‘Cyber-Gesù’ ti ascolta, l’intelligenza artificiale arriva nel confessionale: miracolo tech o esperimento eretico?
- 10/12/2024
- Mondo
In principio era il Verbo. Ora è un algoritmo. Se pensavate che la spiritualità fosse l’ultimo baluardo immune dall’invasione tecnologica, la Svizzera vi farà ricredere. Nella parrocchia Peterskapelle di Lucerna, il confessionale ha fatto un salto nel futuro: al posto del classico prete, troverete un ologramma di Gesù, pronto a rispondere ai dubbi dell’anima in ben cento lingue. Non assolve i peccati, ma promette consigli e conforto.
Come spiega la chiesa, i fedeli possono avere un’esperienza intima e sacra con un Cristo virtuale che ascolta e risponde da dietro la grata di un classico confessionale. Non solo, ma grazie a uno schermo, tra i fori della grata è anche visibile il volto (presunto) del Figlio di Dio.
Quando il confessionale si fa hi-tech
In duemila anni di storia la Chiesa – e i fedeli – ne ha viste tante, ma il cyber-Gesù che ‘confessa’ mancava. Finora. Per arrivarci, c’è voluta l’Intelligenza Artificiale, che ormai dilaga ovunque e svela le sue potenzialità praticamente in qualsiasi campo, anche quello spirituale che sembrava poter essere immune proprio per la sua natura intima e sacra.
Il progetto (artistico e temporaneo) si chiama ‘Deus in machina’ e prevede che sia proprio Gesù a ‘confessare’ il fedele, grazie a un’intelligenza artificiale creata da informatici e teologi dell’Immersive Realities Research Lab della Lucerne University of Applied Sciences and Arts. L’AI celeste è stata addestrata sul Nuovo Testamento e offre risposte in linea con la fede cristiana (o almeno dovrebbe: al momento non si sono registrati casi di ‘deviazioni’, ma una cantonata è sempre in agguato).
Ma i fedeli come hanno preso questa novità?
Più di mille fedeli (e curiosi) al confessionale virtuale
Intanto in due mesi più di mille persone, tra cui turisti provenienti da tutto il mondo, hanno provato l’esperienza sacra, ponendo al Gesù-AI domande e dubbi. E già questo denota sia una certa curiosità da parte delle persone sia la potenzialità di avvicinare alla religione che un sistema del genere potrebbe avere.
Quanto ai risultati, secondo quanto riportato dai media svizzeri almeno due terzi di chi ha testato il Gesù 2.0 ha dichiarato di aver vissuto un’esperienza “molto spirituale”, e anche sorprendente per la sua facilità. Non solo, ma il Cristo-AI ha anche dispensato molti consigli e ha consolato. Uno dei suoi punti di forza è che può farlo 24 ore al giorno, a differenza di un prelato ‘vero’. La parrocchia di San Pietro sostiene infatti che un giorno chatbot simili potrebbero sostituire almeno in parte il clero, dimostrando che nessuno può dirsi al sicuro.
Non tutti credono nel miracolo dell’IA
Ovviamente non tutti sono soddisfatti: per alcuni le risposte del cyber-Gesù erano troppo generiche, asettiche o superficiali, o legate a luoghi comuni. Qualcuno ha criticato l’uso stesso dell’immagine di Gesù e del confessionale per un esperimento simile, mentre per altri è stato difficile avere una “conversazione sincera” con un’immagine digitale. Senza contare che la fede è una materia delicata che, come sostenuto da diverse voci, non dovrebbe essere affidata a una macchina, che peraltro potrebbe anche generare risposte incompatibili con gli insegnamenti della Chiesa.
Rimane infine aperto il problema della privacy: dove finisce e per quanto tempo si conserva ciò che le ‘orecchie’ virtuali hanno ascoltato? Il Gesù virtuale, insomma, rispetta il ‘segreto del confessionale’, come da sempre sono tenuti a fare i preti in carne e ossa?
Un esperimento che fa riflettere
Va detto che l’obiettivo dell’installazione era proprio quello di stimolare la riflessione, soprattutto sui limiti della tecnologia nel contesto della religione, come chiarito da Marco Schmid, teologo della Peterskapelle: “Quello che stiamo facendo qui è un esperimento, l’obiettivo è far sperimentare alle persone un’esperienza con l’intelligenza artificiale. Sarà una base di partenza per discutere sul tema e capire meglio questa tecnologia applicata alla religione”.
Insomma, il cyber-Gesù non mira a rubare il lavoro al clero, ma in ogni caso potrebbe aprire nuove porte alla spiritualità del futuro. La rivoluzione, in effetti, potrebbe essere vicina: come spiega la Peterskapelle in un comunicato, “l’IA potrebbe essere in grado di rispondere a domande individuali e affrontare preoccupazioni in modo molto specifico personalizzando i riferimenti biblici, spirituali o teologici, spesso in modo più veloci e più completo di un pastore umano“.