Aborto farmacologico, è polemica per la frase del consigliere FdI: “Espelli il feto e tiri lo sciacquone”
- 9 Luglio 2025
- Fertilità
“Con la pillola Ru486 si consente a una donna di abortire da sola nel bagno di casa, espellendo il feto e tirando lo sciacquone”. Questa frase, pronunciata dal consigliere regionale di Fratelli d’Italia Priamo Bocchi durante una seduta dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, ha scatenato una bufera politica e sociale. Le reazioni sono state immediate: Simona Larghetti (Avs) ha parlato di “bestialità offensive” e Francesco Critelli (Pd) ha dichiarato che “alcuni temi che toccano la carne viva e la sofferenza di decine di migliaia di donne meritano di essere trattati con rispetto e non si può pensare di discutere politicamente in questa maniera così barbara e così violenta”.
Ma cosa c’è davvero dietro l’aborto farmacologico a domicilio?
Aborto farmacologico in Emilia-Romagna
Dal 1° gennaio 2025, l’Emilia-Romagna ha introdotto la possibilità di effettuare l’aborto farmacologico anche a domicilio. La decisione è frutto di un aggiornamento del protocollo sanitario regionale, che prevede tre modalità di interruzione volontaria di gravidanza:
• Chirurgica in day surgery
• Farmacologica in ambulatorio
• Farmacologica a domicilio
Quest’ultima opzione non è un “fai da te”, ma un percorso tracciato e sicuro. La donna accede al servizio sanitario, viene visitata, riceve il primo farmaco (mifepristone) sotto controllo medico, e solo successivamente assume a casa il secondo (misoprostolo). Dopo 14 giorni, è previsto un controllo clinico per verificare l’esito dell’interruzione: ma vediamo nel dettaglio come funziona l’aborto farmacologico.
Cos’è l’aborto farmacologico e come si svolge?
L’aborto indotto farmacologicamente è un aborto provocato dall’assunzione di due farmaci entro la settima settimana di gravidanza, contando dal primo giorno di mestruazione. Il primo farmaco, il mifepristone, blocca l’attività del progesterone, ormone che consente l’impianto ed il proseguimento della gravidanza nelle prime settimane, determinando in questo momento l’interruzione della gravidanza. Dopo l’assunzione del mifepristone di solito non ci sono sintomi significativi (solo nel 3-4% delle donne può iniziare una mestruazione, anche abbondante).
Il secondo farmaco, il misoprostolo, assunto dopo 48 ore dal primo, è una prostaglandina e agisce determinando contrazioni uterine e l’inizio di una perdita ematica simile ad una mestruazione abbondante durante la quale verranno espulsi i tessuti embrionali (l’embrione, in quel dato momento, misura dai 2 agli 8 millimetri). Tale perdita ematica simile alla mestruazione potrà protrarsi per diversi giorni oltre quelli abituali. Dopo 14 giorni dall’assunzione del misoprostolo è previsto un controllo clinico ed ecografico per verificare l’avvenuto aborto ed escludere la necessità di ulteriori trattamenti (medici o chirurgici).
E nel resto d’Italia?
L’aborto farmacologico è stato autorizzato in Italia nel 2009. Tuttavia, la sua applicazione è ancora disomogenea. Solo alcune regioni (Toscana, Lazio, Emilia-Romagna, Umbria, Basilicata) offrono l’aborto farmacologico in ambulatori o consultori. In molte altre, è ancora limitato agli ospedali, spesso con obbligo di ricovero. Una circolare del Ministero della Salute del 2020 ha esteso l’uso fino alla nona settimana e autorizzato la somministrazione anche fuori dal ricovero, ma l’adeguamento è lento.