Calo demografico, servono più figli del previsto per evitare l’estinzione
- 05/05/2025
- Fertilità
Il tasso di fertilità per evitare l’estinzione dovrebbe essere ancora più alto di quello previsto. A rilevare questo dato è un recente studio pubblicato su Plos One da un team internazionale di ricercatori guidato da Takuya Okabe dell’Università di Shizuoka, Giappone, secondo il quale, per garantire la sopravvivenza di una popolazione, non bastano 2,1 figli per donna.
Dai calcoli effettuati dagli studiosi, tra cui Diane Carmeliza N. Cuaresma, Hiromu Ito, Hiroaki Arima, Jin Yoshimura e Satoru Morita, il valore minimo del tasso di fertilità dovrebbe essere 2,7 figli per donna per evitare il rischio di estinzione.
Un nuovo modello matematico per la demografia
Negli ultimi anni, il valore di 2,1 figli per donna è stato considerato sufficiente per mantenere stabile una popolazione, ma questo modello non tiene conto delle fluttuazioni demografiche casuali, particolarmente rilevanti nelle popolazioni più piccole.
Il nuovo studio ha integrato questi fattori nei modelli matematici, dimostrando che la soglia di sostituzione è più alta di quanto si pensasse.
Secondo i ricercatori, la variabilità nel numero di figli, i tassi di mortalità e la possibilità che alcuni individui non si riproducano sono elementi che aumentano il rischio di declino irreversibile.
Inoltre, i ricercatori hanno rilevato che un fattore che aiuterebbe a migliorare la denatalità sarebbe la nascita di un maggior numero di femmine rispetto ai maschi: una differenza studiata in condizioni di forte stress demografico e che contribuirebbe a ridurre il rischio di estinzione.
Italia: numeri critici per il futuro demografico
La situazione è particolarmente allarmante in Paesi come l’Italia, dove il tasso di fertilità è di 1,18 figli per donna (dati Istat, ndr), ben al di sotto della soglia di sostituzione. Se questa tendenza persiste, la popolazione potrebbe subire un declino significativo nel corso delle generazioni, con ripercussioni su economia e società.
Gli esperti suggeriscono di ripensare le politiche per incentivare la natalità e garantire la sostenibilità demografica. Senza interventi mirati, molte famiglie potrebbero vedere le proprie linee genealogiche estinguersi nel giro di non molte generazioni.
Il tema, nel nostro Paese, è particolarmente attenzionato anche dal governo. “Vorrei poter ottenere sulla natalità gli stessi straordinari risultati che abbiamo ottenuto sul fronte dell’occupazione e su quello del contrasto all’immigrazione irregolare – ha spiegato la premier Giorgia Meloni in un’intervista all’Adnkronos -. Il sostegno alla natalità rimane una priorità a cui abbiamo dedicato misure importanti e risorse significative, ma non basta. I risultati sono ancora insufficienti”.
Cosa fare quindi? “Occorre continuare a sostenere le madri lavoratrici – ha aggiunto la premier – e a rafforzare gli strumenti di conciliazione famiglia lavoro. E oltre a ciò serve una grande alleanza culturale, per cambiare la narrazione secondo la quale mettere al mondo un figlio sia un carico troppo gravoso per la carriera e per le ambizioni personali, soprattutto delle donne”.
Denatalità, l’impatto globale
L’importanza di questa ricerca va oltre i confini nazionali. Il problema della bassa fertilità riguarda molti altri Paesi sviluppati, tra cui Giappone, Corea del Sud e gran parte dell’Europa. L’analisi condotta dal team di Shizuoka offre nuove prospettive per le politiche demografiche, suggerendo che il valore convenzionale di 2,1 figli per donna potrebbe non essere sufficiente per garantire la stabilità delle popolazioni nel lungo termine.
L’intera comunità scientifica ora si interroga sulle implicazioni di questo studio per il futuro delle società moderne e sulla necessità di strategie che garantiscano una stabilità demografica a lungo termine.