Schiaffi, sculacciate e botte sui bambini: zero benefici, solo danni
- 12 Settembre 2025
- Famiglia
Le punizioni corporali hanno effetti negativi sui bambini, senza portare nessun tipo di vantaggio. Né sul comportamento, né sullo sviluppo, né sul benessere. Lo conferma un recente studio dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Salute), dal titolo ‘Understanding and Preventing Child Corporal Punishment’, che ha analizzato 1,2 miliardi di minori nel mondo, concentrandosi sulla diffusione del fenomeno, le conseguenze e i fattori di rischio, ampliando infine lo spettro degli interventi da mettere in campo.
Anche uno schiaffo è una punizione corporale
Innanzitutto, cosa si intende per punizioni corporali? Il Comitato delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo le definisce come “qualsiasi punizione in cui venga utilizzata la forza fisica e destinata a causare un certo grado di dolore o disagio, per quanto leggero“.
Nel concreto, possono rientrare nella categoria:
• colpire i bambini con una mano o un oggetto (come una cintura o una scarpa)
• dare calci, scuotimenti o lanciare i bambini
• graffiare, pizzicare, mordere, tirare i capelli o inscatolare le orecchie
• costringere i bambini a rimanere in posizioni scomode
• bruciare e scottare
• ingestione forzata (ad esempio, lavare la bocca dei bambini con il sapone).
Va poi sottolineato che le punizioni corporali spesso coincidono con quelle psicologiche, che sminuiscono, umiliano, denigrano, sfruttano come capro espiatorio, minacciano, spaventano o ridicolizzano un bambino.
Un fenomeno ancora diffuso nel Mondo
Potremmo pensare che alzare le mani sui bambini, in varia forma, sia un problema ormai passato, ma non è così. Secondo le stime dell’Unicef (Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia), ogni anno nel mondo un miliardo e 200mila bambini e ragazzi tra 0 e 18 anni – di cui 330 milioni sotto i cinque anni – sono sottoposti a sberle, calci o tirate di capelli a casa. Chi gliele infligge? genitori, zii e nonni che non risparmiano nemmeno neonati e piccolissimi.
Aggredire i più piccoli è prassi comune in tutti i continenti. Secondo un sondaggio condotto dall’Unicef tra il 2010 e il 2016 su 49 Paesi a basso e medio reddito, le punizioni corporali di bambini di età compresa tra 2 e 4 anni sono meno comuni in Europa e Asia centrale (41%) e in Asia orientale e nel Pacifico (48,2%). In America Latina e nei Caraibi, il 55,2% dei bambini è stato esposto a punizioni corporali e il 64,6% nell’Asia meridionale. Le punizioni corporali erano più comuni nell’Africa subsahariana (70,6%) e nel Medio Oriente e Nord Africa (75,8%).
Ma anche in ‘Occidente’ la cosa non è un’eccezione. Uno studio del 2023 in Australia ha rilevato che il 62,5% degli adulti ha subito punizioni corporali durante l’infanzia, mentre un’indagine del 2015 negli Stati Uniti ha rilevato che un quarto dei genitori con bambini con meno di 5 anni li sculacciava più volte a settimana, circa un quinto lo faceva abitualmente e il 17% li picchiava usando cinture, righelli, cucchiai di legno e appendiabiti. Da sottolineare che circa il 70% dei genitori americani ha affermato che la disciplina è stata la parte più difficile dell’educazione dei figli e il 30% ha indicato che “sculaccio anche se non mi sento a mio agio”.
Le botte non servono a crescere
Le botte non servono a crescere. Tutt’altro: i bambini picchiati imparano la violenza e si portano dietro ferite che vanno ben oltre l’infanzia: paura, ansia, depressione e bassa autostima. Inoltre, diventano adulti più aggressivi con il partner e con i propri figli e rischiano più facilmente di abusare di alcol e droghe. Ci sono anche conseguenze sociali: l’Oms stima che la violenza contro i minori costi tra il 2 e il 5% del Pil globale ogni anno per il peso che genera sui sistemi sanitari e giudiziari; mentre la Banca Mondiale ha calcolato che non estirpare la violenza a livello scolastico pesa sulla qualità dell’apprendimento e a livello globale costa 11 trilioni di dollari in mancati guadagni degli alunni nel corso della loro vita.
Più nello specifico, le punizioni corporali, sia a casa che a scuola, comportano:
• danni fisici diretti, comprese lesioni dovute ai colpi e alle altre forme di violenza fisica
• compromissione dello sviluppo cognitivo e socio-emotivo
• paura, stress e ansia
• depressione, bassa autostima, ostilità e instabilità emotiva
• risultati scolastici scarsi
• vocabolario ridotto
• fatica a concentrarsi, iperattività
• relazioni familiari danneggiate
• problemi comportamentali, tra cui autolesionismo, abuso di alcol e droghe e tendenze suicide
• scarsa interiorizzazione morale
• aumento del comportamento violento, antisociale e criminale (tra cui bullismo, menzogna, fuga, assenteismo, abbandono scolastico, abitudini sessuali a rischio).
I fattori di rischio
Lo studio dell’Oms ha indagato anche i fattori che aumentano il rischio di subire punizioni corporali:
• a livello individuale, l’essere disabile. Per quanto riguarda il genere, le punizioni corporali colpiscono sia i ragazzi che le ragazze, a parte alcuni Paesi in cui i primi hanno maggiori probabilità. Possono però esserci differenze riguardo il tipo o la frequenza della punizione, e i motivi per cui si viene puniti
• a livello familiare, genitori che a loro volta sono stati punti corporalmente (la trasmissione intergenerazionale è il principale fattore di rischio) e/o quelli che soffrono di condizioni come la depressione o l’abuso di alcol e droghe
• a livello comunitario e sociale la povertà, il razzismo e la discriminazione sociale.
Vietare non basta
Dalla metà degli anni ’80 solo Finlandia e Svezia avevano approvato una legge che proibiva le punizioni corporali dei bambini. Nell’ottobre 2024, erano 67 gli Stati con una normativa in materia, in tutti i contesti geografici, culturali e di reddito. Altri sono sulla via. Ma quello che si è visto è l’introduzione di una legislazione può ridurre il ricorso alle misure fisiche ma a volte non cambia nulla o addirittura il fenomeno aumenta. Viceversa, la prevalenza del ricorso alla violenza può diminuire o crescere anche senza divieti.
Il punto è che vietare non basta, perché la convinzione di fondo, dura a morire, è che ‘le botte’ siano uno strumento educativo, e per di più valido. Inoltre, che sia ammesso e legittimo punire i figli fisicamente è stata incorporata nella legge, nella religione e nelle tradizioni culturali di molte società. Dunque, oltre a norme ad hoc, che comunque nella maggior parte degli Stati ancora devono essere adottate, occorre mettere in campo azioni a più livelli. L’Oms suggerisce di fare riferimento ai sette campi di intervento previsti dal quadro INSPIRE:
• attuazione e applicazione delle leggi
• norme e valori
• ambienti sicuri
• supporto ai genitori e ai caregiver
• reddito e rafforzamento economico
• servizi di risposta e supporto
• istruzione e abilità di vita.
Si tratta di strategie che si sono dimostrate efficaci nel ridurre i fattori di rischio che aumentano la probabilità di punizioni corporali sui bambini. L’Oms fa qualche esempio: interventi di supporto alla genitorialità per diffondere approcci non violenti, interventi scolastici per ridurre la violenza da parte degli insegnanti e tra gli alunni, norme basate sulla comunità, interventi di cambiamento sociale che prendono di mira la violenza del partner, campagne sui molti danni e il nessun beneficio di picchiare i più piccoli.