La fertilità parte dal piatto: ecco cosa mangiare per aumentare le chance di gravidanza
- 4 Luglio 2025
- Fertilità
Nel mondo, spesso complesso e stressante, della fecondazione assistita, una nuova ricerca italiana apre scenari promettenti. Presentato al congresso Eshre di Parigi, lo studio ha rivelato che modificare in modo mirato l’alimentazione, accompagnandola all’assunzione di specifici probiotici, può aumentare in modo significativo le possibilità di avere un bambino. Il dato che più colpisce? Un +19% nel tasso di nascita viva per ciclo di transfer embrionale.
Non parliamo di una generica “dieta sana”, ma di un vero protocollo clinico nutrizionale, personalizzato e supportato da integrazione probiotica. Il cuore della scoperta sta in un protagonista ancora poco esplorato nei percorsi di Pma: il microbiota, l’insieme dei microrganismi che popolano il nostro intestino e l’ambiente vaginale, e che possono influenzare l’esito dell’impianto embrionale.
Nutrizione, probiotici e successo riproduttivo
“Migliorare il microbiota significa migliorare l’ambiente in cui l’embrione si impianta”, spiega Gemma Fabozzi, embriologa e nutrizionista presso il centro B-Woman di Roma, e prima autrice dello studio. Su 250 donne, quelle che hanno seguito un piano alimentare personalizzato e assunto per due mesi il probiotico Lactobacillus crispatus hanno registrato un tasso di nascita viva del 58%, contro il 39% del gruppo di controllo.
Il campione era composto da donne con almeno un precedente fallimento di impianto, embrioni euploidi (geneticamente normali) e stili di vita non ottimali. Il fatto che l’embrione fosse sano ha permesso di concentrare l’attenzione sull’ambiente uterino. La conclusione? Non è solo il farmaco a fare la differenza: il corpo femminile va preparato in modo sistemico.
Dalla dieta mediterranea alla prevenzione personalizzata
Il piano nutrizionale ha puntato a migliorare l’adesione alla dieta mediterranea, riducendo infiammazione e stress ossidativo. In parallelo, l’integrazione probiotica ha agito su intestino e vagina, potenziando la flora batterica benefica.
I benefici sono emersi anche al netto dell’indice di massa corporea, l’unico fattore confondente rilevato. Nessuna differenza invece nei tassi di aborto precoce o nei parametri neonatali, come peso alla nascita o durata della gravidanza: ulteriore conferma che il beneficio avviene prima, durante il delicato momento dell’impianto.
I risultati mettono in discussione un paradigma consolidato nella medicina della riproduzione, dove tutto ruota attorno alla stimolazione ovarica e ai farmaci. Questo studio suggerisce invece un approccio multidisciplinare: non solo ormoni, ma anche nutrizione, stile di vita e microbiota come fattori clinici centrali.
Un messaggio particolarmente forte in un Paese come l’Italia, dove il 70% delle donne in età fertile non segue la dieta mediterranea, il 30% è sovrappeso o obeso e il 20% fuma. Tutti elementi che, se corretti, potrebbero aumentare le possibilità di concepimento. Oltre al beneficio clinico, c’è un aspetto economico non trascurabile: ridurre il numero di tentativi grazie a un miglior successo al primo ciclo può alleggerire costi e stress per coppie e sistemi sanitari. Il fatto che l’intervento sia più efficace proprio tra chi parte da condizioni svantaggiate apre anche a riflessioni su come ridurre le disuguaglianze in medicina riproduttiva.