La Sicilia e il diritto di restare: “Questa è la mia terra e io la difendo”
- 22/08/2024
- Giovani
Nel corso degli ultimi due decenni, la Sicilia ha vissuto un’emorragia demografica preoccupante: 560mila persone hanno lasciato l’isola tra il 2001 e il 2021, con un’incidenza allarmante sui giovani tra i 18 e i 35 anni, che costituiscono il 60% di questi migranti. Questo fenomeno, alimentato da una mancanza di opportunità e da condizioni economiche sfavorevoli, ha spinto molti a cercare fortuna altrove, lasciando dietro di sé un vuoto di talenti e speranze. Ma ora, una nuova iniziativa si prepara a dare voce a chi ha deciso di restare e a combattere per un futuro migliore. A Campobello di Licata (Agrigento) si alza un grido controcorrente: “Questa è la mia terra e io la difendo”. È il motto di un festival (in programma il 22 e 23 agosto) che non si accontenta di lamentare lo spopolamento, ma che al contrario celebra il coraggio di chi sceglie di restare e di combattere per un futuro possibile nella propria terra.
È un grido collettivo, un richiamo potente al diritto di restare, di costruire e di vivere in un territorio che spesso spinge i suoi figli più giovani a cercare fortuna altrove. Il Festival, alla sua seconda edizione, organizzato dal Centro Studi Giuseppe Gatì, nasce dall’energia e dalla passione di un gruppo di siciliani e siciliane – sia di nascita che per scelta – che si sono uniti per difendere un principio fondamentale: il diritto a non dover abbandonare la propria terra.
Una Sicilia che sceglie di restare
Il Festival è solo una delle tante iniziative messe in campo dal Centro Studi Giuseppe Gatì, fondato nel settembre 2023 con l’obiettivo di proseguire l’eredità di un giovane coraggioso, Giuseppe Gatì, che ha dedicato la sua breve vita a lottare per il diritto di restare in Sicilia. Con il suo blog “La mia terra la difendo”, Giuseppe denunciava la cultura della fuga, quella stessa cultura che spinge migliaia di giovani a lasciare l’isola in cerca di opportunità. A soli 22 anni, Giuseppe è stato tragicamente strappato alla vita da un incidente sul lavoro, ma il suo messaggio e il suo impegno continuano a vivere attraverso le attività del Centro Studi a lui dedicato.
“Vogliamo dare continuità alla passione e al sacrificio di Giuseppe,” affermano gli organizzatori, sottolineando l’importanza di un movimento che non vuole soltanto commemorare, ma agire concretamente per un cambiamento. Il Festival è, infatti, un momento di confronto, testimonianza e dibattito, ma anche una grande festa con artisti e musicisti che si esibiranno per celebrare una Sicilia che sceglie di restare.
L’edizione 2024 del Festival “Questa è la mia terra e io la difendo” è pensata come un punto di incontro per chi crede nel potenziale della Sicilia e vuole contribuire a invertire la tendenza allo spopolamento. “Non siamo solo una terra di emigranti, siamo una terra che può offrire opportunità, se sappiamo crearle e valorizzarle”, dichiarano gli organizzatori. Il Festival mira a sensibilizzare l’opinione pubblica sul diritto a restare, perché nessuno dovrebbe sentirsi costretto ad abbandonare il luogo in cui è nato o in cui desidera vivere.
Ma cosa significa, in concreto, garantire il diritto a restare? Per Livio La Mattina, Marketing Manager dell’Università LUMSA e originario di Campobello di Licata, “significa creare le condizioni per cui restare non sia più un atto di resistenza, ma una scelta naturale. Significa investire in istruzione, infrastrutture, cultura, in tutto ciò che può rendere un territorio vivibile e prospero”. E proprio l’Università LUMSA sta cercando di fare la sua parte, investendo nel nuovo campus di Palermo, con l’obiettivo di offrire ai giovani siciliani un’alternativa concreta all’emigrazione.
Il festival si svolge in un contesto che, per molti, rappresenta una realtà difficile, caratterizzata da una fuga massiccia dei giovani in cerca di migliori opportunità altrove. La professoressa Marianna Siino dell’Università LUMSA del Campus di Palermo, che interverrà durante l’inaugurazione, sottolineerà come “il fenomeno dell’emigrazione giovanile sia ormai una piaga sociale che ha svuotato intere aree del Mezzogiorno, lasciando dietro di sé città e paesi privi della loro linfa vitale: i giovani”. Eppure, il festival non sarà solo un momento di riflessione, ma anche un’occasione per riscoprire le radici e per comprendere che restare non è un’opzione da scartare a priori, ma una scelta consapevole e coraggiosa.
Progetto MA.DRE mappa i sogni dei giovani siciliani
Al centro delle discussioni del festival ci sarà il progetto MA.DRE (Mapping Dreams to Safeguard Students’ Choices), la prima grande esperienza di ricerca del Centro Studi Giuseppe Gatì. Da gennaio ad aprile 2024, il progetto ha coinvolto 1.800 studenti delle scuole superiori della provincia di Agrigento, raccogliendo le loro aspirazioni e paure riguardo al futuro. Il progetto MA.DRE solleva questioni cruciali: dalle disuguaglianze territoriali e di genere, alla percezione dei cambiamenti climatici, fino alla visione del futuro della Sicilia in termini di progresso e sviluppo.
Il progetto ha messo in luce un quadro preoccupante: la maggior parte dei giovani siciliani non vede un futuro nella propria terra. Secondo i dati raccolti, più del 78% degli intervistati percepisce la Sicilia come una regione con meno opportunità rispetto al resto d’Italia, mentre solo l’1,68% ritiene che le opportunità siano superiori. Particolarmente marcato il divario di genere, con l’81% delle giovani donne che ritiene impossibile costruire un futuro qui. Tuttavia, c’è un pallido ottimismo all’orizzonte: la maggior parte degli intervistati (54.7%), guardando al futuro della Sicilia, prevede un lieve miglioramento per i prossimi 10 anni.
L’Intergruppo parlamentare per il diritto a restare
“Questi dati non devono rimanere solo numeri su un foglio – afferma Giovanna Iacono, deputata del Partito Democratico e promotrice dell’intergruppo parlamentare per il Diritto a Restare, nato dall’esperienza del festival “Questa è la mia terra” – ma devono trasformarsi in azioni concrete. Il nostro obiettivo è garantire che ogni giovane siciliano possa scegliere di restare nella propria terra, senza sentirsi costretto ad andarsene”.
“L’idea di creare questo Intergruppo nasce dalla sollecitazione di giovani del mio territorio, ma anche dalla volontà mia e dei colleghi che hanno aderito di fare analisi e studio delle cause che hanno portato allo spopolamento di intere aree territoriali”, ha spiegato Giovanna Iacono. “L’intergruppo parlamentare vuole dare voce a tutti quei territori che per diversi motivi vivono svantaggi di tipo economico e sociale e che sono interessati dal fenomeno della fuga in uscita, divenendo così un punto di riferimento per queste realtà”.
Il futuro della Sicilia
Le testimonianze di chi parteciperà al Festival offrono un quadro vivido della realtà siciliana e delle difficoltà incontrate da chi sceglie di restare. Martina Sardo, una dottoranda in Diritti Umani all’Università di Palermo, ricorda con emozione i confronti con i suoi coetanei, dieci anni fa, al momento di decidere se lasciare o meno la Sicilia. “Mi sono ritrovata a discutere con i miei compagni di scuola delle stesse paure, incertezze e speranze che avevamo allora. Oggi, con più consapevolezza e competenze, stiamo provando a “costruire” reti e a mettere in circolo idee innovative, riflessioni ma soprattutto volti e storie di persone che stanno investendo e progettando sul territorio. Stiamo studiando e promuovendo la ricerca sui temi della restanza, perché i dati e le analisi elaborate possano tornare utili a cittadini, imprese e istituzioni per interrogarsi (e agire concretamente) sulla possibilità, per ciascuno, di scegliere la sua terra. E perché andare via dalla Sicilia possa essere una scelta non una costrizione”.
Anche Gaetano Gatì, impegnato nell’organizzazione del Festival nonostante viva e lavori da oltre dieci anni fuori dalla Sicilia, vede nel diritto a restare un’opportunità di riscatto. “Ho dovuto lasciare la mia terra per trovare opportunità altrove, ma il legame con la Sicilia è sempre stato forte. Questo Festival rappresenta un recupero delle mie radici che passa anche attraverso il recupero di tutti quei compagni di viaggio che ho dovuto lasciare per via di questa fuga forzata”.
Il Festival “Questa è la mia terra e io la difendo” non si propone solo di fare un bilancio della situazione attuale, ma di guardare avanti, proponendo soluzioni concrete per costruire una Sicilia diversa, più inclusiva e capace di offrire opportunità ai suoi giovani. In questo senso, le parole di Calogero Patti, un siciliano che ha deciso di restare nonostante le difficoltà, sono particolarmente significative. “Penso che la mia generazione sia stata derubata delle proprie opportunità: noi siamo gli esodati al contrario. Ma credo nel diritto a restare e lotto con tutto me stesso affinché le future generazioni abbiano tutte le occasioni che io non ho avuto”.
Anche chi ha lasciato la Sicilia ha sentito il richiamo del festival. Angelo Tarditi, che da dieci anni vive a Torino, ha fondato lì la sua azienda di comunicazione, ma non ha mai dimenticato le sue origini: “Ho scelto di far parte dell’organizzazione del festival perché credo nel diritto a restare. Andare via può essere un’opzione, ma non deve essere l’unica. ‘Questa è la mia terra’ dimostra che è possibile costruire qui. Spero che possa essere un esempio per tutti coloro che vogliono restare o tornare”.
Il festival è un inno alla gioia e alla speranza, ma anche con la consapevolezza che la strada da percorrere è ancora lunga. Giorgia Giudice, dottoranda tra Sicilia e Paesi Bassi con un progetto di ricerca sulla desertificazione, riflette sul significato del festival: “Ho scoperto ‘Questa è la mia terra’ durante la prima edizione e ho capito che contribuire al progetto di ricerca MA.DRE sarebbe stato il mio modo per sostenere il diritto a restare. Per me, questa lotta significa opporsi allo svuotamento fisico e culturale dell’isola e delle sue periferie, battendosi per il diritto di poter scegliere di rimanere, viverci per la prima volta o tornare. È un impegno per la reinvenzione collettiva della Sicilia e del Sud Mediterraneo.”
Alessia Traina, giovane architetta che vive a Torino ma ha le sue radici nell’entroterra siciliano, condivide: “’Questa è la mia terra’ è per me una lotta personale e collettiva. La forza del festival risiede nella nostra non accettazione del fatto che andare via a 18 anni sia diventato una norma. Credo fermamente in un futuro diverso, dove il Meridione possa trovare un nuovo equilibrio grazie alla flessibilità degli spostamenti e del mondo lavorativo contemporaneo”.
Massimo Lo Leggio, siciliano trapiantato in Umbria e insegnante di lettere con un lungo percorso nell’organizzazione di eventi, aggiunge: “Anche se vivo fuori dalla Sicilia da sempre, partecipo all’organizzazione di ‘Questa è la mia terra’ perché ho riscoperto, insieme ai miei amici, la forza del legame con la nostra terra. Questo festival per me è un’opportunità per recuperare e consolidare le mie origini, e per offrire alle persone la possibilità di costruire un futuro in una terra che deve reinventarsi”.
Insieme, questi rappresentanti delle diverse generazioni e percorsi di vita testimoniano la forza e la determinazione di una Sicilia che sceglie di non arrendersi e di lottare per un futuro dove restare e prosperare sia non solo possibile, ma anche desiderabile.
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