Impatto del Covid-19 sul cervello, i ricercatori: “Invecchiato di 5 mesi”
- 30 Luglio 2025
- Mondo
La pandemia ha invecchiato il nostro cervello. A rilevarlo è una ricerca condotta dagli esperti dell’Università di Nottingham, e pubblicata su Nature Communications, secondo la quale la diffusione del virus da Covid-19 – e tutto ciò che ne è conseguito – avrebbe avuto un impatto di non poco conto sulla salute del nostro cervello.
I ricercatori stimano che ciò abbia accelerato l’invecchiamento cerebrale, anche nelle persone che non sono mai state infettate dal virus. E i fattori determinanti sono stati stress, isolamento e il generale sconvolgimento globale. Scopriamo come.
Cervello e Covid-19: quale legame?
Lo studio dei ricercatori di Nottingham aveva lo scopo di indagare l’impatto che la pandemia aveva avuto sull’invecchiamento del cervello, indipendentemente che si sia contratto o meno il virus. La domanda che si sono posti e se l’esperienza stessa della pandemia – con i suoi stressors psicosociali, le interruzioni sociali dovuti ai vari lockdown e i cambiamenti nello stile di vita – avesse potuto aver influenzato la salute del cervello, specialmente nei gruppi più vulnerabili.
Il team di ricerca, guidato dagli esperti delle Scuole di Medicina, Fisica e Astronomia dell’Università di Nottingham, ha esaminato scansioni cerebrali di risonanza magnetica (Mri) longitudinali di quasi 1.000 adulti sani. Questi dati provenivano dall’Uk Biobank.
Per stimare l’età del cervello di ciascun partecipante – ovvero “quanto sembrava vecchio il loro cervello rispetto alla loro età anagrafica” – i ricercatori hanno utilizzato tecniche avanzate di imaging e apprendimento automatico. Il modello per calcolare questa “età cerebrale” è stato sviluppato basandosi sulle scansioni cerebrali di oltre 15.000 individui sani, senza altre patologie, garantendo così un modello accurato e affidabile. I partecipanti sono stati divisi in gruppi:
- Gruppo “Pandemia”: individui che avevano effettuato una scansione prima e una dopo l’inizio della pandemia.
- Gruppo “Controllo”: individui che avevano effettuato almeno due risonanze prima della pandemia.
All’interno del gruppo “Pandemia”, sono stati distinti anche coloro che avevano contratto il Covid-19 (Gruppo “Pandemia-Covid-19”) da quelli che non lo avevano fatto (Gruppo “Pandemia-No Covid-19”). Tutti i gruppi sono stati accuratamente bilanciati per età, sesso e altri indicatori di salute per garantire un confronto equo.
I risultati
I risultati hanno evidenziato diversi aspetti chiave. Le persone che hanno vissuto l’esperienza della pandemia hanno mostrato segni di invecchiamento cerebrale più rapido rispetto a chi era stato visitato prima della diffusione del virus nel mondo. In media, il gruppo “Pandemia” ha mostrato una deviazione superiore di 5,5 mesi nell’età cerebrale nella seconda risonanza magnetica rispetto alle risonanze di chi non aveva ancora vissuto l’esperienza della pandemia.
Ciò che ha stupito di più i ricercatori è stato che “anche le persone che non avevano avuto il Covid hanno mostrato aumenti significativi nei tassi di invecchiamento cerebrale”. Questo suggerisce che fattori come l’isolamento e l’incertezza, esperienze comuni durante la pandemia, possano aver influenzato la nostra salute cerebrale.
L’accelerazione dell’invecchiamento, però, è stata più evidente in alcune categorie di persone:
- Individui più anziani: per ogni anno in più di età anagrafica, il gruppo “Pandemia” ha mostrato un’accelerazione dell’età cerebrale di 7-8 giorni, contro i 3 giorni del gruppo “Controllo”. Negli anziani che hanno avuto il Covid-19, l’accelerazione è stata ancora più forte: 9-10 giorni per ogni anno in più.
- Uomini: l’invecchiamento cerebrale accelerato è stato più pronunciato nei maschi, in particolare nella materia grigia, con un aumento del 33% in più rispetto alle femmine. Già in studi precedenti era emersa una maggiore suscettibilità maschile all’atrofia corticale e alla neuroinfiammazione sotto stress, il che è in linea con i risultati dell’Università di Nottingham rispetto a un invecchiamento cerebrale maschile correlato alla pandemia. Queste disparità sottolineano la potenziale interazione tra stress, meccanismi neurali specifici del sesso e traiettorie di invecchiamento accelerate.
- Persone provenienti da contesti socioeconomici più svantaggiati: sono stati osservati aumenti maggiori nell’età cerebrale per chi aveva punteggi bassi in termini di occupazione, salute, istruzione e reddito. Ad esempio, differenze di circa 5 mesi e 23 giorni sono state notate nella materia grigia tra partecipanti con punteggi di occupazione bassi rispetto ad alti nel gruppo pandemia.
Nonostante l’accelerazione dell’età cerebrale fosse diffusa, soltanto i partecipanti che sono stati infettati dal Covid-19 tra una risonanza e l’altra hanno mostrato un calo in alcune capacità cognitive, come la flessibilità mentale e la velocità di elaborazione.
Ciò significa che l’effetto della pandemia sull’invecchiamento cerebrale, da solo (senza infezione), potrebbe non causare sintomi cognitivi evidenti. Nel gruppo dei contagiati, invece, il maggiore invecchiamento cerebrale correlava con un declino più marcato nelle prestazioni cognitive.
Come ha sottolineato la professoressa Dorothee Auer, autrice senior dello studio: “Questo studio ci ricorda che la salute del cervello è modellata non solo dalla malattia, ma dal nostro ambiente quotidiano”, e aggiunge che, sebbene non si possa ancora dimostrare la reversibilità dei cambiamenti osservati, “è certamente possibile, e questo è un pensiero incoraggiante”. Il dottor Ali-Reza Mohammadi-Nejad ha espresso il suo stupore per la portata dell’effetto anche sui non infetti, dicendo che “mostra davvero quanto l’esperienza della pandemia stessa, dal solo isolamento all’incertezza, possa aver influenzato la nostra salute cerebrale”.
Questo studio mette in evidenza il profondo impatto della pandemia sulla salute del cervello, che va oltre gli effetti diretti dell’infezione, e sottolinea l’urgente necessità di considerare e affrontare le disuguaglianze sociali e sanitarie. La ricerca futura dovrà chiarire se questi effetti siano reversibili e quali siano le conseguenze a lungo termine.