Una donna muore ogni due minuti per complicazioni in gravidanza: l’allarme Onu
- 07/04/2025
- Mondo
Una donna su 24 rischia di morire per cause legate alla maternità nella Repubblica Centrafricana. Una su 25 in Nigeria. Una su 30 in Somalia. Una su 40 in Afghanistan. Numeri da brivido, che risuonano in modo ancor più stridente oggi, 7 aprile 2025, in occasione della Giornata Mondiale della Salute. Perché, se da un lato il mondo può gioire per un traguardo importante — una riduzione del 40% dei decessi materni a livello globale tra il 2000 e il 2023 — dall’altro si trova a fronteggiare un pericolo imminente: l’inversione di rotta. I tagli senza precedenti agli aiuti umanitari rischiano di vanificare ventitré anni di progressi, rimettendo in gioco la salute — e la vita — di milioni di donne. E questo non in un futuro remoto, ma adesso, nel tempo presente.
Il rapporto “Trends in maternal mortality”, pubblicato oggi dalle Nazioni Unite con la collaborazione di Unicef, Oms, Unfpa, World Bank Group e Undesa/Population Division, è un documento che racconta insieme speranza e angoscia. Il calo dei decessi, si legge, è in gran parte dovuto al miglioramento dell’accesso ai servizi sanitari essenziali, in particolare quelli legati alla salute sessuale e riproduttiva. Ma lo slancio si è affievolito. Dal 2016 i miglioramenti si sono fatti sempre più lenti. E nel 2023, 260mila donne sono morte a causa di complicazioni durante gravidanza o parto — una ogni due minuti.
Il mondo, oggi, si trova davanti a un bivio. Da una parte, continuare a investire e salvare vite. Dall’altra, tagliare i fondi e assistere inerti al ritorno dell’epidemia invisibile delle morti materne. Nel mezzo, milioni di donne e ragazze che chiedono di poter partorire senza rischiare la vita.
Tagli ai fondi e sanità in ginocchio
Il dato più allarmante del nuovo rapporto Onu non è solo quello statistico, ma quello politico: la salute materna globale è sull’orlo di una crisi causata da tagli ai finanziamenti umanitari. In molti Paesi a basso reddito o colpiti da guerre e instabilità, questi tagli hanno significato la chiusura di strutture sanitarie, il licenziamento di personale medico, l’interruzione di catene di approvvigionamento fondamentali per la distribuzione di farmaci salvavita.
In contesti dove già prima era difficile accedere a un’ambulanza o a un’ostetrica qualificata, la gravidanza rischia di trasformarsi in una roulette russa. Cure essenziali come i trattamenti per le emorragie post-partum, per la pre-eclampsia o per la malaria — tra le principali cause di morte materna — sono sempre meno disponibili. “Sebbene questo rapporto mostri barlumi di speranza”, ha dichiarato il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, “i dati evidenziano anche quanto sia ancora pericolosa la gravidanza in gran parte del mondo, nonostante esistano soluzioni per prevenire e curare le complicazioni”.
A subire le conseguenze peggiori sono i contesti umanitari già fragili, dove due terzi delle morti materne globali si verificano. Per una ragazza di 15 anni che vive in questi contesti, il rischio di morire per maternità nel corso della vita è fino a 25 volte più alto rispetto a chi vive in Paesi stabili. La maternità, in questi luoghi, può diventare una condanna. Lo scenario peggiore si registra in Africa sub-sahariana, che nonostante un calo del 40% dei decessi negli ultimi tre anni, concentra ancora circa il 70% delle morti materne nel mondo.
La geografia crudele della mortalità materna
Non tutte le donne affrontano lo stesso rischio quando diventano madri. La geografia della mortalità materna è profondamente ingiusta. Le donne nei Paesi stabili hanno accesso a strutture ospedaliere moderne, personale qualificato, farmaci e prevenzione. In quelli fragili o colpiti da conflitti, invece, anche una banale infezione può trasformarsi in una sentenza.
Il nuovo report mostra come solo tre regioni del mondo abbiano registrato cali significativi nella mortalità materna dopo il 2015: Africa sub-sahariana, Asia centrale e meridionale, Australia e Nuova Zelanda. Il resto del pianeta ha visto un rallentamento o una stagnazione. In particolare, Europa, Nord America, America Latina e Caraibi non hanno registrato progressi evidenti. Una fotografia che rompe lo stereotipo del progresso lineare e universale.
Dietro questa mappa c’è un intreccio di povertà, disuguaglianze, instabilità politica e culturale. E ci sono anche i diritti negati: alla salute, all’informazione, alla pianificazione familiare. In troppi Paesi, ancora oggi, le donne non possono decidere se, quando e come diventare madri. L’accesso ai contraccettivi, all’educazione sessuale, a una visita ginecologica non è scontato.
Il punto non è solo medico, è politico. “Oltre a garantire l’accesso a un’assistenza di qualità per la maternità”, ha sottolineato Ghebreyesus, “sarà fondamentale rafforzare i diritti riproduttivi e sanitari delle donne e delle ragazze”. E senza questi diritti, ogni strategia sanitaria rischia di essere un castello di carta.
Bastano ostetriche, scuola e comunità per salvare vite
Non serve una rivoluzione tecnologica per salvare centinaia di migliaia di donne ogni anno. Servono ostetriche, infermiere, operatori sanitari di comunità. Servono strutture funzionanti, farmaci base, trasporti sicuri. E serve, soprattutto, una visione a lungo termine.
Il rapporto Onu lo ribadisce con chiarezza: investire nella salute materna significa anche migliorare l’accesso ai servizi di pianificazione familiare, contrastare le malattie non trasmissibili, prevenire anemia e malaria, e garantire che le ragazze possano rimanere a scuola. L’istruzione è una delle armi più potenti contro la mortalità materna: le ragazze istruite sono più consapevoli, più libere di scegliere, più capaci di riconoscere i segnali di un problema durante la gravidanza.
“Il mondo deve investire con urgenza in ostetriche, infermiere e operatori sanitari di comunità”, ha ammonito la direttrice dell’Unicef Catherine Russell. “Solo così ogni madre e ogni bambino potranno avere la possibilità di sopravvivere e prosperare”. Ma oggi, con i tagli ai fondi, questo investimento rischia di essere abbandonato.
Il tasso di mortalità materna, per raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile fissato dalle Nazioni Unite per il 2030, dovrebbe diminuire del 15% ogni anno. Attualmente, il calo è di appena l’1,5%. Serve un’inversione di marcia netta. Non solo per salvare vite, ma per restituire dignità a milioni di donne nel mondo. E oggi, Giornata Mondiale della Salute, è il momento giusto per ricordarlo.