apparendo come una versione “ridimensionata” o meno modulata di quest’ultimo.
La chiave dell’”intenzione motoria” per la privacy mentale
Una delle maggiori preoccupazioni etiche riguardo alle Bci è la “privacy mentale“, ovvero il rischio che il dispositivo possa decodificare pensieri privati e non intenzionali. I ricercatori hanno affrontato questa problematica identificando una dimensione neurale di “intenzione motoria” che distingue il linguaggio tentato da quello interiore. Questa scoperta è cruciale perché permette di sviluppare strategie ad alta fedeltà per prevenire la decodifica involontaria del linguaggio interiore privato.
Per garantire la privacy, sono state dimostrate due strategie principali:
- Addestramento “Imagery-Silenced”: tecnica che addestra la Bci a etichettare i segnali del linguaggio interiore come “silenzio”, pur mantenendo le prestazioni di decodifica per il linguaggio tentato.
- Sistema a “Parola chiave”: La Bci rimane in modalità “bloccata” e decodifica la produzione linguistica solo dopo che una parola chiave interna viene rilevata con alta precisione (98,75% di accuratezza nei test).
Applicazioni in tempo reale
Lo studio ha dimostrato la fattibilità di una Bci per il linguaggio interiore in tempo reale in tre partecipanti con disartria grave – un disturbo del linguaggio che causa difficoltà nell’articolazione delle parole, dovuto a problemi nei muscoli coinvolti nel parlare -, riuscendo a decodificare frasi immaginate da un vocabolario ampio (fino a 125.000 parole) con tassi di errore delle parole che vanno dal 26% al 54%. I partecipanti hanno espresso una preferenza per il linguaggio interiore a causa del minore sforzo fisico e dell’aspetto esteriore più neutro.
È stato inoltre osservato che alcuni aspetti del linguaggio interiore non istruito (come il conteggio o la memorizzazione di sequenze) possono essere decodificati dalla corteccia motoria. Tuttavia, la capacità di decodificare frasi complete e intellegibili durante il “pensiero libero” non è stata ancora dimostrata con precisione.
Un risultato notevole è stato l’analisi dei dati di una persona anartrica (con deficit della programmazione articolatoria, che consegue ad una lesione del solo emisfero sinistro) e ventilatore-dipendente la cui unica forma di controllo motorio volontario sono i muscoli extraoculari. Anche in assenza di movimenti osservabili, il linguaggio tentato rimaneva rappresentato nella corteccia motoria rispetto al linguaggio interiore. Questo suggerisce che l’intenzione di articolare è mantenuta e può ancora essere un segnale utile per guidare le Bci anche in individui con sindrome “locked-in” quasi o completamente.
Nonostante i progressi, i ricercatori sottolineano alcune limitazioni dello studio, tra cui la dimensione limitata del campione e la variabilità potenziale nell’uso del linguaggio interiore per compiti cognitivi. La misura in cui il linguaggio interiore può essere decodificato in vari contesti cognitivi rimane un campo aperto a ulteriori studi. In sintesi, questa ricerca rappresenta un passo significativo verso il ripristino della comunicazione per le persone con paralisi, come chi soffre di Sla, dimostrando il potenziale delle Bci per il linguaggio interiore, pur affrontando proattivamente le questioni critiche relative alla privacy mentale.