Un giovane su tre ha paura di fare un figlio, le proposte per invertire il trend
- 20/06/2024
- Giovani
Non adesso. È quello che dicono i giovani quando pensano all’idea di avere un figlio: una scelta che viene spesso rimandata al futuro, un futuro indefinito come incerta è la situazione che i ragazzi sentono di vivere nel momento attuale. E così la genitorialità si sposta sempre più avanti, a volte anche troppo.
Le difficoltà dei ragazzi si riflettono nei tassi di natalità italiani, che ormai ogni anno fanno segnare record negativi e gettano ombre sulla tenuta del nostro sistema sanitario e di welfare e in generale sulla società. Fondazione Magna Carta ha realizzato un nuovo studio proprio per andare a fondo sulle motivazioni che frenano i giovani dal ‘mettere su famiglia’. La ricerca, dal titolo ‘Per una Primavera demografica’, è stata presentata oggi a Roma, alla presenza della ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, della sottosegretaria alla economia e alle finanze Lucia Albano, e del commissario straordinario Sisma 2016 Guido Castelli.
Duplice l’obiettivo dello studio, che non a caso è diviso in due parti. Dopo aver indagato le cause profonde della denatalità, Fondazione Magna Carta ha voluto anche avanzare una serie di proposte concrete per invertire il trend negativo delle nascite. In sintesi, spiega l’associazione, va creata una sinergia tra politiche pubbliche e welfare aziendale in modo da mettere in campo iniziative ampie e innovative che agiscano sì sull’aspetto economico, ma più in generale sul benessere della persona.
Manca una rete di supporto pubblica o privata
Secondo lo studio, condotto su un campione di 1072 persone suddiviso tra giovani (17-28 anni) e adulti over 29, a cui si aggiungono alcune categorie specifiche – in particolare 400 insegnanti, 60 operatori sanitari e 70 psicologi – in Italia quasi un giovane su 3 ha paura di mettere al mondo un figlio, mostra “una palpabile esitazione”.
Questo perché sente che manca una rete di supporto pubblica o privata e pensa di non avere garanzie di una rete di sicurezza collettiva in grado di ridurre le inquietudini legate alla dimensione familiare.
• In poche parole, non si mettono al mondo figli soprattutto perché “costano”: le preoccupazioni economiche sono uno dei fattori più importanti che frenano la natalità, con gli adulti che danno una valutazione più alta (9 su 10) a questa motivazione rispetto ai giovani (6 su 10).
• Ma ci sono altre cause: le limitazioni legate alla carriera e al tempo personale rappresentano un forte motivo per non avere figli, per entrambi i gruppi di età. Un problema sentito soprattutto dalle donne adulte, con una valutazione di 7,5 su 10.
• E ancora, una parte viene svolta dai “convincimenti personali”, che per 8 su 10 rispondenti in entrambe le fasce d’età è uno dei motivi rilevanti per non diventare genitori. Un dato che evidenzia un cambiamento culturale e sociale rispetto all’attitudine verso la genitorialità. Se prima si guardava con ottimismo al futuro, adesso ci si chiede “cosa viene dopo” avere avuto un figlio.
Insomma, dallo studio della Fondazione Magna Carta emerge come le cause profonde del calo delle nascite in Italia siano in primis economiche e lavorative, ma come ad esse si affianchino paure, resistenze e nuove fragilità che vanno allo stesso modo tenute in conto.
Ecco perché la seconda parte della ricerca approfondisce le buone pratiche di welfare aziendale che le imprese mettono in campo per favorire la maternità, la paternità, la conciliazione e in generale il benessere delle persone, in modo da stabilire un nuovo modello di partenariato tra pubblico e privato in cui le istituzioni possano supportare le aziende impegnate in questo percorso.
Per questo tipo di lavoro, il think tank si è avvalso della collaborazione di JOINTLY, Engineering, WellMakers by BNP-Paribas e Prysmian Group, che rappresentano oltre 30mila dipendenti con quasi 900 sedi operative a livello nazionale. E di altre sei aziende che operano nei settori della distribuzione alimentare, della cosmesi e dell’abbigliamento.
Ma non solo: Fondazione Magna Carta ha deciso di istituire un Osservatorio sulla crisi demografica per continuare a indagarne le cause, valutare politiche pubbliche favorevoli alle imprese e sostenere giovani e famiglie.
Le best practice del welfare aziendale
Quali sono dunque gli strumenti che a livello di imprese si sono rivelati più efficaci per incoraggiare la natalità?
● Lavoro ibrido. Due terzi delle aziende intervistate hanno giudicato l’efficacia dello smart working con un punteggio alto, pari a 8,5 in una scala da 1 a 10
● Politiche di conciliazione. La maggioranza delle aziende le ha attuate, in particolare rispetto all’organizzazione del tempo di lavoro (part time, flessibilità degli orari), e le ha valutate con un punteggio medio di efficacia pari a 9 su 10
● Piattaforme di welfare aziendale. Nel concreto, le chiavi emerse sono tre: ascolto attivo, personalizzazione e digitalizzazione dei servizi
● Servizi e iniziative in favore della genitorialità. Ad esempio, i campi estivi e i soggiorni invernali per i figli dei dipendenti hanno ottenuto una valutazione di efficacia pari a 7,5 su 10. Ma ci sono anche i corsi e i servizi di consulenza su misura per rispondere ad esigenze specifiche dei genitori, oltre ai programmi dedicati all’orientamento scuola-lavoro. Un terzo delle aziende intervistate, negli ultimi sette anni, ha organizzato corsi specifici per i neogenitori, workshop e programmi educativi a sostegno della genitorialità, valutati come utili: 7,5 su 10.
Da tre anni, inoltre, una parte delle imprese del campione fornisce unilateralmente servizi di babysitting ai dipendenti, una misura giudicata 7 su 10 quanto a efficacia
● Congedi prolungati. Questa iniziativa è considerata molto utile, con un giudizio pari a 8 su 10. Stesso voto per il congedo di paternità, che guadagna rapidamente terreno in ambito aziendale
● Incentivi economici e gender pay gap. Agire sulla leva economica è sicuramente un modo efficace per diminuire la denatalità, un esempio ne sono i rimborsi per gli asili nido, valutati con efficacia 7 su 10 da un terzo delle aziende campione
● Tutela della salute riproduttiva. Anche in campo sanitario le imprese possono agire, offrendo alle dipendenti screening periodici, pacchetti di check-up e servizi specializzati di medicina di genere. I risultati di queste misure sono stati valutati con un punteggio di 7 su 10. Tra le iniziative più apprezzate vi è il counseling relazionale, valutato utile con voto 8 su 10.
● Supporto all’istruzione e alla formazione. Le aziende possono attivare rimborsi per le tasse scolastiche, per l’acquisto dei libri scolastici, borse di studio, tutoraggio per i compiti a casa, e integrare le spese delle famiglie nella prima infanzia. Particolarmente apprezzate le borse di studio la cui utilità è giudicata 9 su 10, mentre la copertura delle spese relative alla prima infanzia e all’assistenza domiciliare ottiene un punteggio di 7,5.
Le proposte della Fondazione Magna Carta
Problemi e paure concrete delle persone da un lato e best practice delle aziende dall’altro. Il quadro tratteggiato dallo studio della Fondazione Magna Carta è approfondito e articolato, e ha consentito al think tank di stilare delle proposte, consegnate al decisore politico.
• La prima è quella di valorizzare l’esperienza degli ‘asili nido diffusi’ o ‘di prossimità’, un modello che mette in relazione aziende, infrastrutture scolastiche private e territorio, per garantire un servizio di assistenza ai dipendenti con figli da 0 a 3 anni. Funziona così: le aziende individuano e selezionano le strutture di assistenza all’infanzia in base alla loro convenienza e alla qualità dei loro servizi. In queste strutture i dipendenti hanno un diritto di precedenza sulle iscrizioni. In tal modo si riducono i tempi necessari ai genitori per inserire i figli nei nidi, e si diminuisce lo stress correlato. Inoltre, i dipendenti potrebbero godere di tariffe agevolate negli asili, finanziate in parte o completamente dalle aziende.
• Ancora, le imprese potrebbero fornire dei ‘voucher baby-sitter’ che prevedano un numero di ore prestabilito di baby-sitting a disposizione dei genitori, oppure servizi come il “baby-sitting last minute”, per far fronte a improvvise emergenze personali o professionali.
• Altra proposta è quella di rafforzare iniziative pubblico/private per abbattere parzialmente o totalmente il costo dei centri estivi. Si potrebbero prevedere costi differenziati in base al reddito familiare, forme di sponsorizzazione diretta da parte delle aziende o borse di studio ad hoc per i bambini e gli adolescenti più svantaggiati cofinanziate dagli enti locali attraverso donazioni private e crowdfunding
• Quanto al congedo parentale, l’obiettivo dovrebbe essere quello di stabilizzare questa misura, rendendo strutturali gli indennizzi all’80% e portandoli ad almeno 3 mesi.
• Andrebbero poi previsti meccanismi di decontribuzione per le aziende che investono risorse nelle misure in favore della neo-genitorialità
• Capitolo smart working: fondamentale consolidare una cultura basata su un orario di lavoro agile e flessibile, e dunque sull’alternanza tra presenza e lavoro a distanza.
Quello che in definitiva è necessario, sottolinea la Fondazione, è pensare ad azioni a lungo termine, di sistema, nelle quali la demografia sia intesa come un investimento e non solo come un costo, come sottolinea Annamaria Parente, Capo-progetto Per una Primavera Demografica e Coordinatrice dell’Area sanità e welfare – Scienza e Persona del Comitato Scientifico di Fondazione Magna Carta: “È necessaria una politica a lungo termine con la collaborazione di istituzioni, territori e aziende per invertire i dati sul calo delle nascite. L’obiettivo è da un lato dare valore sociale alla maternità e alla paternità e dall’altro incoraggiare quel desiderio di futuro che comunque persiste nei giovani”.
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