Maschietti più distratti, femminucce più concentrate? La scienza risponde
- 29/10/2024
- Giovani
Quante volte i genitori osservano i propri figli e notano differenze nella loro attenzione o modo di riflettere? Da un lato, può capitare che i maschietti siano descritti come distratti, con la “testa tra le nuvole”; dall’altro, spesso le bambine sembrano più centrate, quasi meditative fin da piccole. Ma cosa dice davvero la scienza a proposito delle differenze cognitive e cerebrali tra bambine e bambini? La risposta arriva da una recente ricerca condotta da Lisa Toffoli e Giovanni Mento del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, in collaborazione con Gian Marco Duma dell’Irccs E. Medea di Conegliano e Duncan Astle dell’Università di Cambridge. Pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping, lo studio mostra come l’attività cerebrale a riposo – associata al funzionamento cognitivo – presenti differenze notevoli già in età prescolare, differenze che sembrano legate al sesso biologico.
Attività cerebrale a riposo
Il team di ricerca ha osservato bambini e bambine di età compresa tra i quattro e i sei anni, studiando il loro cervello in uno stato di riposo – quello in cui non si svolgono attività cognitive attive o compiti specifici. Secondo l’Associazione La Nostra Famiglia, a cui fa capo l’Irccs E. Medea, i ricercatori hanno dimostrato che esiste una relazione diretta tra il cosiddetto “resting state” del cervello e il funzionamento cognitivo quotidiano. Questo significa che, anche quando apparentemente non impegnato, il cervello è già “al lavoro”, elaborando informazioni e stabilendo le basi per le abilità cognitive.
Ma cosa differenzia, a livello neurologico, bambini e bambine? I ricercatori hanno scoperto che, pur non variando significativamente con l’età nella fascia considerata, l’attività cerebrale a riposo presenta differenze tra i sessi. Nelle bambine, ad esempio, la stabilità e la durata delle comunicazioni cerebrali – ossia il modo in cui le informazioni sono trasmesse tra aree cerebrali – risultano più coerenti e mirate rispetto ai coetanei maschi, i quali invece mostrano una maggiore variabilità.
La “testa tra le nuvole” e la concentrazione
La ricerca mette in luce come i maschi tendano ad attivare maggiormente il Default-Mode Network, una rete cerebrale associata a fenomeni di “mind wandering”, ovvero la tendenza a lasciarsi distrarre, a “sognare a occhi aperti”. In parole semplici, è la rete che si accende quando il cervello si concede una pausa dall’attenzione verso l’esterno e indulge in un’attività mentale più libera, non orientata a compiti specifici. Al contrario, nelle bambine sono più attive le aree prefrontali, correlate alla concentrazione e all’attivazione cognitiva. Questo potrebbe spiegare perché, già in età prescolare, le bambine appaiono spesso più “presenti” e focalizzate rispetto ai coetanei maschi.
Inoltre, i ricercatori hanno somministrato ai genitori dei bambini alcuni questionari per verificare i risvolti pratici di queste attivazioni cerebrali. I risultati? I bambini e le bambine con un’attività maggiore nelle aree prefrontali risultano più capaci di regolare il proprio comportamento e le proprie emozioni. Al contrario, coloro che attivano più spesso il Default-Mode Network tendono a manifestare difficoltà maggiori nella gestione delle proprie emozioni e nel comportamento, riscontrando talvolta problemi anche a scuola.
Implicazioni per il neurosviluppo
Secondo Giovanni Mento, autore corrispondente dello studio, queste scoperte potrebbero avere un valore significativo per il trattamento di disturbi del neurosviluppo, come l’autismo e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Grazie alla capacità di individuare precocemente i target neurali, i ricercatori possono sviluppare interventi terapeutici personalizzati, focalizzati su quegli aspetti neurologici critici nei primi anni di vita, una fase cruciale per il potenziamento delle abilità cognitive e comportamentali.
In particolare, Gian Marco Duma evidenzia che per la prima volta in bambini così piccoli è stata impiegata una tecnica avanzata di machine learning, nota come Hidden Markov Models. Questa tecnologia, applicata ai dati di elettroencefalografia ad alta risoluzione spaziale, ha permesso di monitorare la comunicazione tra aree cerebrali con una precisione di millisecondi, offrendo una visione dettagliata e dinamica delle variazioni nella connettività cerebrale.
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