“Antivirali per preservare fertilità”, l’obiettivo dei ricercatori
- 04/06/2024
- Fertilità
“Entro un decennio, speriamo di aumentare la fertilità tra le donne anziane che utilizzano farmaci antivirali“. A sostenerlo è il Dr. Michael Klutstein dell’Università Ebraica di Gerusalemme, secondo il quale, il deterioramento degli ovociti con l’aumentare dell’età va fermato.
In gran parte del mondo, un numero crescente di donne ritarda la nascita del primo figlio fino a quando non raggiungono i trent’anni, o i quarant’anni. In alcune zone, ci sono donne che hanno scelto di avere un figlio entro i limiti massimi dell’età media di ingresso alla menopausa. A quell’età, i loro ovociti si deteriorano rapidamente e, anche con la fecondazione in vitro, le loro prospettive di concepimento non sono del tutto garantite. Lo studio del biologo molecolare potrebbe invertire questo problema. Scopriamo come.
Preservare l’invecchiamento degli ovociti
Da anni, invertire il deterioramento degli ovociti è l’obiettivo delle ricerche del biologo molecolare Dr. Michael Klutstein, capo del laboratorio di ricerca sulla cromatina e l’invecchiamento presso la Facoltà di medicina dentale dell’Università ebraica di Gerusalemme (HU). Questa possibilità ora ha fatto un passo avanti grazie alla ricerca, condotta dalla dottoranda Peera Wasserzug-Pash. in collaborazione con i medici degli ospedali Hadassah Medical Center e Shaare Zedek. I loro risultati sono stati pubblicati su Aging Cell.
Quasi l’8% del nostro genoma è infatti composto da decine di migliaia di sequenze che prendono il nome di Herv (Human endogenous retrovirus, retrovirus umani endogeni). Sono antichi virus, risalenti in alcuni casi all’alba dell’evoluzione dei primati, incapsulati perennemente all’interno dei nostri cromosomi. Sono composti da filamenti di Dna o Rna racchiusi all’interno di un involucro proteico, detto “capside”. Come spiega il Dr. Klustein, gli ovuli iniziano ad accumulare danni al materiale genetico già in età giovanile. Ciò è dovuto alla maturazione delle cellule e al processo di invecchiamento che blocca gli Herv.
Circa la metà del nostro genoma “è costituito da sequenze o frammenti di virus, che possono causare notevoli danni al Dna se vengono attivati – si legge nella nota -. Questa idea è stata studiata approfonditamente ed è stata scoperta da Barbara McClintock, che ha ricevuto il Premio Nobel nel 1983 per il suo lavoro su questo argomento. È il processo di invecchiamento che causa l’incapacità del sistema di mantenere questi elementi dannosi repressi e inattivi”.
Gli studi sugli ovuli e cellule umane
Klutstein e la ricerca del suo team, utilizzando ovuli di topo e cellule umane, non solo hanno identificato i dettagli di questi processi, ma hanno mostrato come sono correlati e, in ultima analisi, come impediscono l’invecchiamento di una cellula “uovo”. In sintesi, ciò che ha fatto il team è stato usare sostanze chimiche in grado di imitare i processi reali dell’invecchiamento. Questa sua riproduzione artificiale ha permesso al team di collegare i processi di perdita di regolazione genomica all’espressione di elementi dannosi negli ovociti invecchiati.
Se virus o parti di essi venivano rilasciati e attivati negli ovuli invecchiati artificialmente allora i farmaci antivirali sarebbero in grado di prevenire questo processo.
E nella più recente ricerca, gli studiosi hanno mostrato che i farmaci antivirali hanno effettivamente invertito il processo nelle cellule degli ovuli del topo e sono tornati al loro stato precedente: “Entro un decennio, spero che saremo in grado di aumentare la fertilità tra le donne più anziane utilizzando farmaci antivirali”, ha concluso Klutstein.
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