Scuola, dagli zaini hi tech ai diari da 40 euro. Il pedagogista: “Educare alla sobrietà”
- 28 Agosto 2025
- Famiglia
Non solo caro-libri. A pesare sulle tasche di migliaia di genitori, ogni anno, c’è quella che il Codacons, l’associazione a difesa dei consumatori, ha definito “la fiera dell’inutile”. Dallo “zaino hi-tech con luci led e speaker wireless a diari da 40 euro, astucci da 60 e zaini griffati che superano i 200 euro”, il corredo scolastico raggiunge cifre che si aggirano intorno ai 700 euro annui a famiglia.
Secondo l’associazione, con l’arrivo dell’anno scolastico nuovo le famiglie devono fare i conti con questa spesa che nulla ha a che vedere con lo studio. Un business che sembra crescere e che nasconde qualcosa di più profondo. Come ci spiega il pedagogista Daniele Novara, quella della “fiera dell’inutile” rappresenta “un bisogno di appartenenza a determinati gruppi sociali, se parliamo di adolescenti. Ma i bambini non ne hanno bisogno: in quel caso è più una mania genitoriale non priva di rischi”. Cosa fare? “Educare alla sobrietà”.
Il costo del corredo scolastico
A evidenziare i costi del corredo scolastico è stato l’Osservatorio nazionale Federconsumatori, secondo il quale, la spesa ammonterà quest’anno a circa 658,20 euro per ciascun alunno. “Le voci più care si confermano quelle relative allo zaino, specialmente se si sceglie la versione trolley, per evitare di portare sulle spalle pesi eccessivi, oppure la versione hi-tech, con tanto di power bank integrato, per poter ricaricare i propri dispositivi”, scrive Federconsumatori in una nota.
Quest’anno, inoltre, l’analisi dei costi ha preso in considerazione il costo dei prodotti anche online – e non solo in cartolibreria – dal momento che tale modalità di acquisto, ormai, “è sempre più diffusa e spesso consente di risparmiare tempo e risorse”. Ciò che è emerso è che “mediamente, acquistando tali prodotti online si risparmia il 21,6% rispetto all’acquisto presso le cartolibrerie e il 3% rispetto all’acquisto presso la grande distribuzione organizzata”.
Il parere del pedagogista Daniele Novara
Cosa rischia un ragazzo che non acquista il corredo scolastico più alla moda?
“Prima dei costi del corredo scolastico è utile evidenziare che ce ne sono di ben peggiori e purtroppo necessari, legati allo studio, e che vanno dal costo dei libri di testo alle ripetizioni pomeridiane. Costi che possono ammontare anche a 600 euro al mese. Il “vestiario” scolastico, invece, fa parte di necessità diverse: per i bambini non è una preoccupazione, a meno che i genitori non abbiano tendenze fashion particolari. Il problema riguarda più la preadolescenza e l’adolescenza stessa: ogni generazione ha una moda propria e in quel caso è una questione di conformismo a gruppi sociali. Se quest’ultimi non mi sento di criticarli, perché ci siamo capitati tutti, per i bambini, spesso il problema sono i genitori”.
Quali messaggi educativi trasmettono i genitori quando cedono o resistono alla pressione di acquistare articoli costosi?
“L’eccesso del genitore, nel cedere o nel resistere alle richieste di un figlio o di una figlia, poterà a sensazioni quali narcisismo, onnipotenza o frustrazione. Tutte cose di cui un giovane non ha bisogno. Il messaggio da trasmettere è quello della sobrietà: con Silvia Calvi ho scritto un libro “L’essenziale per crescere, in cui il tema affrontato è legato al consumismo e al processo educativo. Se un ragazzo vuole un prodotto di marca per andare a scuola è evidente che non può permetterselo. Un regalo ogni tanto va bene, ma non c’è bisogno che gli venga sempre servito tutto su un piatto d’argento.
È giusto che l’autostima dei bambini passi tramite un diario griffato?
“Lo dico senza mezzi termini: i genitori non devono assecondare le griffe, perché è uno spreco. Altro discorso è opporsi alle mode, soprattutto quelle adolescenziali che riguardano l’esclusione o inclusione sociale. Ci vuole dialettica: “Vuoi un diario dei calciatori o di una cantante famosa? Può andar bene. Penso sia legittimo spendere qualche euro in più. La sobrietà non deve diventare un limite. Ma se si parla di griffe e marchi, è solo uno sperperare”.
Questo consumismo scolastico può rappresentare un ostacolo all’educazione?
“Tutto quello che è eccesso non è solo un ostacolo, ma un danno. Ci sono studi che dimostrano che possedere eccessivi giocattoli genera incapacità di giocare. Ci vuole misura: meglio pochi strumenti, sulle quali il bambino articola delle varianti ludiche o di gusto, piuttosto che un eccesso di giochi e prodotti che gli causerebbero un blocco emotivo”.
La scuola può insegnare a distinguere il “necessario” dal “superfluo”?
“La scuola deve farlo, instaurando un dialogo tra i ragazzi. Lo spiegone moralistico sarebbe inutile e controproducente. Restituire ai ragazzi una discussione anche riguardo il loro personale dress code o corredo scolastico sarebbe utile, senza dire loro cosa sia giusto o sbagliato acquistare. La mia tecnica si basa sul dibattito maieutico: presento una questione ai miei ragazzi, attivo un dibattito, si entra nel vivo dei problemi, senza moralismi. Non dobbiamo educare gli alunni a pensare cosa sia giusto e cosa sbagliato, sarebbe sufficiente già educarli a pensare. Anche perché ciò che è giusto, come ci insegnano i conflitti geopolitici del momento, può essere un equivoco, è sempre molto relativo”.
Proposte “antispreco”
Alcune Regioni, come Lombardia, Lazio e Piemonte, ad esempio, hanno introdotto voucher scuola: dei supporti economici alle famiglie per le spese che dovranno sostenere per i propri figli con l’avvicinarsi dell’anno scolastico. Intanto, cresce l’attenzione verso pratiche come il consumo collaborativo: scambi, mercatini locali e gruppi social che ridanno vita a zaini e diari di seconda mano.
Misure sicuramente positive, spiega Federconsumatori, “ma spesso non sufficienti a coprire costi di entità così elevata. Per questo da anni chiediamo maggiori sostegni per le famiglie, con bonus destinati non solo a chi si trova in condizioni di forte difficoltà economica, ma rivolti anche, in misura progressiva, ai lavoratori che hanno visto ridursi in maniera drammatica il proprio potere di acquisto”.