Pester power: quando sono i figli a decidere cosa comprare in famiglia
- 9 Settembre 2025
- Famiglia
Assillare qualcuno fino allo sfinimento è una delle tecniche più efficaci per ottenere qualcosa. Lo sanno bene i bambini, che spesso e volentieri insistono così tanto che per i genitori è difficile non cedere. In inglese si chiama ‘pester power’, o anche ‘nag factor’; in italiano potremmo chiamarlo ‘fattore assillo’, e riguarda sempre più anche le decisioni di acquisto familiari, comprese quelle più delicate. Alla base, il ruolo pervasivo della pubblicità, che induce i bambini a volere tutta una serie di prodotti e a tormentare mamma e papà per averli.
Una nuova indagine dell’istituto Eumetra si è concentrata sul potere e l’influenza dei figli sugli acquisti familiari, e dunque sui consumi, in Italia, Regno Unito e Germania. La ricerca ha preso in esame 1.843 famiglie italiane con bambini fino a 11 anni, confrontandole con i dati degli altri due Paesi.
I figli oggi fanno sentire la propria voce
Ebbene, lungo lo Stivale il fenomeno è strutturale e tocca quasi ogni ambito del consumo familiare, andando oltre ambiti di ‘competenza’ come possono essere i giocattoli, e arrivando a incidere anche su decisioni più trasversali legate al cibo, alla tecnologia, ai viaggi e all’arredamento. In poche parole, in Italia il ruolo dei figli nelle decisioni d’acquisto è ampio, capillare e riconosciuto. I genitori, infatti, dichiarano di essere influenzati dai propri pargoli in quasi tutte le principali categorie merceologiche analizzate:
● Giochi: 76%
● Attività ricreative: 72%
● Calzature: 65%
● Abbigliamento: 65%
● Alimentazione: 49%
● Vacanze: 39%
● Tecnologia: 38%
● Igiene e cura: 30%
● Arredamento: 30%.
“Il nostro studio fotografa un’Italia in cui le famiglie sono sempre più orizzontali e partecipative”, dichiara Matteo Lucchi, ceo di Eumetra. “Il pester power non è più confinato al gioco o ai desideri momentanei. Riguarda categorie fondamentali, come l’alimentazione, la tecnologia, i viaggi. Anche su scelte ‘da adulti’ i figli oggi fanno sentire la loro voce”, spiega ancora.
In Germania un’educazione più pratica e meno emozionale
Ma questo non è l’unico modello educativo possibile: “In Italia l’influenza dei figli è emozionalmente radicata: conta il benessere, il tempo insieme, la cura dei dettagli che fanno sentire i bambini parte della famiglia. Altrove, come in Germania, prevale una logica più funzionale e quotidiana, che affida responsabilità concrete anche ai più piccoli”, spiega Lucchi.
In quest’ultimo Paese, infatti, l’influenza dei figli si manifesta in modo particolarmente incisivo su alcune categorie chiave quali l’alimentazione (63%, la tecnologia (45%), le vacanze (49%). I figli insomma sono coinvolti precocemente in scelte concrete e quotidiane, con meno accento sulla parte emozionale ma valorizzando soprattutto l’autonomia e il senso di responsabilità.
Nel Regno Unito, i genitori si dichiarano influenzati soprattutto nei giochi (75%) e nelle attività ricreative (68%), ma è minore nelle altre categorie, segno in questo caso di un coinvolgimento meno sistematico e più legato a occasioni specifiche.
Pester power e pubblicità
L’espressione ‘pester power’ identificava già negli anni 80 il fenomeno legato al marketing tramite tv, che considerava – e considera – i bambini come una sorta di ‘cavallo di Troia’ per raggiungere la famiglia, inducendo i genitori a comprare ciò che viene reclamizzato. Ma quando si tratta dei più piccoli, il marketing pone diversi problemi relativi alla sua applicazione, alla durata, all’impatto e, a monte, alle considerazioni etiche di rivolgersi a soggetti altamente influenzabili. D’altronde le aziende puntano proprio su packaging e pubblicità accattivante per attirare i più giovani, fin dai 4-6 anni, e spingere i genitori a comprare.
Va tenuto presente che i bambini vivono in un mondo altamente commercializzato, bombardati da ‘tentazioni’ e prodotti accattivanti: oggi ancora più di prima, visto che i media digitali e i dispositivi mobili hanno introdotto un’ulteriore e ampia gamma di possibilità di marketing tra Internet, social media, videogiochi, giochi, contenuti sponsorizzati su piattaforme come TikTok e YouTube, pubblicità gamificata, annunci nascosti.
Secondo gli studi, i più piccoli cominciano ad esercitare il pester power sin dalla prima infanzia e fino all’adolescenza, specialmente fino ai 15 anni, quando spesso dispongono di una propria paghetta. E lo fanno in modi diversi:
• diretto: chiedono ripetutamente, fanno i capricci, urlano, tirano calci, mettono il broncio, implorano, infilano il prodotto desiderato nel carrello, oppure al contrario sono particolarmente gentili coi genitori per ‘imbonirli’
• persuasivo: specialmente i bambini un po’ più grandi cercano di convincere i genitori argomentando le proprie motivazioni.
Uno degli ambiti in cui il pester power è particolarmente studiato è quello dei cibi poco salutari: gli spot per snack zuccherati e cibi ultra-processati inducono i bambini a richiederli con insistenza, favorendo scelte nutrizionalmente scorrette. Addirittura, secondo alcuni studi, il pester power è collegato all’aumento dell’obesità infantile: nei supermercati, una percentuale elevata di richieste da parte dei piccoli riguarda proprio prodotti molto calorici e poco sani.
Chi sono i genitori più influenzabili
Joel Bakan, autore di The Corporation: The Pathological Pursuit of Profit and Power, ha identificato quattro diverse tipologie di genitori con vari gradi di ‘resistenza’ all’assillo. I più monolitici sono quelli che si accontentano delle necessità essenziali, perché tendono a cedere solo se il figlio può dimostrare un bisogno o un beneficio del prodotto desiderato. Poi ci sono i più pronti a cedere: i ‘Kids Pals’, gli ‘Indulgers’ e i ‘Conflicteds’. I Kids Pals, amici dei figli, sono identificati come rilassati e giovani, gli Indulgers compensano il poco tempo passato coi propri bambini attraverso i beni materiali, i Conflicteds invece quando dicono ‘no’ devono fronteggiare conflitti e litigi familiari che facilmente li portano a cedere.
Educazione e consapevolezza
Come se ne esce? Il modo migliore per evitare o almeno ridurre il tormento dei bambini è esporli il meno possibile alle pubblicità. Sembra banale da dire, è sicuramente difficile da fare. È tuttavia l’unica cosa che possa tagliare la testa al toro. In aggiunta, e non meno importante, i genitori possono spiegare ai figli, man mano che crescono, come funziona il marketing e introdurli alla gestione del denaro.
A livello più generale, poi, i governi potrebbero inserire regole e norme che limitino i messaggi rivolti ai bambini e impediscano tattiche promozionali che scatenano il pester power. Non è un’utopia: alcuni Paesi (come Svezia e Norvegia) già vietano ogni forma di pubblicità destinata ai minori di 12 anni, età in cui si ritiene che i bambini abbiano sviluppato il proprio comportamento come consumatori, siano in grado di riconoscere efficacemente la pubblicità e di adottare atteggiamenti critici nei suoi confronti. Anche il Regno Unito vieta spot che invitino i bambini a chiedere ai genitori l’acquisto di un prodotto.