Fertilità, quanto pesa l’inquinamento?
- 08/07/2024
- Fertilità
L’inquinamento atmosferico rappresenta un grave problema per la salute pubblica, ma uno studio presentato al 40º congresso annuale dell’Eshre (Società europea di riproduzione umana ed embriologia) solleva nuove preoccupazioni specificamente legate alla fertilità umana. Secondo i risultati pubblicati su Human Reproduction, l’esposizione al particolato fine (Pm) potrebbe ridurre significativamente le probabilità di successo della fecondazione in vitro, portando a una diminuzione fino al 40% nel tasso di nascite.
Dettagli dello studio
Lo studio condotto dai ricercatori australiani rappresenta un’importante analisi volta a esplorare il legame tra inquinamento atmosferico e fertilità umana, concentrandosi specificamente sull’effetto del particolato fine durante i cicli di fecondazione in vitro. Eseguito nell’arco di otto anni a Perth, questo lavoro ha coinvolto un ampio campione di 1.836 pazienti, sottoposti complessivamente a 3.659 trasferimenti di embrioni congelati.
Le donne partecipanti avevano un’età media di 34,5 anni al momento del prelievo degli ovociti e di 36,1 anni al momento dell’impianto degli embrioni. Questo dettaglio è cruciale, poiché la ricerca si è concentrata sull’analisi delle esposizioni al Pm10 nelle due settimane precedenti la raccolta degli ovociti, nonché sul Pm2,5 nei tre mesi precedenti. La suddivisione delle pazienti in quartili di esposizione ha permesso di confrontare direttamente gli effetti della qualità dell’aria su scala individuale.
L’analisi ha rivelato un chiaro trend negativo: maggiore è l’esposizione al particolato fine, minore è la probabilità di successo nella nascita di un bambino. In particolare, il quartile più alto di esposizione al Pm10 (con concentrazioni comprese tra 18,63 e 35,42 µg/m3) ha mostrato una riduzione significativa del 38% nelle probabilità di nato vivo rispetto al quartile più basso (con concentrazioni tra 7,08 e 12,92 µg/m3).
I ricercatori hanno utilizzato modelli statistici sofisticati per controllare variabili confondenti come l’età delle donne, il numero di cicli di trattamento precedenti e altri fattori che potrebbero influenzare i risultati. Questo approccio ha permesso di isolare l’effetto specifico dell’inquinamento atmosferico sulle probabilità di successo dei trattamenti di fecondazione in vitro.
Implicazioni e risultati chiave
Nonostante la qualità generale dell’aria fosse giudicata eccellente durante gran parte del periodo di studio, con superamenti dei limiti dell’OMS che si verificavano solo in una piccola percentuale dei giorni monitorati, gli effetti dannosi dell’esposizione al Pm sono emersi chiaramente.
Secondo i risultati dello studio, l’aumento dell’esposizione al Pm10 nelle due settimane precedenti la raccolta degli ovociti è stato associato a una diminuzione del 38% nelle probabilità di nato vivo. Inoltre, l’effetto negativo dell’esposizione al Pm2,5 nei tre mesi precedenti il prelievo degli ovociti ha ulteriormente sottolineato la persistenza dell’impatto dannoso dell’inquinamento atmosferico sul ciclo riproduttivo femminile.
Il lavoro dei ricercatori si è distinto per l’approccio metodologico rigoroso, che ha incluso modelli statistici avanzati per controllare variabili confondenti come l’età delle pazienti e il numero di cicli di trattamento precedenti. Questo ha garantito che i risultati fossero solidi e che l’associazione tra esposizione al Pm e ridotte probabilità di nascita fosse chiaramente definita e significativa.
Il punto di vista degli esperti
Gli esperti nel campo della riproduzione umana hanno accolto con preoccupazione i risultati dello studio sull’inquinamento atmosferico e la fertilità presentati al congresso dell’Eshre. Il dottor Sebastian Leathersich, autore principale dello studio e specialista in fertilità presso il King Edward Memorial Hospital della donna di Subiaco, ha sottolineato l’importanza dei dati ottenuti nel delineare un’associazione diretta tra l’esposizione al particolato fine e una riduzione significativa nelle probabilità di successo dei trattamenti di fecondazione in vitro. Il suo commento enfatizza il fatto che, nonostante la qualità dell’aria generalmente buona a Perth durante il periodo di studio, l’effetto negativo dell’inquinamento si è manifestato in modo evidente, evidenziando la vulnerabilità della salute riproduttiva anche in contesti con bassi livelli di inquinamento.
Il presidente eletto dell’Eshre, Anis Feki, ha espresso forte sostegno alle conclusioni dello studio, sottolineando la necessità di una maggiore attenzione ai fattori ambientali nella salute riproduttiva. Le sue raccomandazioni puntano verso un impegno continuo nella riduzione dell’esposizione agli inquinanti atmosferici attraverso politiche di controllo dell’inquinamento più rigorose e una migliore gestione delle risorse ambientali. Feki ha evidenziato che questi risultati dovrebbero servire da catalizzatore per l’azione politica a livello globale, poiché la protezione della salute riproduttiva dovrebbe essere considerata una priorità essenziale per il benessere generale delle comunità.
Le implicazioni per la salute pubblica sono considerevoli. Nonostante la qualità dell’aria fosse generalmente buona durante il periodo di studio, il riscontro di effetti così marcati sottolinea l’urgente necessità di politiche mirate a ridurre l’inquinamento atmosferico. L’adozione di misure preventive e la regolamentazione delle fonti di inquinamento possono contribuire significativamente a migliorare gli esiti riproduttivi e la salute generale delle popolazioni esposte.
Il lavoro ha aperto la strada a ulteriori ricerche per comprendere meglio i meccanismi biologici attraverso cui il particolato fine influisce sulla fertilità femminile. Questo è cruciale per sviluppare strategie preventive più efficaci e per affrontare in modo proattivo le sfide poste dall’inquinamento atmosferico alla salute riproduttiva.
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