Se si alza l’età della pensione, si disincentiva la natalità
- 12/08/2023
- Famiglia
Se si alza l’età della pensione, si disincentiva la natalità. Ma solo nei Paesi mediterranei. Questo l’effetto, imprevisto e negativo, delle politiche di riordino del sistema pensionistico che negli ultimi decenni in Europa hanno allungato via via il momento in cui si lascia il lavoro. La correlazione è messa in luce da uno studio condotto da Edoardo Frattola di Bankitalia e diffuso in questi giorni, dal titolo ‘Parental Retirement and Fertility Decisions across Family Policy Regimes’.
L’analisi ha utilizzato i dati SHARE (Survey of Health, Ageing and Retirement in Europe) relativi al periodo 2004-2018, un ampio sondaggio che sintetizza informazioni sulla demografia, lo stato socioeconomico, la salute e la rete sociale degli over 50 europei. Inoltre considera 11 Paesi divisi in 3 gruppi di ‘regimi politici’: Continentale (Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Svizzera), Mediterraneo (Grecia, Italia, Spagna) e Nordico (Danimarca, Svezia).
Il paper intende rispondere a due domande:
• il pensionamento dei genitori impatta sulle decisioni dei figli di avere a loro volta dei figli?
• questo effetto cambia a seconda delle politiche familiari messe in atto dai governi?
Età pensionabile e tasso di fertilità
Il paper risponde affermativamente ad entrambe le domande. I dati indicano infatti che esiste una correlazione tra l’età in cui un genitore va in pensione e le decisioni di fertilità dei suoi figli. E che questo impatto è presente solo nei Paesi mediterranei.
Il perché è da ricercarsi nel maggior peso rivestito dal supporto dei nonni, nei legami familiari più forti ma anche nella maggior debolezza delle politiche familiari governative che caratterizzano i Paesi del Sud Europa.
In sostanza, nei Paesi mediterranei si ricorre molto più frequentemente a forme informali di cura dell’infanzia. E dunque l’aumento dell’età della pensione può avere conseguenze inattese negative sui tassi di fertilità di questi Paesi, perché ritardano le decisioni di fertilità delle coppie. Il sapere di avere dei nonni non disponibili, e quindi di dover affrontare una serie di costi legati alla gestione dei bambini e una maggior difficoltà a conciliare vita e lavoro, fa rimandare la scelta di avere un figlio a quando i genitori potranno fornire un aiuto.
Non sembra dunque un caso che nei sondaggi sul come migliorare la natalità In Italia si trovi come risposta ‘più asili’ e più strutture di aiuto nella gestione dei bambini.
Perché età pensionabile e tasso di fertilità sono collegati
La discesa dei tassi di fertilità ha caratterizzato in Europa il secolo appena trascorso, fino ad arrivare in tutti gli Stati dell’Ue 27 sotto la soglia del livello di rimpiazzo (il numero annuo di nascite necessario per compensare i decessi e garantire la stabilità della popolazione) che è pari 2.1 figli per donna. Alcuni Paesi però sembrano essere più in difficoltà degli altri: ad esempio, Italia e Spagna hanno un tasso di natalità pari a solo 1.3 figli per donna. Bassa natalità e maggiori aspettativa di vita sono la combinazione perfetta per una serie di problemi quali l’invecchiamento della popolazione e l’instabilità sempre maggiore dei sistemi di welfare attuali.
Si spiegano così le politiche degli ultimi 30 anni che, nel tentativo di arginare la spesa pubblica per le pensioni di anzianità, hanno via via allungato l’età minima necessaria per ritirarsi dal lavoro. Cosa che, però, secondo il paper, ha avuto l’effetto imprevisto di andare a incidere sulle decisioni di fertilità dei giovani e quindi sul tasso di natalità generale, instaurando una specie di circolo vizioso.
Se infatti le coppie attendono che i propri genitori vadano in pensione per poter affidare loro i bambini, allungare l’età del ritiro significa allungare l’età in cui i giovani avranno il primo figlio. Questo implica anche una minore possibilità di avere un secondo figlio, se si considera che la fertilità della donna, nonostante lo sviluppo della medicina, cala con l’età, e senza contare fattori socioculturali che scoraggiano avere figli in là con gli anni; un altro aspetto che, sottolinea lo studio, è più presente nei Paesi mediterranei.
Alla base del meccanismo c’è quello che il paper chiama trasferimento intergenerazionale di tempo e denaro, che avviene (solitamente) dai nonni verso i figli e i nipoti e che assume un’importanza fondamentale dove non ci sono adeguate politiche familiari. I giovani infatti sono beneficiari netti del supporto intergenerazionale: mediamente ogni anno i genitori ‘donano’ circa 2500 euro e 500 ore del proprio tempo ai figli. E se sono in pensione, possono addirittura aumentare il trasferimento di tempo, favorendo così la propensione dei figli ad avere a loro volta dei figli dato che si aspettano di affrontare meno spese per la loro gestione.
Va anche considerato che, se la pensione è bassa, i genitori potrebbero dover ridurre i loro trasferimenti di denaro, influenzando negativamente sulle decisioni di fertilità dei figli.
L’effetto finale sulla probabilità di una nascita dipende da quale di questi due aspetti prevale, se un effetto positivo sul tempo o uno negativo sul denaro.
Il ruolo delle differenti politiche familiari
L’impatto dell’età pensionabile sulle decisioni di fertilità varia a seconda delle politiche familiari messe in atto dai governi. Il paper cita quattro ‘regimi’ politici principali in Europa: Continentale, Mediterraneo, Nordico e Anglosassone, non preso in considerazione nell’analisi.
In questi contesti, il ruolo del supporto parentale è rilevante dove le politiche familiari sono meno generose, i servizi formali di cura meno diffusi e più costosi e i legami familiari più forti: è il caso dei Paesi mediterranei.
Nel dettaglio, le famiglie nell’area mediterranea hanno sperimentato un aumento di circa il 6% della probabilità di diventare nonni 2 anni dopo il pensionamento, mentre nelle altre aree l’impatto è statisticamente zero. Un numero significativo, considerando un tasso medio di natalità dei nipoti del 10% nel regime mediterraneo. Tasso che sale al 29% entro 2 anni nel caso di genitori che vanno in pensione appena raggiunta l’età minima per farlo.
L’effetto, rileva lo studio, è più ampio per le famiglie dove i genitori anziani
• sono più disponibili a prendersi cura dei nipoti
• sono in buona salute
• sono vicini ad almeno uno dei loro figli
• hanno già al massimo un nipote
Si tratta di fattori rilevanti per l’aiuto intergenerazionale e provano che la disponibilità di forme informali di cura dell’infanzia da parte dei nonni in pensione ha un effetto positivo sulle scelte di fertilità delle coppie, e di conseguenza politiche che allungano l’età del ritiro dal lavoro, diminuendo tale disponibilità, incidono negativamente sul tasso di fertilità.
Il paper sottolinea comunque la necessità di approfondire la questione, ma anche di tenerne conto nel momento in cui si mette mano a una riforma delle pensioni, valutando tutta una serie di variabili: se il problema nei Paesi mediterranei è la debolezza delle politiche pubbliche a sostegno delle famiglie, si potrebbe agire sulla fertilità ad esempio aumentando l’offerta di assistenza formale all’infanzia. Ma se ciò che conta è la forza dei legami familiari, questa soluzione non sarebbe percepita come un sostituto adeguato per l’assistenza informale all’infanzia, e una tale contromisura sarebbe molto meno efficace nel sostenere la fertilità.
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