Cambridge choc sulle app che monitorano il ciclo mestruale: “Vendono dati estremamente dettagliati”
- 24 Giugno 2025
- Fertilità Popolazione
Le app per il monitoraggio del ciclo mestruale vendono le informazioni private delle donne in cambio di denaro. Una miniera d’oro per inserzionisti e sviluppatori, che viola la privacy e la sicurezza di milioni di donne in tutto il mondo. È questo l’allarme lanciato dal Minderoo Centre for Technology and Democracy dell’Università di Cambridge, che ha pubblicato un rapporto choc sui pericoli nascosti dietro questi strumenti digitali apparentemente innocui.
La ricerca rivela come le cosiddette “cycle tracking apps” (Cta) raccolgano dati che vanno ben oltre le semplici informazioni mestruali: esercizio fisico, dieta, farmaci, preferenze sessuali, livelli ormonali e uso di contraccettivi finiscono tutti nel database di queste applicazioni. Informazioni intime che vengono vendute su larga scala a terze parti, trasformando la salute riproduttiva femminile in una commodity commerciale.
Il business miliardario delle cycle tracking apps
Il mercato globale delle app per la salute mestruale è stato valutato pari a 1,69 miliardi di dollari nel 2024 e si prevede che raggiungerà i 5,07 miliardi entro il 2030, con una crescita annua del 20,24%. Solo le tre app più popolari hanno superato i 250 milioni di download globali, mentre in Europa il mercato vale già 400 milioni di euro e crescerà del 15% nei prossimi 5-10 anni.
“Le app di monitoraggio del ciclo sono un business redditizio perché forniscono alle aziende accesso a dati utente estremamente preziosi e dettagliati”, spiegano i ricercatori di Cambridge. La professoressa Gina Neff, direttrice esecutiva del Minderoo Centre, è categorica: “Le donne meritano di più che vedere i loro dati mestruali trattati come dati di consumo”.
La gravidanza vale oro per gli inserzionisti
Il vero tesoro nascosto in queste app riguarda i dati sulla gravidanza e la fertilità. Molte donne scaricano queste applicazioni quando cercano di concepire, senza sapere a quali rischi vanno incontro. “I dati su chi è incinta e chi vuole esserlo sono emersi come alcune delle informazioni più ricercate nella pubblicità digitale”, sottolineano i ricercatori.
La dottoressa Stefanie Felsberger, autrice principale del rapporto, denuncia: “Le app di monitoraggio del ciclo mestruale vengono presentate come strumenti di empowerment femminile per colmare il divario di genere nella salute. Tuttavia, il modello di business dietro questi servizi si basa sullo sfruttamento commerciale, vendendo dati utente e insights a terze parti per profitto”.
Rischi concreti per la sicurezza femminile
Le conseguenze di questa commercializzazione dei dati vanno ben oltre la semplice pubblicità mirata. I ricercatori avvertono che queste informazioni, se finiscono nelle mani sbagliate, potrebbero portare a discriminazioni nell’assicurazione sanitaria, compromettere le prospettive lavorative e persino facilitare violenze domestiche o cyberstalking. Ancora oggi, troppe donne vengono licenziate o non assunte perché incinte o perché vogliono avere un figlio.
In un contesto che vede i diritti riproduttivi sempre più minacciati, il giro d’affari delle app di monitoraggio del ciclo mestruale diventa ancora più inquietante. Come evidenzia Health Action International, “in Paesi dove i diritti riproduttivi sono minacciati, è ovvio come questi dati, una volta nelle mani sbagliate, possano avere conseguenze serie – particolarmente per i più vulnerabili, come le donne che cercano cure abortive sicure”.
Un settore senza regole
La questione viene alimentata dalla mancanza di regolamentazione nel settore femtech. Un audit del 2022 ha rivelato che quasi l’80% delle app femtech non riesce a ottenere il consenso degli utenti per usi specifici dei dati personali, ma le politiche sulla privacy risultano spesso inaccessibili, eccessivamente lunghe e complicate da comprendere.
Privacy International ha scoperto che le principali aziende sviluppatrici di “cycle tracking apps” hanno rivisto le loro pratiche di condivisione dati, ma continuano a raccogliere informazioni sui dispositivi senza che ci sia un “consenso significativo”. Il risultato è che le donne sottovalutano enormemente il valore finanziario dei loro dati in un mercato privo di regolamentazione.
La strada verso alternative pubbliche
Di fronte a questo scenario, i ricercatori di Cambridge chiedono una migliore governance del settore femtech, inclusa una maggiore sicurezza dei dati e “opzioni di consenso significative” e trasparenti nelle app.
La proposta più innovativa riguarda lo sviluppo di alternative pubbliche: “Organizzazioni come l’Nhs dovrebbero sviluppare alternative alle app commerciali di monitoraggio con autorizzazioni per l’utilizzo dei dati nella ricerca medica legittima”, scrivono i ricercatori in riferimento agli Usa.
L’idea di un’app pubblica per il monitoraggio del ciclo, trasparente e orientata alla ricerca piuttosto che al profitto, rappresenterebbe una rivoluzione nel settore. Come conclude la professoressa Neff: “Un futuro alternativo è possibile”.