Cosa fare dopo l’esame di maturità? Solo il 29% degli studenti lo sa
- 23 Luglio 2025
- Giovani
A distanza di poche settimane dagli esami di maturità, per gli oltre 500mila studenti italiani si aprono le porte del mondo del lavoro o di studi universitari o specialistici. Ma solo il 29% dei maturandi ha le idee chiare sul percorso da intraprendere con il titolo scolastico in mano.
A rivelarlo è l’annuale Osservatorio “Giovani e Orientamento”, realizzato da Skuola.net in collaborazione con Gi Edu, la divisione di Gi Group che affianca docenti e studenti per rispondere alle esigenze di orientamento di scuole e università, che è andata a raccogliere il parere di 1.000 neodiplomati sulle loro prospettive post diploma.
Cosa fare dopo la maturità?
L’indecisione su cosa fare dopo la maturità scaturisce da un mismatch delle competenze apprese rispetto a quelle richieste dal mondo del lavoro. I dati mostrano un miglioramento rispetto al 2023, del 30%, di coloro che hanno le idee chiare, mentre rispetto al 2024 si assiste a una riduzione del 10% di coloro che hanno paura di finire nel vicolo cieco dei Neet, cioè i giovani che non studiano, non lavorano e non sono impegnati in attività formative. Fondazione Gi Group ha realizzato in merito un laboratorio permanente – chiamato Dedalo – che monitora costantemente il fenomeno.
A imprimere questa svolta – ancora timida ma concreta – registrata dall’Osservatorio dopo anni in cui il tasso di indecisi restava tristemente alto e stabile, potrebbe aver contribuito in modo decisivo l’ultima riforma dell’orientamento scolastico, in vigore dal 2023, che prevede almeno 30 ore annue obbligatorie di attività di affiancamento per gli studenti delle classi finali delle scuole secondarie di secondo grado. Certo, il lavoro da fare – e questo è un bene in ottica di miglioramenti attesi in futuro – resta parecchio.
“La recente riforma dell’orientamento, con l’introduzione di docenti orientatori e tutor, assieme all’obbligo delle 30 ore annuali dedicate al tema, ha sicuramente rivitalizzato un ambito che la scuola ha ben presente ma che in molti casi fatica a sviluppare – ha spiegato Alessandro Nodari, Candidate Management & Employer Branding Senior Director di Gi Group -: per questo non sorprende che circa la metà dei maturandi non sia soddisfatta delle attività di orientamento svolte e conviva con la preoccupazione di finire per non avere prospettive di studio o di lavoro”.
Il nodo cruciale della formazione
Un’altra ricerca di Gi Edu, questa volta in collaborazione con Fondazione Anp (Associazione nazionale Presidi), ha coinvolto 300 dirigenti scolastici e ha rilevato come ben 9 Presidi su 10 raccontino che nel proprio istituto l’orientamento si limita ancora soprattutto a momenti informativi, spesso generici.
Cresce, almeno, il ricorso a professionisti specializzati: ormai oltre 2 istituti su 3 – l’indagine parla di un 68,2% – utilizzano almeno un servizio esterno di supporto all’orientamento coinvolgendo imprese, enti di formazione, agenzie per il lavoro, centri per l’impiego.
La formazione, però, dovrebbe partire molto prima dell’ultimo anno di scuola secondaria di II grado. L’indagine ha rilevato che solo il 25% dei maturandi dice di aver iniziato le attività di orientamento almeno tre anni prima (in terza superiore), il 33% lo ha fatto solo dalla quarta superiore, mentre il 23% ha addirittura iniziato last minute, negli ultimi mesi di scuola. Un 19% dichiara di non aver svolto attività degne di nota su questo fronte (nel 2023 quelli dell’orientamento tardivo erano il 33% mentre i “tabula rasa” il 26%).
E la preparazione soddisfa? Apparentemente no: solo il 17% ha trovato “molto utili” queste attività. E, considerando anche quelli che in qualche modo le hanno promosse – giudicandole “abbastanza utili” -, si rimane nel perimetro della minoranza, più precisamente il 48% del campione di riferimento. Oltre la metà dei diplomandi ha ritenuto l’orientamento proposto “poco” (41%) o “per niente” efficace (11%).
“Troppo teorica e poco pratica”
Per gli studenti, la formazione sul post diploma di maturità è “troppo teorica e poco pratica”. Per il 57% di loro si è parlato soprattutto di corsi accademici, limitando di fatto la rosa di opportunità a disposizione delle ragazze e dei ragazzi per il post diploma. Ma 9 su 10 vorrebbero attività meno teoriche e più legate al mondo reale: il 43% avrebbe voluto fare soprattutto esperienze pratiche, il 30% avrebbe gradito qualche visita in aziende, uffici, atenei, centri di formazione, il 10% avrebbe voluto ascoltare più testimonianze di esperti o di persone che “ce l’hanno fatta” nei propri settori di riferimento.
Al contrario, gli istituti sostengono di aver offerto ai propri ragazzi e ragazze visite aziendali o testimonianze aziendali nel 70,9% dei casi. E il 44,3% dice di aver organizzato stage e tirocini per i propri giovani. Divergenze di percezione che, in ogni caso, non devono distogliere lo sguardo dal fatto che, anche secondo il punto di vista dei Dirigenti scolastici, l’orientamento va quantomeno potenziato, a partire dal “capitale umano”: appena il 3% dei docenti viene considerato dai Presidi realmente preparato nell’accompagnare gli studenti con strumenti e soft skill adatte a guidarli nelle scelte. Per questo, quasi 7 Dirigenti scolastici su 10 segnalano che avrebbero bisogno di supporto nella formazione delle risorse interne. Mentre il 45% ammette che sarebbe utile un sostegno da parte di esperti esterni in fase di progettazione, organizzazione ed erogazione dei percorsi. Con il 40% che aggiunge a tutto ciò il desiderio di un aiuto esterno per identificare soluzioni innovative di orientamento. D’altra parte, la novità della riforma e le difficoltà di una prima realizzazione dei suoi obiettivi non consentono ancora di valutare l’impatto effettivo delle azioni realizzate, come del resto affermato dal 45% dei Dirigenti interpellati.
“Al tempo stesso – ha proseguito Nodari – l’indagine condotta con Fondazione Anp sui Presidi mostra come gli stessi docenti, oggi, necessitino di maggiori competenze per svolgere efficacemente questo compito. E proprio in quest’ottica c’è bisogno del supporto di esperti del settore, per accompagnare le ragazze e i ragazzi verso una scelta consapevole per il loro futuro”.