La “Generazione Ai” è tra i banchi, ma la scuola italiana non se ne è accorta
- 17 Settembre 2025
- Giovani
Gli studenti usano l’intelligenza artificiale tra i banchi di scuola, ma molti docenti non lo sanno. Lo rivela il report “Generazione Ai. La nuova sfida della scuola”, frutto della collaborazione tra il think tank Tortuga e Yellow Tech. Questo studio fotografa l’impatto della GenAi sul nostro sistema educativo.
Il quadro è chiaro: otto studenti su dieci usano regolarmente strumenti di intelligenza artificiale generativa (GenAi), ma oltre un terzo dei docenti crede che i propri studenti non li utilizzino mai.
Il divario tra uso e percezione
L’indagine ha coinvolto oltre 3.800 persone tra insegnanti, studenti delle superiori e personale Ata. Provenivano da 274 scuole in 18 regioni italiane. Dai dati emerge che l’84% degli studenti usa strumenti di intelligenza artificiale generativa ogni settimana. Anche il 66% dei docenti li impiega settimanalmente. Ma ecco il punto dolente: il 36% di essi crede che i propri studenti non usino mai l’Ai. In realtà, solo il 16% degli studenti ha dichiarato di non farne un uso regolare. Questo “scollamento tra percezione e realtà” è profondo e rischia di compromettere il dialogo educativo in classe.
Un uso superficiale dell’Ai
Ma come e per cosa l’Ai è usata dagli studenti? Spesso per comodità o convenienza. Il 57% la usa per controllare risposte corrette. Il 47% per cercare idee, non per approfondire. C’è il rischio di una comprensione superficiale e di un indebolimento delle abilità critiche.
Anche i docenti hanno idee sbagliate. Quasi uno su due (il 52%) pensa che l’Ai sia migliore in matematica e logica. Invece, i modelli GenAi eccellono nella traduzione, sintesi e creazione di testi. Questa incomprensione fa perdere il “dividendo dell’Ai”. Molti insegnanti trascurano il potenziale di questo strumento per ridurre il carico amministrativo, perdendo tempo prezioso da dedicare alla didattica.
Crisi di fiducia e voti incerti
La GenAi ha scosso il rapporto tra docenti e studenti. Il 71% degli studenti percepisce meno fiducia dai propri insegnanti. Questo si riflette anche nella valutazione: due docenti su tre preferirebbero un voto più alto per un lavoro inferiore ma autonomo, piuttosto che per uno migliore ma fatto con l’Ai. Questa confusione richiede una decisione collettiva e ministeriale sull’uso dell’Ai a scuola.
Un alleato per l’inclusione?
Non tutto è negativo. C’è un’ampia convergenza sul potenziale inclusivo della GenAi. Tre docenti e studenti su quattro (75%) credono che possa aiutare chi è in difficoltà. Tra chi la usa regolarmente, la percentuale sale al 78%. L’Ai, inoltre, può personalizzare l’apprendimento e supportare gli studenti con bisogni educativi speciali. Tuttavia, chi non usa l’Ai tende a negarne anche i benefici, un effetto di “avversione all’ambiguità”.
La strada da seguire: regole, formazione e ricerca
Per trasformare le sfide in opportunità, il report indica cinque aree d’azione prioritarie:
- Regole chiare dal Ministero: serve una “governance istituzionale chiara”. Il Ministero deve dare linee guida nazionali sull’uso etico della GenAi. Devono essere “chiare e partecipate”. Il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha avviato lo scorso anno il progetto di sperimentazione dell’Intelligenza artificiale nelle scuole secondarie di I e II grado. Il piano avrà una durata di due anni, coinvolgerà istituti del Lazio, della Lombardia, della Toscana e della Calabria e ha l’obiettivo di personalizzare la didattica, valorizzare i talenti degli studenti e supportare chi presenta difficoltà di apprendimento.
- Formazione obbligatoria per i docenti: è cruciale investire in “formazione continua e obbligatoria”. Gli insegnanti devono capire funzionamento, limiti e bias degli algoritmi.
- Rivedere i metodi di valutazione: serve una “riprogettazione dei metodi di valutazione”. Ci si deve concentrare sul processo, pensiero critico e problem-solving per ricostruire la fiducia.
- GenAi per l’inclusione: bisogna finanziare la sperimentazione di tecnologie assistive basate sull’Ai, come gli Intelligent Tutoring Systems. L’obiettivo è personalizzare l’apprendimento, soprattutto per studenti con Bisogni Educativi Speciali.
- Più ricerca e ruolo delle istituzioni: servono dati e fondi per ricerche indipendenti. Bisogna sostenere l’innovazione del tessuto produttivo italiano e anticipare l’evoluzione dell’Ai.
“Questa ricerca dimostra che la GenAi è già nelle mani degli studenti, ma non ancora pienamente nelle strategie delle scuole – ha spiegato Antonio Pisante, fondatore e Ceo di Yellow Tech -. Perché diventi una leva di inclusione e non di divisione, serve una strategia nazionale chiara: linee guida condivise che definiscano criteri etici, metodologie di verifica adeguate e strumenti per gestire l’impatto sulla valutazione. Parallelamente bisogna investire sulla formazione continua di docenti e studenti, così che possano utilizzare la GenAI in modo critico, creativo ed efficace, trasformandola da minaccia percepita a risorsa reale per la didattica”.
“Questo studio è solo il primo passo per comprendere un fenomeno in rapida evoluzione – dichiara Francesca Rinaldi, Fellow di Tortuga -. Nei prossimi anni sarà fondamentale continuare a raccogliere dati e monitorare l’efficacia delle politiche adottate, identificando le pratiche che funzionano e correggendo quelle che creano nuove disuguaglianze. Solo attraverso un dialogo tra ricerca, policymaker e comunità scolastica possiamo trasformare la GenAi in un alleato per una scuola più equa, innovativa e capace di preparare davvero la Generazione Ai”.
In sintesi, la scuola non può più ignorare la GenAi. Deve agire con un “approccio sistemico e multilivello”. Non si tratta più di decidere se usarla, ma come: con regole, tempi e responsabilità condivise. Solo così la “Generazione Ai” potrà crescere come cittadini critici e consapevoli, in una scuola più inclusiva ed equa.