Diabete gestazionale, più di 40mila gravidanze a rischio ogni anno in Italia
- 18/10/2024
- Fertilità
In Italia, oltre 40.000 gravidanze ogni anno sono complicate dal diabete gestazionale, una condizione che riguarda il 6-7% delle donne in dolce attesa. Questo disturbo, spesso asintomatico, può avere conseguenze potenzialmente gravi per la madre e il bambino se non gestito correttamente. Il diabete gestazionale rappresenta un importante problema di salute pubblica, che richiede un’attenzione costante e interventi mirati, soprattutto in termini di prevenzione, diagnosi precoce e gestione terapeutica. Marco Grassi, ginecologo dell’ospedale “C. e G. Mazzoni” di Ascoli Piceno, sottolinea come “Se non gestito adeguatamente, il diabete gestazionale può aumentare il rischio di malformazioni fetali e morte intrauterina”.
Sintomi spesso silenziosi e difficoltà diagnostiche
Uno degli aspetti più insidiosi del diabete gestazionale è la sua presentazione clinica, spesso silente. Molte donne non mostrano sintomi evidenti e questo può ritardare la diagnosi. In alcuni casi, possono manifestarsi segnali come sete eccessiva, poliuria (bisogno frequente di urinare), infezioni urinarie ricorrenti e stanchezza. Tuttavia, come spiega Grassi, “Questi sintomi sono spesso confusi con i normali disturbi della gravidanza, il che rende ancora più difficile individuare precocemente la patologia. Ma la diagnosi tempestiva è cruciale per evitare complicanze”. La diagnosi di diabete gestazionale viene generalmente effettuata tramite il test da carico orale di glucosio (OGTT), raccomandato tra la 24ª e la 28ª settimana di gestazione.
Conseguenze per madre e bambino
Le complicanze legate al diabete gestazionale sono molteplici e possono colpire sia la madre che il nascituro. “Oltre a incrementare il rischio di parto prematuro e preeclampsia, una gestione inadeguata del diabete può causare macrosomia fetale, ossia un peso eccessivo del neonato, che può rendere difficoltoso il parto, aumentando il rischio di cesareo o di traumi durante il parto vaginale”, spiega Grassi. La macrosomia, oltre a essere pericolosa per il parto, può avere conseguenze a lungo termine sulla salute del bambino, predisponendolo all’obesità e al diabete di tipo 2.
Per quanto riguarda le donne, il diabete gestazionale aumenta il rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 dopo il parto. Le ricerche indicano che circa il 50% delle donne che sviluppano diabete gestazionale svilupperanno il diabete di tipo 2 entro 5-10 anni dal parto, specialmente se non adottano misure preventive adeguate.
Fattori di rischio e prevenzione
Diversi fattori di rischio aumentano la probabilità di sviluppare diabete gestazionale. Tra questi, il sovrappeso o l’obesità prima della gravidanza giocano un ruolo determinante. Le donne che hanno già avuto gravidanze complicate da diabete mellito gestazionale o che hanno dato alla luce neonati con un peso superiore a 4,5 kg sono particolarmente vulnerabili. Anche una storia familiare di diabete o l’appartenenza a gruppi etnici con un’alta prevalenza della malattia (come asiatici, ispanici e afroamericani) rappresentano ulteriori fattori di rischio.
“La prevenzione del diabete gestazionale è strettamente legata all’adozione di uno stile di vita sano”, afferma Grassi. “Un’alimentazione equilibrata, povera di zuccheri e carboidrati raffinati, insieme a un’attività fisica regolare, può ridurre significativamente il rischio. Camminare per almeno 30 minuti al giorno e seguire una dieta bilanciata con un basso indice glicemico sono le prime raccomandazioni”.
Una volta diagnosticato il diabete gestazionale, il controllo della glicemia diventa la priorità. La gestione del disturbo inizia con la dieta e l’esercizio fisico, ma in alcuni casi potrebbe essere necessario ricorrere alla terapia farmacologica. In circa il 10-20% delle donne con diabete gestazionale, la sola dieta non basta per controllare i livelli di glucosio nel sangue, e si deve ricorrere all’insulina o ad altri farmaci ipoglicemizzanti.
Il diabete gestazionale rappresenta una sfida complessa per il sistema sanitario italiano, che deve far fronte non solo alla gestione clinica della malattia, ma anche a una campagna di sensibilizzazione e prevenzione efficace. La diagnosi precoce e l’educazione alla salute sono essenziali per ridurre l’incidenza del disturbo e delle sue conseguenze a lungo termine.
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