Insegnanti di sostegno: in Piemonte 14.000 posti vacanti, ma solo 48 candidati
- 28/02/2024
- Giovani
È allarme insegnanti di sostegno in Piemonte: ne servono 14.000 ma al concorso dell’11 marzo ci sono solo 48 candidati. Una situazione critica che aumenta le difficoltà per bambine e bambini con forme di disabilità.
L’ennesima pagina dell’emergenza scolastica italiana, che deve fare i conti con una grave carenza di personale.
Quanti ragazzi diversamente abili sono privi di sostegno in Italia
L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior numero di alunni con disabilità iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado. Secondo i dati dell’Istat, nell’anno scolastico 2022/2023, gli alunni con disabilità erano 338.000, pari al 4,1% del totale degli iscritti. Si tratta di una quota in aumento rispetto agli anni precedenti, che richiede maggiore attenzione verso le esigenze educative speciali dei ragazzi con disabilità.
Necessità che raramente si traduce in una concreta inclusione scolastica e sociale proprio a causa della carenza di personale specializzato. Secondo la UIL Scuola, in Italia mancano più di 210.000 insegnanti e 36.000 Personale Ata, tra cui circa 29.000 insegnanti di sostegno. Questo significa che molti alunni con disabilità non hanno un insegnante di riferimento che li segua nel loro percorso educativo e formativo.
Le cause di questa carenza sono molteplici e complesse. Tra queste spiccano:
- il meccanismo di assegnazione del ruolo basato sulle graduatorie provinciali ad esaurimento (le Gae), che non garantisce una copertura equa e tempestiva delle cattedre vacanti;
- la mancanza di incentivi economici e professionali per gli insegnanti di sostegno, che spesso sono sottopagati;
- la formazione degli insegnanti di sostegno, che in molti casi non hanno una specializzazione adeguata;
- la mancanza di continuità didattica, che comporta frequenti cambi di insegnanti di sostegno per gli alunni con disabilità.
Tutti fattori che aumentano il rischio di marginalizzazione e discriminazione nella scuola e nella società, con effetti negativi sul benessere e sull’autostima di queste ragazze e ragazzi. La mancanza di sostegno adeguato agli alunni con disabilità penalizza anche gli altri alunni e gli insegnanti, che devono affrontare queste situazioni difficili e di conflitto senza le risorse e le competenze necessarie.
Il nodo specializzazione in Piemonte
Nel caso piemontese, il meccanismo si è inceppato nel rapporto tra scuola e Università, tanto che Maria Grazia Penna, segretaria regionale di Cisl Scuola, insieme a Flc Cgil, Uil Scuola e Rua, ha inviato una lettera aperta con “la ferma richiesta all’Università di Torino di un cambiamento di direzione e di una maggiore apertura riguardo all’accoglienza dei bisogni della scuola e dei docenti”.
“I docenti specializzati sono appena 5 mila su oltre 18 mila al lavoro quest’anno nelle classi piemontesi”, fa notare Penna. Il riferimento è al fatto che l’Università di Torino arriva a specializzare al massimo 600 docenti l’anno, motivo per cui l’Ufficio scolastico regionale ha deciso di non firmare il rinnovo del protocollo con l’Università torinese.
Secondo i dati di Cisl Scuola, i candidati per la scuola primaria iscritti alle prove in Piemonte sono appena 48 per 1.357 posti disponibili. “L’Università ha costantemente aumentato i numeri degli specializzandi sul sostegno, passando dai 200 del quinto ciclo ai circa 600 previsti per il nono ciclo”, replica UniTo che spiega: “preparare adeguatamente gli insegnanti specializzati richiede l’utilizzo di una didattica laboratoriale”.
Insomma, sostiene l’Ateneo, il problema è strutturale: sarebbe impossibile aumentare a dismisura il numero dei posti senza andare a diminuire la qualità della formazione.
Un meccanismo che non funziona
Si parta da un presupposto: in base alle norme italiane, senza il Tfa (Tirocinio formativo attivo) non si può partecipare al concorso per diventare insegnanti di sostegno, ma l’Università non riesce ad offrire abbastanza posti nel Tfa. Risultato: oltre i 2/3 dei i posti vacanti continueranno ad essere coperti da chi non ha titolo, spesso precari che cambiano scuola ogni anno.
“Il protocollo di intesa stipulato tra Ufficio scolastico regionale, Università di Torino e Regione Piemonte — spiega Stefano Suraniti, direttore dell’Usr — era finalizzato all’incremento dei posti per il Tfa sostegno: per la prossima annualità risulta assente questo presupposto, che aveva portato alla sua iniziale stipula. Il mancato incremento dei posti per la specializzazione sul sostegno comporta una grave criticità per le scuole e ancor più per i bambini e i ragazzi con disabilità del Piemonte”.
Le possibili soluzioni
Tra le possibili azioni, si possono indicare: la revisione del sistema di reclutamento e di assegnazione degli insegnanti di sostegno, basato su criteri di merito, di competenza e di vicinanza territoriale, il potenziamento della formazione iniziale degli insegnanti di sostegno, con percorsi specifici e aggiornati e il rafforzamento della continuità didattica, con la garanzia di un insegnante di sostegno stabile e qualificato per ogni alunno con disabilità.
Chiaramente, anche aumentare gli stipendi darebbe una grande mano al sistema, ma questo è un annoso problema che riguarda ogni settore in Italia, non solo quello scolastico.
È la stessa Università di Torino a proporre ulteriori soluzioni spiegando che: “La distanza tra il fabbisogno segnalato, circa 14 mila docenti di sostegno mancanti, e la possibilità realistica di formare adeguatamente personale specializzato è tale da richiedere interventi strutturali di altra natura”.
Che cosa è la cattedra inclusiva
Per risolvere, o almeno attenuare, il problema, l’UniTo fa riferimento alla cattedra inclusiva: “Se tutti gli insegnanti, e non solo quelli di sostegno, fossero più formati alla cultura, ne avrebbero un immenso beneficio non solo gli alunni con disabilità, ma tutta la classe”, scrive l’Università.
La proposta di legge della cattedra inclusiva è stata presentata pubblicamente il 25 gennaio 2024.
Redatta da un gruppo di esperti in inclusione scolastica, la proposta mira a una piena realizzazione dell’inclusione educativa, ridefinendo il ruolo e le responsabilità dei docenti e garantendo la continuità educativo-didattica.
La proposta prevede che tutti i docenti, sia quelli di materie disciplinari che quelli di sostegno, svolgano una parte del loro orario con incarico su posto comune e una parte con incarico su posto di sostegno. In questo modo, si vuole favorire una collaborazione tra i docenti e una condivisione delle responsabilità educative, oltre che una valorizzazione delle competenze e delle esperienze di ciascuno.
In un certo senso, si va nella direzione vista precedentemente: quella di aumentare la preparazione e renderla più specifica. Un aspetto fondamentale della proposta è, infatti, la formazione dei docenti. Verrà implementato un piano quinquennale di formazione per tutti i docenti in servizio, volto ad acquisire competenze coerenti con il percorso di specializzazione e l’abilitazione all’insegnamento.
I docenti con almeno 60 anni di età o 25 anni di servizio potranno scegliere se aderire o meno a questa nuova organizzazione, a meno che non esprimano il desiderio di partecipare attivamente.
In presenza di gravi e annosi problemi strutturali, una possibile soluzione per evitare la marginalizzazione di oltre 300.000 studenti a livello nazionale.
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