L’infertilità che spegne i sogni di maternità, 1 persona su 6 non può avere figli
- 09/05/2025
- Fertilità
Domenica 11 maggio 2025 si celebra la Festa della Mamma, ma in Italia il contesto demografico rende difficile trovare motivi per festeggiare davvero. Le nascite continuano a calare e la maternità sembra sempre più rara. Con appena 370mila bambini venuti alla luce nel 2024, il tasso di natalità si è fermato al 6,3 per mille, segnando un altro record negativo. Il dato è ancora più allarmante se confrontato con il 1995, quando le nascite erano state 526mila e il tasso di fecondità 1,19 figli per donna: oggi siamo scesi a 1,18, superando in negativo quel precedente storico (Istat – Indicatori demografici – Anno 2024).
È un’Italia che invecchia, che si svuota, e in cui diventare madre non è solo una scelta, ma spesso una lotta contro il tempo, i costi e l’infertilità. Sì, perché il problema non è solo culturale o economico: è anche biologico e sanitario. E tocca sempre più persone, spesso in silenzio.
“L’età gioca un ruolo fondamentale sulla capacità riproduttiva – spiega Marco Grassi, ginecologo presso l’ospedale ‘C. e G. Mazzoni’ di Ascoli Piceno – la ‘finestra fertile’ femminile è limitata e la qualità degli ovociti si riduce al crescere dell’età. In particolare, dopo i 35 anni, concepire diventa via via sempre più difficile. La fertilità è massima tra i 20 e i 30 anni, poi inizia a calare gradualmente”.
Eppure, nella società dell’informazione e della tecnologia, si continua a fare figli sempre più tardi, spesso pensando – o sperando – che le tecniche mediche risolvano tutto. Ma non è così automatico. E quando si prova, e si fallisce, per mesi o anni, l’infertilità esce dai tabù e diventa una realtà amara.
Una persona su sei nel mondo è infertile
Non è solo un problema italiano. A livello globale, l’infertilità è una condizione che riguarda circa il 17,5% della popolazione adulta, ossia una persona su sei, secondo il rapporto Infertility Prevalence Estimates, 1990–2021 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), pubblicato nel 2023. E non c’è differenza significativa tra Paesi ricchi e poveri: la prevalenza è del 17,8% nei Paesi ad alto reddito e 16,5% in quelli a basso e medio reddito. Un tema trasversale, che non conosce confini o classi sociali, ma che resta spesso nascosto tra frustrazione, pudore e solitudine.
La definizione clinica arriva proprio dall’Oms, che parla di infertilità quando una coppia non riesce a concepire dopo 24 mesi di rapporti regolari e non protetti. Dodici mesi è la soglia comune per iniziare le indagini, ma la cautela scientifica impone di attendere fino a due anni prima di dichiarare una vera infertilità. “Per alcune donne, già qualche anno prima della menopausa, la fertilità può ridursi quasi allo zero – precisa il dottor Grassi – l’ingresso nella fase di subfertilità o infertilità solitamente inizia intorno ai 40 anni, ma può avvenire anche prima”.
Un’infertilità che è in parte frutto delle scelte di vita e in parte conseguenza di fattori sanitari sottovalutati. Come le infezioni sessualmente trasmesse, spesso taciute o mal curate, che compromettono le tube, l’utero, i testicoli. “Negli uomini, sono aumentate le condizioni che alterano la produzione ormonale, riducono i livelli di testosterone e modificano la struttura e la funzionalità dei testicoli – continua Grassi – come il varicocele, il criptorchidismo, le infiammazioni testicolari e le patologie della prostata”.
Diagnosi e percorsi
Il primo passo è sapere. E non sempre è semplice. La diagnosi dell’infertilità femminile parte da una visita ginecologica accurata e da una raccolta approfondita della storia clinica e familiare, seguita da esami ormonali e strumentali: ecografie pelviche, isterosalpingografie, isteroscopie. “L’infertilità femminile è responsabile del 35-40% dell’infertilità di coppia – sottolinea il dottor Grassi – la diagnosi si basa su dosaggi ormonali e indagini strumentali”.
Anche per l’uomo il percorso è strutturato: analisi del liquido seminale, valutazione ormonale e indagini andrologiche per valutare presenza di varicocele, infezioni pregresse o malformazioni congenite. L’obiettivo è individuare le cause reali, evitando cure “di tentativo” che fanno perdere tempo prezioso, sia biologicamente che emotivamente. Perché ogni mese che passa può fare la differenza.
E non è solo un tema medico, ma anche sociale. In Italia, i tempi per accedere alle strutture pubbliche sono lunghi: in alcune regioni le liste d’attesa per i centri di procreazione medicalmente assistita arrivano anche a 5 anni. Tempi incompatibili con la biologia e con la speranza.
Terapie, stili di vita e prevenzione
Una volta individuata la causa, si passa alla terapia. E le strade sono molteplici. “La scelta della terapia per l’infertilità, che sia medica o chirurgica, viene fatta in base al quadro clinico specifico di ciascuna paziente. Ogni caso è unico e richiede un approccio personalizzato ed una valutazione approfondita per individuare il percorso terapeutico più efficace e garantire il miglior risultato possibile”, afferma Grassi.
Circa il 25% dei casi è legato a problemi ormonali che impediscono l’ovulazione. Tra questi, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una delle più diffuse, colpendo fino al 10% delle donne in età fertile. “Il trattamento della PCOS deve iniziare con modifiche nello stile di vita e, in caso di sovrappeso o obesità (che riguarda il 40-80% delle donne con PCOS), con un programma di riduzione del peso corporeo”, spiega Grassi.
L’endometriosi, presente anch’essa nel 10% delle donne, può causare anovulazione e dolore cronico. I casi lievi si trattano con farmaci, i più gravi richiedono interventi chirurgici. Altre cause includono alterazioni delle tube (25-35% dei casi), malformazioni uterine, fibromi, polipi. Per l’uomo, la chirurgia può correggere varicocele, ostruzioni o anomalie anatomiche.
Ma accanto alla medicina, c’è la prevenzione. E questa parte molto prima del desiderio di un figlio. Grassi lo dice chiaramente: “Fornire agli adolescenti un’adeguata educazione sessuale e informativa è essenziale per ridurre il rischio di infezioni sessualmente trasmesse e gravidanze non pianificate, promuovendo stili di vita che proteggano il benessere riproduttivo nel tempo”. Parole che suonano come un monito e un invito. Perché fare figli non può essere solo un’emergenza dell’ultimo minuto.