Matrimonio omosessuale incostituzionale in Giappone: l’Alta Corte ribalta la sentenza di primo grado
- 27/03/2025
- Mondo
Un’altra crepa si apre nel muro dell’immobilismo giuridico giapponese: l’Alta Corte di Osaka ha stabilito che il mancato riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso è incostituzionale, ribaltando la decisione della corte inferiore. Una sentenza che non si limita a correggere un errore, ma scuote alle fondamenta il dibattito sui diritti LGBTQ+ nel Sol Levante. La decisione del giudice Kumiko Honda ha segnato un punto di svolta in un paese che, unico tra le nazioni del G7, non riconosce legalmente le unioni tra persone dello stesso sesso. Non si tratta solo di una questione formale: il verdetto sottolinea una discriminazione strutturale, un disequilibrio normativo che mina il principio di uguaglianza sancito dall’Articolo 14 della Costituzione giapponese.
Dal 2019, diverse coppie dello stesso sesso hanno avviato azioni legali contro lo Stato per chiedere il riconoscimento del loro diritto a sposarsi. Dopo un primo rifiuto da parte del tribunale distrettuale di Osaka nel 2022, la sentenza dell’Alta Corte rappresenta il quinto pronunciamento in Giappone che dichiara incostituzionale il divieto di matrimonio omosessuale, allineandosi ai verdetti delle Alte Corti di Sapporo, Tokyo, Fukuoka e Nagoya. La battaglia legale, però, è ben lontana dalla conclusione. Se la sentenza conferma la crescente spinta per il riconoscimento dei diritti delle persone LGBTQ+, la decisione di non concedere risarcimenti ai querelanti mostra come il cammino verso una riforma legislativa sia ancora accidentato.
Un sistema giuridico in rotta di collisione con il cambiamento sociale
Il cuore della questione risiede nell’interpretazione della Costituzione del 1947, che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. L’Alta Corte di Osaka ha sottolineato come il mancato riconoscimento del matrimonio omosessuale non possa più essere giustificato, dichiarando che tale divieto viola non solo l’Articolo 14, ma anche l’Articolo 24, che stabilisce che le leggi sul matrimonio devono essere basate sulla dignità individuale e sull’uguaglianza tra i sessi. La sentenza contraddice la decisione del tribunale distrettuale, che nel 2022 aveva stabilito che l’attuale normativa non era ancora incostituzionale, ma avrebbe potuto diventarlo con il cambiamento delle condizioni sociali.
Nel frattempo, il governo giapponese continua a sostenere che il matrimonio, secondo la Costituzione, sia esclusivamente l’unione tra un uomo e una donna. Un’interpretazione che appare sempre più anacronistica alla luce delle pressioni interne ed esterne: da un lato, l’opinione pubblica si mostra sempre più favorevole alle unioni tra persone dello stesso sesso, dall’altro, gli alleati internazionali, in particolare gli altri membri del G7, spingono Tokyo a riconoscere e tutelare i diritti delle persone LGBTQ+. Amnesty International e Human Rights Watch hanno più volte denunciato la mancanza di protezioni legali per le coppie dello stesso sesso in Giappone, evidenziando come il paese sia rimasto indietro rispetto agli standard internazionali.
Il peso della cultura e il futuro della lotta per i diritti LGBTQ+
Nonostante i pronunciamenti delle Alte Corti, il cambiamento non sarà immediato. Il sistema giuridico giapponese non prevede l’obbligo per il governo di modificare la legislazione in seguito a una sentenza di incostituzionalità da parte di un’Alta Corte. Ciò significa che la lotta per il riconoscimento del matrimonio omosessuale dovrà passare attraverso la Dieta nazionale, l’organo legislativo giapponese, dove il tema continua a incontrare forti resistenze, soprattutto tra i conservatori del Partito Liberal Democratico.
Attualmente, alcune amministrazioni locali hanno introdotto forme di riconoscimento per le coppie dello stesso sesso attraverso i cosiddetti “certificati di partnership”, che garantiscono alcuni diritti ma non conferiscono alcun valore legale paragonabile al matrimonio. Questi certificati, adottati in più di 300 municipalità, rappresentano un passo in avanti, ma restano una soluzione parziale. Le coppie omosessuali in Giappone non hanno ancora diritto all’eredità, ai benefici fiscali o al riconoscimento legale della genitorialità.
L’Alta Corte di Osaka ha definito il matrimonio “un diritto fondamentale legato all’identità individuale”, e la sua negazione come “un grave attacco alla dignità della persona”. Questo pronunciamento rafforza la posizione delle organizzazioni per i diritti civili e degli attivisti LGBTQ+, che vedono nella decisione un’importante leva per spingere il governo a intervenire con una riforma legislativa. Ma il percorso sarà tutt’altro che semplice: la questione non riguarda solo l’interpretazione della Costituzione, ma si scontra con radicati valori culturali e una politica conservatrice che da decenni tiene il Giappone ancorato a modelli tradizionali di famiglia e società.
Con la quinta Alta Corte che si esprime a favore del matrimonio omosessuale, la pressione sul governo aumenta. Il Giappone si trova ora a un bivio: ascoltare la richiesta di cambiamento che si leva dalla società e dalle corti di giustizia o continuare a rimanere l’unico paese del G7 a non riconoscere pienamente i diritti delle coppie LGBTQ+.