Meno studenti, meno scuole: le conseguenze del calo demografico
- 05/12/2023
- Giovani
Immagina che la scuola che hai frequentato anni fa, quella storica della città in cui sei cresciuto, dovesse improvvisamente chiudere a causa della mancanza di alunni. Si tratterebbe di una perdita enorme che vedrebbe coinvolte diverse realtà, enti e associazioni, in un lavoro di ridimensionamento delle proposte sui territori per i giovani studenti, costretti a spostarsi più lontano per poter accedere al proprio diritto di formazione e istruzione. E bene, è quanto sta accadendo all’Italia, ormai da diversi anni. Un fenomeno che sta portando a proteste e malcontenti da parte delle opposizioni politiche regionali e comunali in tutta la Nazione.
L’accorpamento delle scuole è una delle conseguenze dell’inverno demografico. Sempre meno studenti, sempre meno scuole: così si potrebbe riassumere il fenomeno che sembra possa minare l’istituzione della formazione e dell’istruzione a danno dei giovani alunni, delle famiglie e di un patrimonio sociale che è il capitale umano che andrà disperso.
Il fenomeno da Nord a Sud
Negli scorsi giorni, la Giunta regionale del Friuli-Venezia Giulia ha approvato l’aggiornamento del Piano di dimensionamento delle scuole per l’anno scolastico 2023/2024, per trasmetterlo all’Ufficio Scolastico Regionale. Per la precisione sono state accorpate dieci dirigenze scolastiche. Una scelta che ha fatto scattare una doppia protesta con una manifestazione a Trieste sotto il palazzo della Giunta e un presidio a Udine il primo dicembre.
Nelle Marche, il quotidiano il Resto del Carlino, ha soprannominato lo stesso fenomeno che si sta verificando a Pesaro come “Il risiko delle scuole”. Entro il 6 dicembre, infatti, la Provincia dovrà deliberare il dimensionamento della rete scolastica provinciale, tenendo conto che l’amministrazione regionale ha prescritto il taglio di 19 autonomie, di cui quattro nel territorio di Pesaro Urbino.
Anche in Emilia-Romagna, il dimensionamento scolastico della provincia di Reggio Emilia ha portato studenti a protestare in piazza Italia per l’unione della dirigenza degli istituti comprensivi Moscato-Gallina e Nosside-Pythagoras. Quest’ultimo, già sotto i riflettori per la clamorosa chiusura del plesso della media, giudicato a grave rischio strutturale e rapidamente evacuato negli scorsi mesi.
E al Sud, le cose sembrano anche essere peggiori. In Sicilia, ad esempio, una raccolta firme contro il taglio dei plessi e delle dirigenze si sta opponendo a quelle che sembrano essere oltre 90 scuole che verranno accorpate ad altre, in tutta la regione, di cui otto in città e nove in provincia di Palermo.
In Campania, invece, la Regione ha fatto ricorso al Tar, accolto positivamente nel mese di ottobre, in cui si chiedeva la sospensione del decreto interministeriale sul dimensionamento scolastico. Il Tar ha accolto la richiesta di rimessione alla Corte costituzionale contro il decreto con il quale il numero delle autonomie scolastiche era stato ridotto da 965 a 839.
Cosa accade?
Cosa accade quando le scuole vengono accorpate e con esse le dirigenze? Molteplici possono essere le conseguenze di questo fenomeno. In primis, sicuramente i tagli al personale, con il rischio di fornire un servizio non più qualitativamente elevato e maggior dispendioso per il personale attivo rimanente. Il costo umano di questa misura porterebbe ad allontanare verosimilmente i docenti dagli studenti, in numero maggiore a quello fino ad oggi previsto, con il rischio di creare un ulteriore divario tra generazioni differenti.
Ciò potrebbe non rispecchiare un modello che invece sarebbe più indicato da perseguire per affrontare le altre sfide alle quali oggi siamo chiamati a rispondere. Parliamo, ad esempio, dello spopolamento di piccoli centri urbani e del calo della natalità che rischia di peggiorare se venissero a mancare servizi primari come plessi scolastici nelle immediate vicinanze delle abitazioni, anche nei piccoli comuni che rappresentano un patrimonio nazionale.
La scuola ‘Made in Italy’
Intanto, a partire dal gennaio 2024, gli studenti dovranno scegliere in quali istituti proseguire i propri studi, tenendo conto che, con il Ministero dell’Istruzione e del Merito, la scuola sta subendo una profonda mutazione, almeno apparentemente. Si tratta di tre principali riforme con cui il ministro Valditara ha deciso di rimodellare tale istituzione:
- Il modello “4+2”.
Si tratta di una nuova filiera tecnologico-professionale “4+2”. Quattro anni di formazione secondaria saranno poi seguiti da due anni in Its Academy. Al momento su base volontaria, è una parte del decreto che si pone l’obiettivo di raggiungere mille istituti quadriennali in linea con il Pnrr. La direttiva è quella di favorire e incentivare l’apprendimento, secondo una maggiore internazionalizzazione attraverso certificazioni e metodologie innovative. - Riforma degli istituti tecnici e professionali. Con questa riforma si intende favorire un maggior collegamento con il mondo del lavoro e una forte apertura a una struttura curriculare flessibile orientata al mercato imprenditoriale territoriale. La sua attuazione è prevista per l’anno scolastico 2025/26, anche se il governo punta a partire già dal 2024/25.
- Il liceo del Made in Italy è la terza grande innovazione che già a partire da settembre 2024 proporrà un percorso formativo economico-giuridico, più l’insegnamento di almeno due lingue, così da proporre un rapporto più stretto con il mercato del lavoro e le filiere produttive del Made in Italy.
Didattica personalizzata e proposta di orientamento anche per i genitori sono le altre novità che punteranno a tirar fuori il meglio da ogni studente e propendere per il proseguimento degli studi in modo mirato.
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