Pma in ripresa dopo il covid, le coppie tornano ad affidarsi alla procreazione medicalmente assistita
- 01/12/2023
- Fertilità
Dopo la pandemia di Covid, torna a salire in Italia il ricorso delle coppie alla procreazione medicalmente assistita (Pma), ma per i ginecologi si può fare di più per sostenere chi desidera un figlio.
Partiamo dai numeri: è la Relazione del ministro della Salute al Parlamento sullo stato di attuazione della legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita a fotografare la situazione in Italia, con dati riferiti al 2021. Dopo la contrazione dovuta alla prima fase della pandemia da Covid-19, “si è osservata una ripresa dell’applicazione di tutte le tecniche di Pma, sia di I livello (inseminazione) sia di II e III livello (fecondazione in vitro); sia con gameti della coppia, sia con gameti donati. Le coppie trattate sono passate da 65.705 a 86.090, i cicli effettuati sono passati da 80.099 a 108.067 e i bambini nati vivi da 11.305 a 16.625”.
Diminuiscono i parti gemellari, alta l’età media delle donne
“Diminuisce il numero di trasferimenti con più embrioni in utero – evidenzia la relazione – e conseguentemente diminuiscono sia i parti gemellari che trigemini, questi ultimi in linea con la media europea nonostante una persistente variabilità fra i centri. Diminuisce la percentuale di esiti negativi sulle gravidanze monitorate. L’adeguamento della normativa riguardante la Pma alle sentenze della Consulta, e l’implementazione delle direttive europee su cellule e tessuti, ha consentito sinora l’accesso a tecniche di Pma rispettose dei livelli di qualità e sicurezza indicati dagli standard europei”.
“Resta elevata l’età media delle donne che si sottopongono alle tecniche a fresco con gameti della coppia, 36,8 anni (gli ultimi dati dal Registro europeo riportano un’età media di 35 anni per il 2018)”, si legge nel report. “Diminuisce la percentuale di donne sopra i 40 anni che si sottopone alle tecniche di Pma a fresco: era del 35,8% nel 2020, è del 34,4% nel 2021. Ovviamente nella fecondazione in vitro con gameti donati l’età media della donna è maggiore per la donazione di ovociti (41,9 anni) rispetto a quella del seme (34,8 anni). La principale indicazione per i cicli con ovociti donati rimane l’avanzata età materna, indicando come questa tecnica sia utilizzata soprattutto per infertilità fisiologica e non per patologie specifiche”.
Le criticità dei centri Pma
Il report evidenzia alcune problematiche legate ai centri Pma: “I centri Pma di II e III livello privati sono in numero superiore a quelli pubblici + privati convenzionati (113 contro 72, +17) ma svolgono meno cicli di trattamento con tecniche di II-III livello che utilizzano gameti della coppia. Se si considera il numero dei cicli solo sui 185 centri che hanno svolto attività nel 2021, risulta che il 36,8% dei centri è pubblico ed effettua il 33,9% dei cicli; l’8,6% è privato convenzionato ed effettua il 28,2% dei cicli; il 54,6% è privato ed effettua il 37,9% dei cicli. Rimane la diversa distribuzione dei centri pubblici e privati convenzionati, più presenti nel Nord del Paese, che riflette una migliore offerta ai cittadini e caratterizza la differenza tra le Regioni”.
Il report rileva che “un consistente numero di centri Pma di II e III livello presenti sul territorio nazionale svolge un numero ridotto di procedure nell’arco dell’anno. Solo il 32,6% di questi centri ha eseguito più di 500 cicli, contro una media europea del 47,3% (European IVF Monitoring, Eim anno 2018). Sarebbe auspicabile – avverte il ministero – che i centri Pma fossero in grado di svolgere volumi di attività congrui in modo da garantire qualità, sicurezza e appropriatezza delle procedure nelle tecniche di Pma e che tali centri fossero equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale per offrire il miglior livello di prestazione possibile”.
Per i ginecologi si può fare di più
“I dati della relazione del ministro della Salute al Parlamento ci restituiscono un quadro che i centri specializzati in medicina della riproduzione conoscono bene: dopo la pandemia e i prolungati lockdown, periodi in cui le nostre attività si sono dovute interrompere, a eccezione di quelle urgenti, le coppie hanno sentito il forte bisogno di tornare a perseguire il sogno di diventare genitori, e lo abbiamo visto con un sensibile aumento delle richieste di prime visite e di trattamenti. Il risultato è che nel 2021 sono nati oltre 5mila bambini in più rispetto all’anno precedente“. Con queste parole Alberto Vaiarelli, ginecologo, segretario della Società italiana di infertilità e sterilità-Medicina della riproduzione (Sifes-Mr) e responsabile medico-scientifico del centro Genera di Roma, commenta i dati della relazione al Parlamento sulla legge 40.
Ma per sostenere chi desidera un bambino e ha problemi nel concepimento, come anche per i giovani che devono progettare il loro futuro riproduttivo, si può agire su diversi fronti. La Pma, spiega Vaiarelli, “consente oggi di far nascere il 4,2% dei bambini in Italia e con un adeguato supporto anche da parte delle istituzioni pubbliche, attraverso l’implementazione dei Lea su tutto il territorio, campagne di informazione su prevenzione e cura dell’infertilità, si potrebbe fare molto di più e dare un contributo importante alla crisi demografica che investe il nostro Paese”.
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