Mbappé contro i genitori ossessivi, “Lasciate divertire i vostri figli”. Cresce l’allarme sulla genitorialità tossica
- 09/12/2024
- Famiglia
Kylian Mbappé chiede ai genitori di lasciare in pace i propri figli, spesso sottoposti ad estenuanti allenamenti sin da piccoli. In Francia l’ossessione per la performance sportiva sta diventando un problema sempre più diffuso, tanto che è stato pubblicato un cortometraggio per denunciare la tossicità di questi comportamenti genitoriali. Il nome ufficiale del corto è “Projet 2036” (“Progetto 2036”) ma tutti lo chiamano “Projet Mbappé”.
Il regista Nicolas Khamsopha ha detto di voler lanciare un segnale perché si parli di questo problema finora rimasto sotto traccia. In molti casi, il cosiddetto “Projet Mbappé” riguarda bambini che non hanno neanche compiuto i dieci anni.
Progetto Mbappé, cosa è?
Il cortometraggio racconta la storia di Rayanne, un bambino che, con addosso la maglia di Mbappé al Psg, è costretto dal padre a seguire allenamenti estenuanti a soli otto anni. Nel frattempo, la madre documenta ossessivamente ogni momento dell’allenamento con il cellulare, pubblicando tutto su TikTok. Nel corto si dà poca importanza al figlio e molto spazio al dialogo tra i genitori. Il quadro che emerge è quello di due adulti che, dopo aver fallito nelle loro carriere sportive, ripongono tutte le speranze di riscatto nel successo del figlio.
“Volevo mostrare principalmente i genitori e meno il bambino. Sono i genitori che comunicano tra loro. Al bambino non importa. È il progetto dei genitori”, spiega il regista Nicolas Khamsopha.
Non si tratta solo di film: episodi simili sono sempre più comuni in Francia, dove molti genitori vedono nello sport dei figli una via di riscatto sociale ed economico, e decidono di percorrere questa via senza lasciare spazio e tempo ai figli. “Volevo mostrare la loro tossicità che genera comportamenti ossessivi”, continua Khamsopha la cui opera ha un obiettivo preciso: “Con questo cortometraggio spero di riuscire a sensibilizzare e inviare dei messaggi. Stiamo lanciando un segnale perché se ne inizi a parlare”, sottolinea il regista trentenne.
Lo sfogo di Mbappé
In attesa di capire quali saranno le ricadute sociali di “Projet 2036”, Kylian Mbappé ha lanciato un appello ai microfoni di Clique Tv: “Vedo molti giovani che sono sotto pressione per soddisfare le aspettative dei loro genitori. Questo non è giusto. Dobbiamo permettere ai ragazzi di essere sé stessi e di divertirsi”, ha detto la stella del Real Madrid.
La sua stessa storia dimostra quanto la voglia di avere il controllo su tutto non sia sinonimo di successo, semmai del suo contrario: “Ho sempre avuto la libertà di esprimermi e di seguire le mie passioni. I miei genitori non mi hanno mai imposto cosa fare o come comportarmi”, dice il ragazzo classe 1998 che già prima che era una delle più grandi promesse del calcio ancora prima di compiere vent’anni.
Le parole di Mbappé fanno riflettere su come il ruolo dei genitori stia prendendo una piega poco auspicabile: “La cosa più importante è che i bambini possano crescere senza sentirsi costretti a raggiungere determinati obiettivi. La pressione eccessiva può portare a conseguenze negative, sia sul campo che nella vita”. Diversi studi gli danno ragione.
Le pressioni dei genitori, l’ansia dei figli
Come dimostrato da diversi studi, tra cui uno della Baylor College of Medicine, quando i genitori pongono aspettative irrealistiche o spingono troppo, i bambini possono sviluppare ansia da prestazione. Quando i bambini non riescono a soddisfare tali aspettative, possono iniziare a dubitare delle proprie capacità e a sentirsi insoddisfatti, il che può portare a problemi di autostima e conseguenze anche più gravi a distanza di anni.
In ambito sportivo, una ricerca condotta da Ferris et al. (2024) ha mostrato le gravi conseguenze della pressione genitoriali sulle prestazioni e le scelte dei figli:
- Solo il 16,1% dei giovani con alta pressione parentale ha continuato a praticare sport;
- l’87,5% dei giovani con pressione moderata ha continuato a praticare sport;
- l’88,5% dei giovani con bassa pressione parentale ha continuato la propria attività sportiva (Ferris et al., 2024).
In pratica, sembra esserci una relazione inversa tra la pressione dei genitori e le prestazioni dei figli. La genitorialità tossica non ha effetti solo sulle scelte, ma anche sulle prestazioni in campo. Uno studio Witt del 2018 ha dimostrato che i giovani atleti che percepiscono una necessità di soddisfare standard elevati possono sperimentare stress e ansia, influenzando negativamente le loro prestazioni e il loro godimento dello sport. Come riportano gli autori, “i bambini che si sentono costretti a vincere tendono a sviluppare una visione distorta del successo, associandolo esclusivamente ai risultati piuttosto che al processo di apprendimento”
Secondo un report della George Washington University Milken Institute School of Public Health, quasi il 70% dei giovani atleti abbandona lo sport organizzato prima della scuola media, un fenomeno spesso attribuito alla pressione esercitata dai genitori (Padaki et al., 2020). Questo abbandono precoce è correlato non solo alla perdita di interesse per l’attività fisica ma anche all’insorgere di problemi psicologici come ansia e depressione.
Lo sfogo di Mbappé offre l’assist per riflettere sulle pressioni eccessive dei genitori ben oltre il calcio e lo sport. A settembre, anche Cristiano Ronaldo aveva lanciato un appello simile, chiedendo ai genitori di non mettere troppe pressioni ai figli.
Conseguenze oltre lo sport
Una ricerca condotta dalla American Psychological Association ha rilevato che il 40% dei giovani che percepiscono una pressione costante da parte dei genitori sviluppa sintomi di ansia o depressione. Questi sintomi, collegati al desiderio di non deludere le aspettative, portano spesso a una riduzione dell’autostima e a un aumento dei livelli di stress. Non solo i genitori, spesso è la società stessa, il confronto con gli altri, il foglio bianco sulla scritta futuro a deprimere i giovani.
Il tema delle pressioni familiari diventa ancora più complesso quando si parla di scelte di carriera. Secondo uno studio del Child Development Journal, il 60% dei figli di genitori celebri sente di dover seguire le orme dei propri genitori, anche se solo il 35% di loro è realmente interessato a quel campo. Questo scontro tra aspettative e desideri personali può portare a una mancanza di autenticità nelle scelte professionali e a una maggiore insoddisfazione.
La conferma più lampante arriva dalla University of Michigan, che in uno studio ha evidenziato che i giovani che seguono carriere imposte dai genitori mostrano un tasso di insoddisfazione professionale del 45%, contro il 28% di quelli che scelgono autonomamente il proprio percorso.
La situazione in Italia
L’Italia non fa eccezione. Secondo i dati del Centro Studi Censis, circa il 40% dei giovani italiani che provengono da famiglie di successo sente l’obbligo di seguire la stessa carriera dei genitori, anche se solo il 20% di loro ha un reale interesse per quel campo. Questo fenomeno è particolarmente diffuso nel settore legale e medico, dove molti figli di avvocati e medici si sentono costretti a intraprendere le stesse professioni.
Insomma, le pressioni dei genitori sui figli sono una dinamica preoccupante anche se spesso viene sottovalutata. Secondo le stime del Global Health Journal, un ambiente familiare più inclusivo e supportivo ridurrebbe i rischi di stress e ansia del 30%, migliorando notevolmente la salute mentale dei giovani e consentendo loro di fare scelte di carriera più consapevoli e autentiche.
Ai genitori la scelta.