Trump revoca visto a studenti cinesi: quanto costerà ad Harvard?
Il presidente statunitense Donald Trump ha anticipato le sue intenzioni di revoca dei visti per gli studenti cinesi. Un duro colpo per le università degli Stati Uniti che si ritroveranno finanze e talenti scarseggiare. La decisione arriva sulla scia della battaglia intentata ai danni dell’Università di Harvard.
L’offensiva del tycoon è alimentata dalla convinzione che le università americane promuovano ideologie progressiste e debbano essere riformate. Inoltre, il governo ha giustificato le sue azioni citando la presunta “fuga di cervelli” e il furto di tecnologia da parte di studenti stranieri. Harvard ha risposto con azioni legali, sostenendo che l’amministrazione sta violando la libertà accademica e la libertà di espressione.
Ma quanto costa alle università – e alla formazione dei nuovi talenti americani – tutto questo?
Una vendetta personale?
L’amministrazione Trump continua la propria e personale battaglia contro le università. Nel mirino, una per tutte, c’è Harvard. Il tycoon si è limitato, per il momento, a sospendere i nuovi colloqui per i visti studenteschi in attesa di nuove misure per verificare gli account social dei richiedenti.
Mossa che arriva dopo una serie di tagli ai finanziamenti e attacchi pubblici che hanno fatto credere ci sia una questione personale dietro il comportamento del presidente statunitense.
In effetti, come riporta The Economic Times, le prove indicherebbero che Barron Trump, il figlio di Donald, abbia effettivamente fatto domanda ad Harvard, ma non sia stato accettato. Il suo percorso accademico è iniziato alla Columbia Grammar and Preparatory School di New York. “Nel settembre 2017, dopo la prima elezione di Donald Trump, Barron si è trasferito alla St. Andrew’s Episcopal School nel Maryland. Dopo la sua esperienza alla Casa Bianca, si è iscritto alla Oxbridge Academy di West Palm Beach, in Florida, dove si è laureato nel 2024. Attualmente frequenta la Stern School of Business della New York University, dove ha iniziato a studiare nell’autunno dello stesso anno”, scrive il quotidiano.
Una vendetta personale, si presume, che costa migliaia di dollari e fuga di talenti senza precedenti.
Il costo dei visti revocati agli studenti cinesi
Le università americane hanno aumentato significativamente le iscrizioni di studenti cinesi negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008-2009, quando molte hanno subito carenze di bilancio. In genere, gli studenti universitari cinesi pagano l’intera retta universitaria, una fonte di entrate fondamentale per le università.
Uno studente internazionale su quattro proviene dalla Cina, e gli studenti cinesi costituiscono una quota particolarmente elevata del corpo studentesco nelle migliori università statunitensi. Dopo la laurea, molti assumono ruoli chiave nelle attività scientifiche e ingegneristiche statunitensi. Un forte calo delle iscrizioni cinesi potrebbe incidere gravemente sui profitti delle scuole e danneggiare la competitività degli Stati Uniti.
“I costi economici sono evidenti”, ha affermato Yingyi Ma, sociologa della Syracuse University, al Wall Street Journal. “Il costo del talento ha conseguenze ancora più gravi”.
Il Segretario di Stato Marco Rubio ha dichiarato lo scorso mercoledì che gli Stati Uniti revocheranno i visti agli studenti, compresi quelli con legami con il Partito Comunista Cinese o che studiano in settori critici. Un’azione definita “discriminatoria e motivata solo politicamente” da parte di un portavoce del ministero cinese degli Esteri.
Per anni, la Cina è stata il principale fornitore di studenti internazionali per le università statunitensi. Seconda solo all’India che invia più studenti internazionali, ma non sempre universitari.
“Ciò significa che la Cina rimane il maggiore acquirente di servizi legati all’istruzione, tra cui la spesa per tasse universitarie e libri. Con 14,3 miliardi di dollari nel 2023, il 21% in più rispetto agli 11,8 miliardi di dollari spesi dagli studenti provenienti dall’India e più di sei volte tanto rispetto agli studenti provenienti dalla Corea del Sud, un altro importante fornitore di studenti internazionali per gli Usa”, riporta il quotidiano statunitense.
Nel 2023, i servizi legati all’istruzione rappresentavano il 5% delle esportazioni di servizi degli Stati Uniti verso il mondo, mentre rappresentavano il 31% delle esportazioni di servizi verso la Cina.
L’ombra sulle Stem
Ad essere presi di mira, nella fattispecie, sono gli studenti cinesi iscritti a corsi Stem. La rivalità commerciale e politica tra Washington e Pechino ha portato, nei mesi scorsi, il senatore repubblicano dell’Idaho Jim Risch a definire tutti gli studenti Stem provenienti dalla Cina come “agenti del Partito Comunista Cinese”.
Una commissione della Camera dedicata al “problema Cina”, la scorsa settimana, aveva chiesto ad Harvard informazioni sulla sua partnership con entità cinesi e sugli studenti. Secondo la commissione, studiare negli Usa sarebbe solo un trampolino di lancio per questi giovani che poi si affretterebbero a portare le capacità acquisite in aziende cinesi. La realtà, però, è un po’ diversa: nel 2023, secondo la Fondazione statunitense per la scienza, l’83% dei laureati cinesi in discipline Stem che ha conseguito il dottorato tra il 2017 e il 2019 si trova ancora negli Usa.