Dress code a scuola: non solo abiti succinti, stop anche a unghie finte e barbe incolte
- 18 Settembre 2025
- Giovani
Dai corridoi delle scuole di Taormina a quelli di Milano, passando per Bari e Reggio Calabria, il dress code è tornato protagonista tra i banchi degli studenti, con divieti che includono scollature, pantaloni troppo corti, ciabatte ma anche capelli colorati, unghie finte e barbe incolte. Da un’indagine di Skuola.net è emerso che, in base a queste nuove regole, tre studenti su dieci dovranno rivedere il proprio abbigliamento.
Le circolari dei presidi: a Taormina il dress code diventa un catalogo
L’Iiss Salvatore Pugliatti di Taormina ha fatto scuola nel vero senso della parola.
La preside non si è limitata a una circolare tradizionale: ha creato un vero e proprio dépliant illustrativo dettagliato in stile catalogo di moda, per spiegare agli studenti e alle famiglie cosa è permesso e cosa no.
Il documento grafico, che è una novità assoluta nel panorama scolastico italiano, non lascia spazio a fraintendimenti sugli indumenti accettati: t-shirt a girocollo o con scollo a V, polo, felpe, lupetti, camicie di flanella e persino il tuxedo trovano spazio tra i “sì”. Dall’altra parte della barricata finiscono top, canotte, reggiseni sportivi, shorts, minigonne, leggings, jeans con strappi, tacchi alti, ciabatte e infradito.

Un’immagine del dépliant diffuso a Taormina
Cosa prevedono le altre scuole
Le indicazioni dettagliate per il dress code non sono confinate alla Sicilia. L’istituto di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, ha emanato una circolare che vieta espressamente “abiti scollati o eccessivamente sbracciati, pantaloni a vita bassa, minigonne, abiti attillati o trasparenti, short, pantaloncini”. La formula utilizzata – “abbigliamento sobrio, decoroso, pulito e ordinato” – è diventata una sorta di mantra condiviso da diversi presidi.
A Conversano, nel Barese, una scuola superiore ha puntato il dito contro “abiti che evochino tenute estive, o anche balneari: bermuda, canottiere, ciabatte”. A Pisa, un istituto ha alzato l’asticella fino al divieto assoluto per “ogni tipo di pantaloncino e top di qualsiasi lunghezza e misura”, con la minaccia dell’allontanamento dalla scuola per chi trasgredisce.
Le novità più sorprendenti: dalle unghie alla barba
L’innovazione più inaspettata arriva da Trezzano sul Naviglio, in provincia di Milano, dove il regolamento si estende alle “unghie estremamente lunghe e appuntite”. La motivazione ufficiale chiama in causa sicurezza e igiene, ma il divieto rappresenta una frontiera inedita nel controllo dell’aspetto fisico degli studenti.
A Bisceglie, in provincia di Bari, l’elenco dei divieti abbraccia “bermuda, shorts, canotte, top scollati, hot pants, gonne succinte, vestiario da spiaggia”. L’obiettivo dichiarato è garantire “rispetto e decoro”, “sicurezza e igiene”, “rispetto reciproco”.
Alcuni regolamenti estendono i divieti agli accessori vistosi, ai piercing eccessivi, ai capelli colorati e ai trucchi appariscenti.
Un’altra novità riguarda gli studenti maschi: diversi istituti hanno introdotto regole specifiche per le barbe, che non devono essere né lunghe né incolte, e tantomeno presentare “disegni stravaganti”.
L’indagine Skuola.net: cosa ne pensano gli studenti?
Skuola.net ha svolto un’indagine su 3.000 studenti di scuole medie e superiori per sapere cosa ne pensano del nuovo dress code. Il primo risultato che salta agli occhi è che solo uno studente su cinque si sente libero di vestirsi come vuole.
La maggioranza degli studenti italiani si divide in due categorie principali:
- il 30% deve fare i conti con un regolamento scolastico dettagliato sul vestiario;
- un ulteriore 55% riceve raccomandazioni costanti a presentarsi in classe con un look “adeguato”.
In pratica, l’85% della popolazione studentesca non gode di piena libertà nella scelta del proprio abbigliamento.
Il peso delle sanzioni e dei richiami
L’indagine di Skuola.net rivela un aspetto ancora più preoccupante: oltre la metà degli studenti è stata richiamata almeno una volta per non essersi “adeguata” al contesto scolastico. Tre studenti su dieci devono prestare attenzione quotidiana al proprio abbigliamento per evitare richiami o sanzioni disciplinari.
Le conseguenze non si limitano ai rimproveri verbali. Diversi istituti prevedono sanzioni progressive che possono arrivare fino all’allontanamento dalla scuola. In alcuni casi, gli studenti che non rispettano il dress code non possono entrare nell’istituto.
Il genere conta: studentesse osservate speciali
L’analisi dei dati rivela una disparità di genere evidente. Le studentesse finiscono più spesso sotto osservazione rispetto ai compagni maschi. I divieti più comuni riguardano “top e canottiere troppo minimal”, magliette che lasciano “scoperte spalle e pancia”, “scollature” generose, “gonne e pantaloni troppo corti”.
Alcuni regolamenti utilizzano parlano espressamente di abiti “sgarbati” o potenzialmente in grado di “distrarre” gli altri studenti. Una formulazione che lascia ampio margine di discrezionalità ai docenti.
Oltre l’abbigliamento: il controllo dell’aspetto fisico
L’indagine evidenzia come circa uno studente su cinque debba prestare attenzione anche ad altri aspetti della cura della persona. Le scuole più rigorose vietano unghie finte, trucchi appariscenti, capelli colorati, accessori vistosi e un numero eccessivo di piercing e orecchini.
Il controllo si estende anche ai gesti e agli atteggiamenti: diversi istituti vietano di indossare cappelli o cappucci durante le lezioni, mentre i jeans strappati rappresentano uno dei divieti più trasversali, che tocca sia ragazze che ragazzi.
Nessuna direttiva dal Ministero: il contesto delle riforme 2025
Nonostante la diffusione capillare dei regolamenti sul dress code, le circolari sui codici di abbigliamento non sono nate da una direttiva ministeriale, ma sono il frutto di una decisione autonoma dei singoli istituti.
Il fenomeno del dress code si inserisce però in un più ampio quadro di riforme che hanno caratterizzato l’avvio dell’anno scolastico 2025/26. Il ministero dell’Istruzione e del Merito ha introdotto misure importanti come lo stop ai cellulari anche alle superiori, la stretta sulla condotta con il voto che torna a fare media, e nuove regole sulle sospensioni.
Queste riforme condividono un obiettivo comune: “restituire alla scuola la funzione educativa e sociale centrale” e “valorizzare il rispetto delle regole di convivenza”. In questo contesto, i regolamenti sul dress code rappresentato un’estensione locale di un più ampio movimento verso il ripristino di regole e discipline.
L’assenza di direttive ministeriali specifiche trasforma ogni istituto in un laboratorio sociale dove si sperimentano approcci diversi al rapporto tra libertà individuale e rispetto delle regole comuni. Alcune scuole scelgono un approccio più soft e diffondono documenti informativi per gli studenti, altre prevedono sanzioni progressive, altre ancora scelgono un approccio più rigido.
Il dépliant di Taormina, le circolari dettagliate di decine di istituti, i dati dell’indagine Skuola.net raccontano una scuola che vuole riprendersi un ruolo educativo forte, ma alcuni esperti sottolineano il rischio di aumentare il gap tra giovani e istituzioni, formalizzandosi eccessivamente su aspetti extra didattici.