Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola: Bibbia, latino ed “educazione del cuore”
- 10 Luglio 2025
- Giovani
Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha presentato il testo definitivo con le nuove Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione, introducendo cambiamenti che ridisegnano l’assetto educativo italiano. Dal ritorno del latino alle scuole medie allo studio della Bibbia alle elementari, fino al controverso concetto di “educazione del cuore”, la riforma promette di trasformare radicalmente l’approccio didattico dall’anno scolastico 2026/2027.
L’Occidente al centro
Le nuove Indicazioni nazionali pongono l’Occidente al centro del percorso formativo, una scelta che riflette una precisa visione culturale. Questa impostazione mira a rafforzare l’identità europea e occidentale degli studenti, in un momento storico caratterizzato da crescenti sfide geopolitiche e culturali. Il documento introduce importanti innovazioni: la centralità della conoscenza come base delle competenze, un approccio interdisciplinare che integra le discipline Stem.
Si tratta di un cambio di paradigma che alcuni esperti definiscono il passaggio “dalla scuola dell’apprendimento alla scuola dell’insegnamento”.
Il ritorno del latino
Tra le novità c’è anche la reintroduzione del latino curricolare e opzionale a partire dalla seconda media. Una scelta che segna un ritorno al passato dopo decenni di marginalizzazione della lingua di Cicerone nei programmi scolastici. Il latino viene inquadrato come uno strumento per rafforzare le competenze linguistiche e la comprensione delle radici culturali europee.
L’iniziativa si inserisce in un contesto educativo che mostra segnali di difficoltà: meno della metà degli studenti all’ultimo anno delle superiori raggiunge livelli accettabili in italiano. Nel Centro-Sud la situazione è ancora più critica, con percentuali che scendono sotto il 50% per la comprensione dei testi scritti.
L’educazione del cuore
Il concetto di “educazione del cuore” rappresenta forse l’aspetto più innovativo e discusso della riforma. Questa dimensione pedagogica punta a integrare la formazione intellettuale con quella emotiva, riconoscendo l’importanza della sfera affettiva nel processo educativo.
L’approccio si basa sulla consapevolezza che l’apprendimento non è solo un processo cognitivo, ma coinvolge l’intera personalità dello studente. Una visione che trova riscontro nelle moderne neuroscienze educative, che evidenziano il ruolo cruciale delle emozioni nell’acquisizione delle conoscenze. Il reale impatto di questa riforma dipenderà dal contenuto di questa formazione. Un buon esempio arriva dal Giappone, dove l’educazione emotiva è stata introdotta nei licei con ottimi risultati. I ricercatori, tra cui Kohei Kambara dell’Università di Doshisha e Yugo Kira dell’Università di Kurume, hanno analizzato l’andamento dei sintomi depressivi confrontando gli studenti con alta frequenza (11+ incontri) con quelli meno presenti.
Il risultato è inequivocabile: nessun peggioramento nei sintomi depressivi per i partecipanti assidui, mentre il gruppo con minore frequenza ha mostrato un netto peggioramento.
Le reazioni del mondo accademico
La riforma ha suscitato reazioni contrastanti nel mondo accademico. Il filosofo Massimo Cacciari ha definito il ministero dell’Istruzione “una sciagura”, mentre altri esperti sottolineano la necessità di tradurre le innovazioni teoriche in pratica didattica concreta. Una petizione promossa dal gruppo “Il Gessetto” ha raccolto migliaia di firme per chiedere modifiche alle nuove Indicazioni nazionali, evidenziando come il dibattito sia ancora aperto e polarizzato.
Le sfide dell’implementazione
L’entrata in vigore delle nuove Indicazioni nazionali dal 2026/27 pone sfide concrete di implementazione. La formazione dei docenti, l’adeguamento dei materiali didattici e la revisione dei programmi richiederanno investimenti significativi e una pianificazione accurata.
Il ministro Valditara ha sottolineato la necessità di “ripensare l’insegnamento dell’italiano” considerando la comprensione del testo come “grande sfida”. Una priorità che emerge chiaramente dai risultati degli esami di maturità, che mostrano difficoltà persistenti nelle competenze e nelle conoscenze di base.
I numeri della dispersione scolastica
Mentre si introducono questi cambiamenti, i dati mostrano progressi significativi nella lotta alla dispersione scolastica. La percentuale di giovani 18-24enni che abbandonano gli studi è scesa dal 12,7% del 2021 al di sotto dell’obiettivo del 10,2% fissato dal Pnrr.
Tuttavia, cresce la cosiddetta “dispersione implicita”: studenti che conseguono il diploma ma senza competenze adeguate. Un fenomeno che riguarda il 31% degli studenti alla fine delle medie, particolarmente concentrato nelle regioni meridionali.
Verso una nuova identità scolastica
Le nuove Indicazioni nazionali rappresentano il tentativo di ridefinire l’identità della scuola italiana. La combinazione tra tradizione (latino, cultura occidentale) e innovazione (intelligenza artificiale, educazione emotiva) disegna un modello educativo che cerca di coniugare radici culturali profonde con le esigenze del XXI secolo. Una sfida molto ambiziosa. Il successo di questa riforma dipenderà dalla capacità di trasformare le intenzioni programmatiche in realtà didattica quotidiana, mettendo gli studenti al primo posto.
“Le nuove Indicazioni nazionali per il primo ciclo rappresentano una svolta culturale importante per una formazione di sempre maggiore qualità, all’insegna di un modello di scuola centrata sulla persona dello studente e sui valori costituzionali. Una scuola capace di coniugare la storia e la cultura del nostro passato con l’innovazione” ha dichiarato il Ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. Il testo sarà trasmesso al Consiglio di Stato per il relativo parere.