Giovani e risparmio, perché il tempo vale più del denaro
- 20 Ottobre 2025
- Giovani
Il 41% degli italiani guadagna meno di 15mila euro lordi all’anno. È un dato che ormai non sorprende più, ma che racconta molto della fragilità economica del Paese. Mentre l’inflazione erode in silenzio il potere d’acquisto, il lavoro resta spesso precario e i redditi stagnano. La conseguenza è un’Italia che fatica a risparmiare e ancor di più a pianificare.
“Il tempo è il capitale invisibile che i giovani hanno a disposizione”, spiega Antonio Amendola, portfolio manager e docente universitario. Una frase semplice, ma che racchiude un punto cruciale: in Italia non manca solo il denaro, manca soprattutto la consapevolezza di come gestirlo.
Il prezzo del tempo: perché iniziare tardi costa caro
Lo stipendio medio in Italia è di circa 30.800 euro annui, ma tra i giovani under 35 si ferma sotto i 22mila, secondo dati Istat. Significa meno margine per risparmiare, investire o progettare il futuro.
Negli ultimi quattro anni la spesa reale delle famiglie è calata di circa il 9%, segno che il reddito non regge l’aumento dei prezzi. L’inflazione agisce come una tassa invisibile, che riduce progressivamente il valore dei risparmi.
Eppure, per Amendola, la questione è anche culturale. “Il denaro non è un fine, ma uno strumento”, spiega. “Il problema non è quanto si ha, ma cosa si fa con ciò che si ha”.
Nella sua attività di divulgazione, l’esperto insiste su un concetto elementare ma poco compreso: la costanza batte la quantità.
Due risparmiatori ottengono un rendimento medio del 6%. Marco, a 18 anni, versa 200 euro al mese per 12 anni e poi smette. Luisa, a 35 anni, versa 400 euro fino ai 65. Dopo decenni, i due si ritrovano con capitali simili — circa 340mila e 400mila euro — ma Marco ha investito cinque volte meno. Il vantaggio non è nei soldi, ma nel tempo.
Secondo Amendola, è questa la logica che dovrebbe guidare le nuove generazioni: sfruttare la leva del tempo prima di accumulare capitale. Perché chi aspetta “di avere abbastanza” per cominciare, spesso non comincia mai. Un divario che trova conferma anche nella concentrazione della ricchezza tra le generazioni più anziane, dove il patrimonio italiano resta saldo nelle mani dei più maturi, lasciando ai giovani prospettive di accumulo sempre più deboli.
Risparmiare non basta
Solo quattro italiani su dieci possiedono competenze finanziarie di base, secondo l’Edufin Index 2024, e oltre il 12% è in pieno analfabetismo finanziario. Tra i giovani, la situazione non migliora: un terzo non distingue tra azioni e obbligazioni e più del 40% non comprende l’effetto dell’inflazione sui risparmi.
Le lacune sono più evidenti tra i più giovani e tra le donne. “Molti italiani confondono il risparmio con l’immobilità”, osserva Amendola. “Lasciare i soldi fermi è come avere un cubetto di ghiaccio in tasca: prima o poi si scioglie”.
Il suo approccio parte da qui: non accumulare “per sicurezza”, ma organizzare il risparmio come un processo. Nel suo libro “Breve manuale di (quasi) tutto sui mercati finanziari”, propone esercizi concreti per tradurre la teoria in pratica: annotare entrate, spese ricorrenti, risparmio mensile e frequenza dei controlli. Un modo per rendere visibile il proprio sistema economico e misurare la coerenza tra obiettivi e comportamenti.
Amendola invita anche a automatizzare: un Piano di Accumulo, un bonifico mensile, un fondo pensione integrativo. “Non serve un capitale enorme”, spiega. “Serve metodo. Bastano cento euro al mese per trent’anni, e la costanza farà il resto”.
Un’indagine di Educazione finanziaria, tre giovani su quattro hanno un conto ma pesa il gender gap mostra come la maggior parte dei ragazzi abbia accesso a strumenti bancari di base, ma non li utilizzi in modo strategico, e come il divario di competenze tra uomini e donne resti marcato.
La disciplina, più della conoscenza tecnica, è il vero vantaggio competitivo. Non a caso, uno studio di Dalbar Inc. mostra che negli ultimi trent’anni il rendimento medio degli investitori è stato inferiore di 3-4 punti percentuali rispetto ai fondi in cui investivano: non per colpa dei mercati, ma delle emozioni.
“Le persone vendono quando hanno paura e ricomprano quando è troppo tardi”, commenta Amendola. “Il punto non è prevedere i mercati, ma costruire un sistema che funzioni anche quando le emozioni ti porterebbero a sabotarlo”.
Tempo, metodo, consapevolezza: la nuova alfabetizzazione finanziaria
Per Amendola, il vero nodo non è la povertà, ma la disorganizzazione. “Abbiamo un Paese che lavora molto ma pianifica poco”, sintetizza. “E il denaro, senza pianificazione, si disperde”.
Nel suo approccio formativo, tre parole ricorrono con costanza: tempo, metodo, consapevolezza.
Il tempo perché anticipa il vantaggio dell’interesse composto. Il metodo perché stabilizza le scelte. La consapevolezza perché protegge da sé stessi.
La finanza personale, in questa visione, non è una materia per specialisti ma una forma di autodifesa. Significa sapere che l’inflazione non è un’astrazione, che ogni euro inattivo perde valore, che la disciplina — non il talento — costruisce solidità.
“Non c’è bisogno di prevedere il futuro”, conclude Amendola. “Bisogna solo smettere di lasciarlo al caso”.
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