Allarme social: “I giovani non hanno più empatia”, gli esperti parlano di “burnout empatico”
- 11/07/2024
- Giovani
Un post su Reddit ha sollevato una preoccupazione per l’empatia dei giovani. A sollevare il tema non è un boomer, ma un ragazzo nato nel 2000, quindi in piena GenZ, che ha lanciato l’allarme per l’apparente insensibilità di ragazze e ragazzi verso tematiche delicate come il suicidio e le sparatorie scolastiche.
Cosa è emerso dal dibattito: il “burnout empatico”
Il post ha generato numerose risposte e riflessioni, a riprova di quanto la tematica sia sentita nella società. La mancanza di empatia è solo l’anticamera o il campanello di allarme di problemi più gravi: alcuni utenti hanno condiviso esperienze di tirocinio con studenti delle medie, in cui hanno notato la difficoltà dei giovani nel mantenere la concentrazione anche per pochi secondi. Molti hanno attribuito all’uso eccessivo dei social media, in particolare TikTok, la riduzione della capacità di attenzione e comunicazione.
Il post originale su Reddit ha sottolineato come molti giovani sembrino trattare argomenti seri con leggerezza, utilizzando l’umorismo come meccanismo di difesa. Un utente ha osservato che i giovani di oggi sono esposti a una quantità di informazioni senza precedenti, il che potrebbe influenzare il loro sviluppo emotivo e la loro capacità di empatia. La sovraesposizione alle notizie, inoltre, rende più difficile capire quali siano quelle più serie da quelle più leggere, finendo per diluire tutto in un unico calderone.
Non è solo un discorso di quantità, ma anche di qualità. Il continuo bombardamento dei giovani con notizie “tristi”, quando non drammatiche, può portare ad una sorta di desensibilizzazione, dove i giovani si sentono sopraffatti e incapaci di reagire emotivamente. Una situazione che gli esperti chiamano “burnout empatico”.
Il ruolo dei social media
Altri hanno suggerito che la mancanza di empatia potrebbe essere legata alla crescente dipendenza dai social media, che spesso riducono le interazioni umane a semplici scambi virtuali.
Collegandosi a questa tematica c’è chi evidenzia l’uso della tecnologia come scorciatoia per evitare lo studio tradizionale. Diversi commenti hanno sollevato preoccupazioni sul fatto che i giovani utilizzino app e strumenti come ChatGPT per svolgere compiti scolastici, rallentando la crescita intellettuale dei giovani e mettendo in dubbio le loro future competenze nel mondo reale.
Una conferma arriva dal fatto che dalla metà del ventesimo secolo a oggi, gli anziani ottengono punteggi sempre più alti nei test sul quoziente intellettivo, avvicinandosi a quelli dei più giovani.
Dallo studio di Badham emerge quello che possiamo definire “il paradosso del digitale”: se la scienza è concorde nel ritenere che la eccessiva esposizione allo schermo stia peggiorando la salute mentale dei giovani, sembra che proprio l’uso degli smartphone abbia effetti positivi sulle facoltà mentali dei più anziani.
In sintesi, diventa dirimente l’età in cui viene utilizzata la tecnologia e quanto siano già sviluppate (o meno) le facoltà intellettive.
Il ruolo dei genitori
Tra i diversi punti di vista, tutti sono concordi su un aspetto: il ruolo dei genitori e del dialogo in famiglie è cruciale per formare i giovani sia intellettualmente che emotivamente, rendendoli pronti a capire la complessità della realtà e le ragioni degli altri.
A tal proposito, alcuni utenti hanno evidenziato un cambiamento nel rapporto tra genitori e scuola, con i primi che spesso si comportano come “clienti”, interferendo in modo controproducente nell’educazione dei figli e rallentandone la maturità.
Un processo naturale?
C’è chi invita a ridimensionare la questione. Gli esperti di psicologia sociale sottolineano infatti che l’empatia è una capacità che si sviluppa con l’età e l’esperienza. I giovani, il cui cervello è ancora in fase di sviluppo, potrebbero non avere ancora pienamente sviluppato questa capacità.
Chiaramente, però, questo processo naturale può essere deviato dalla cultura digitale e dall’anonimato offerto dai social media, elementi che possono contribuire a una disconnessione emotiva. Per questo, gli esperti insistono sulla necessità di una attenta educazione emotiva, un aspetto che viene spesso sottovalutato dalle famiglie e dalla società.
Infine, alcuni utenti ridimensionano l’allarme, non su basi scientifiche ma sociali: non è diminuita l’empatia dei giovani, ma è aumentata l’attenzione che si dà a queste tematiche, di cui prima non si parlava. Pur sperando che abbiano ragione i “normalizzatori”, il dubbio che qualcosa si sia incrinato nella crescita dei ragazzi rimane. E sarebbe meglio capire come diradarlo.
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