Il Conclave più globale della storia: 134 cardinali da 71 paesi per scegliere il nuovo Papa
- 29/04/2025
- Mondo
Quando il 7 maggio 2025 la Cappella Sistina si chiuderà dietro i suoi affreschi immortali, 135 cardinali elettori si ritroveranno in silenziosa preghiera sotto il Giudizio Universale di Michelangelo, per eleggere il successore di Papa Francesco. L’età media degli elettori sarà di 72 anni: un dato che, a prima vista, racconta una Chiesa anziana. Ma oggi, l’anagrafe inganna. Il più giovane, l’ucraino Mykola Bychok (45 anni), è vescovo per i cattolici orientali in Oceania; il più anziano, lo spagnolo Carlos Osoro Sierra (79 anni), è ancora attivo come amministratore apostolico a Madrid. Tra questi estremi si colloca una generazione che ha vissuto rivoluzioni culturali, guerre, migrazioni, e che si presenta ora all’appuntamento con la storia nonostante — o forse grazie a — i suoi capelli bianchi.
Eppure, mai come oggi, l’età anagrafica inganna: nella vitalità dei cardinali si legge l’evoluzione di una Chiesa che cambia, dove essere anziani non significa più essere deboli, e dove la freschezza pastorale non è privilegio esclusivo dei giovani. La medicina moderna, le nuove abitudini di vita e una maggiore attenzione alla salute fanno sì che un settantenne di oggi abbia spesso l’energia di un cinquantenne di cinquant’anni fa. E la scelta del futuro Papa non potrà ignorare questa realtà: il successore di Francesco dovrà essere non solo pastore e guida, ma anche viaggiatore instancabile, uomo di parola e d’azione, simbolo vivente della Chiesa universale. La resistenza fisica, la lucidità mentale e l’equilibrio spirituale saranno qualità decisive, ben oltre la semplice somma degli anni.
I 134 elettori: come cambia la mappa del potere ecclesiale
Il Collegio cardinalizio che si appresta a eleggere il 267º Pontefice è, per molti versi, il più globale della storia. Dei 135 elettori (provenienti da 71 diversi Paesi), 108 sono stati creati da Papa Francesco, 22 da Benedetto XVI, 5 da Giovanni Paolo II. Una netta maggioranza plasmata in anni di attenzione verso le “periferie” ecclesiali: l’Africa, l’Asia, l’America Latina, ma anche le realtà marginali dell’Europa e dell’Oceania. E per la prima volta entrano in Conclave cardinali elettori provenienti da 12 Stati finora mai rappresentati, come Capo Verde, Papua Nuova Guinea o Sudan del Sud, il segno di una trasformazione profonda: il cattolicesimo del futuro sarà necessariamente più colorato, multiculturale, radicato nei bisogni concreti delle persone.
La distribuzione geografica vede l’Europa in testa con 53 elettori, seguita dalle Americhe (37), dall’Asia (23), dall’Africa (18) e dall’Oceania (4). La presenza massiccia di nuovi cardinali da contesti missionari, da Paesi in crisi politica o economica, da Chiese minoritarie, porta al Conclave una sensibilità molto diversa rispetto a quella, ad esempio, dei Concili post-bellici del Novecento.
Il mosaico dei 135 (anzi, 134: grande assente Angelo Becciu, escluso a causa della condanna vaticana per abuso d’ufficio. Non parteciperà al Conclave, segnando così una delle prime applicazioni concrete delle riforme di trasparenza volute da Francesco, ndr) racconta quindi una Chiesa in cammino: capace di guardare alle tradizioni millenarie di Roma, ma anche di abbracciare il dinamismo delle periferie, i fermenti di fede delle nuove generazioni, le sfide geopolitiche di un mondo sempre più frammentato.
Il peso (dimezzato) dell’Europa
L’Europa, madre antica della Chiesa cattolica, si presenta ancora una volta al Conclave come la regione più rappresentata, ma il suo primato non è più incontrastato. Con 53 cardinali elettori, l’Europa porta in dote il peso della storia, della cultura teologica, delle istituzioni secolari. Italia, Spagna, Francia e Germania dominano l’elenco, con figure di grande esperienza e peso specifico, come Pietro Parolin, Segretario di Stato, o Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna.
Dal pragmatismo Usa al sogno latino-americano
Dalle grandi metropoli statunitensi ai villaggi sperduti dell’Amazzonia, il cattolicesimo americano si presenta al Conclave con la forza di 37 cardinali elettori. Un continente immenso e sfaccettato, dove convivono approcci pastorali diversi come i climi che lo attraversano. Gli Stati Uniti guidano il gruppo con dieci porporati: vescovi abituati a una Chiesa che dialoga con la democrazia pluralista, con il capitalismo aggressivo, con le sfide dei diritti civili. Figure come Blase Cupich e Wilton Gregory rappresentano una cattolicità pragmatica, attenta alla gestione, sensibile ai temi dell’inclusione.
Ma a Sud del Rio Grande, la musica cambia: l’America Latina porta in Conclave l’anima di una Chiesa popolare, vicina ai poveri, spesso impegnata in battaglie sociali ardue. Dal Brasile al Messico, passando per il Venezuela e la Colombia, i cardinali latinoamericani incarnano una fede capace di infiammare le masse ma anche di affrontare tensioni politiche e sociali brucianti.
Asia e Africa al centro della scena
Asia e Africa sono ormai pilastri del cattolicesimo globale. Con 23 cardinali asiatici e 18 africani, il Conclave 2025 sancisce definitivamente il sorpasso delle “Chiese giovani”. In Asia, spiccano realtà come le Filippine, il Paese cattolico più popoloso del continente, e l’India, dove la Chiesa vive una presenza spesso minoritaria ma fortemente attiva. I cardinali asiatici sono testimoni di comunità giovani, vibranti, spesso minoritarie, ma in rapido sviluppo: la loro energia missionaria è una delle grandi risorse della cattolicità contemporanea.
L’Africa porta la voce di una fede vissuta spesso sotto minaccia: guerre civili, persecuzioni religiose, povertà estrema. Eppure, i vescovi africani sono tra i più giovani, energici e missionari. Fridolin Ambongo (64 anni), arcivescovo di Kinshasa, è uno dei volti più rappresentativi: un pastore che ha saputo tenere insieme coraggio, diplomazia e profezia.
Oceania e territori lontani
Quattro cardinali soltanto, in un oceano di Paesi e isole: eppure l’Oceania al Conclave gioca una partita tutt’altro che marginale. Australia, Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea portano in dote esperienze ecclesiali peculiari, dove la Chiesa si misura ogni giorno con la sfida della multiculturalità e della convivenza religiosa. Anthony Fisher, arcivescovo di Sydney, rappresenta una Chiesa australiana forte, moderna, ma non senza contraddizioni. Più sorprendente ancora è la figura di Mykola Bychok, il più giovane cardinale elettore, vescovo per i cattolici ucraini in Australia, Nuova Zelanda e Oceania: a 45 anni incarna la speranza di una nuova generazione ecclesiale, capace di parlare linguaggi diversi, di muoversi tra culture distanti.
Chi guiderà la Chiesa? Volti e storie dei cardinali più attesi
Dietro ogni nome sulla lista dei 135 cardinali elettori si cela una storia, spesso straordinaria, capace di raccontare non solo il loro percorso personale, ma anche la trasformazione della Chiesa negli ultimi decenni. Ci sono cardinali che hanno vissuto il dramma delle guerre civili, come Fridolin Ambongo Besungu (64 anni) della Repubblica Democratica del Congo, testimone coraggioso nei momenti più bui del suo Paese. C’è Giorgio Marengo (50 anni), missionario in Mongolia, guida comunità minuscole disperse tra steppe e deserti, incarnando la fedeltà evangelica nelle periferie del mondo.
Alcuni cardinali sono veri “ponti viventi” tra culture e religioni: Pierbattista Pizzaballa (59 anni), patriarca latino di Gerusalemme, incarna il delicato equilibrio tra fede, diplomazia e politica nel cuore tormentato del Medio Oriente. Altri, come Baltazar Enrique Porras Cardozo (79 anni), decano della Chiesa venezuelana, ha affrontato persecuzioni politiche e crisi economiche devastanti. Sono figure che raccontano, ciascuna a modo suo, cosa significa essere Chiesa oggi: resistenza, fede, creatività, capacità di navigare in tempi difficili senza perdere la bussola della carità e della speranza.
Tra questi uomini, emergono inevitabilmente alcuni nomi che il mondo osserva con particolare attenzione, considerandoli papabili. Pietro Parolin (69 anni), Segretario di Stato, unisce una carriera diplomatica brillante a una profonda conoscenza degli ingranaggi della Santa Sede. È l’uomo dell’equilibrio, capace di muoversi con discrezione tra dossier complessi e sfide internazionali. Matteo Maria Zuppi (69 anni), arcivescovo di Bologna, è invece il volto di una Chiesa capace di parlare al mondo moderno senza perdere la sua anima: dialogo interreligioso, inclusione sociale, una pastorale che non ha paura delle periferie umane.
Luis Antonio Tagle (67 anni), filippino, Prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, è forse il volto più “francescano” tra i papabili: empatico, comunicativo, vicino ai poveri. Péter Erdő (72 anni), primate d’Ungheria, è il candidato di coloro che sognano un ritorno a un cattolicesimo più ordinato e tradizionale, mentre Jean-Claude Hollerich (66 anni), arcivescovo di Lussemburgo, intellettuale raffinato, impegnato a coniugare il Vangelo con i grandi interrogativi della società europea contemporanea, incarna una visione progressista, pronta a raccogliere alcune delle sfide culturali più spinose che scuotono oggi l’Europa.
Il mondo che il nuovo Papa erediterà è un luogo segnato da profonde fratture e sfide globali inedite. La secolarizzazione in Occidente procede senza sosta, mentre in Asia e Africa la Chiesa cresce ma deve convivere con persecuzioni e marginalizzazioni. Il cambiamento climatico, la migrazione di milioni di persone, l’inarrestabile rivoluzione tecnologica, le nuove forme di povertà: sono tutte questioni che richiedono una guida spirituale ma anche profondamente realista.
Il futuro Pontefice dovrà saper parlare al cuore degli uomini e delle donne di oggi senza chiudersi nella nostalgia del passato, ma senza neanche cedere alla tentazione di diluire il messaggio evangelico per renderlo più “digeribile”. Dovrà essere un costruttore di ponti, un artigiano della pace, un visionario capace di ridare slancio a una Chiesa tentata dall’irrilevanza. Sarà fondamentale che conosca la complessità del mondo globale, che sappia comunicare con i giovani, che sappia camminare accanto ai poveri senza paura e senza retorica. Quale volto saprà raccogliere questa immensa sfida?