“Ho avuto un figlio e voglio vederlo crescere”, cosa pensano i papà Millennials. L’indagine
- 31/07/2024
- Famiglia
Intende avere figli? E se ne ha già, come pensa di gestire la vita privata con quella lavorativa? Immaginiamo che a ricevere queste domande in fase di colloquio per un lavoro fossero gli uomini. Ciò che emergerebbe rispetto al passato è che i papà stanno esplicitando con più chiarezza e determinazione il loro bisogno di godersi i propri figli, pretendendo tutele e servizi.
I padri Millennials, nati tra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90, sono tra i più presenti per i propri bambini. Una conferma arriva dai dati Inps che hanno evidenziato come, tra il 2019 e il 2022, le richieste di congedo parentale sono aumentate del 15%.
Inoltre, nel 2022 il numero di beneficiari di congedo obbligatorio di paternità è stato pari a 173mila, l’11% in più rispetto all’anno precedente. Cosa sta cambiando?
L’indagine di Reverse
Reverse, società internazionale di headhunting e Risorse Umane, ha condotto un’indagine qualitativa con l’obiettivo di far emergere le esigenze dei nuovi papà che desiderano sempre più trovare un equilibrio tra carriera e vita familiare e lo dichiarano apertamente in fase di colloquio.
I racconti degli Head hunter di Reverse che operano in Italia, Spagna, Francia e Germania insieme alle domande specifiche rivolte ad alcuni papà afferenti a diverse categorie professionali hanno aiutato a far luce sulla situazione italiana, confrontandola con quella estera.
“La nostra missione è agevolare l’incontro tra aziende e lavoratori – ha dichiarato Alessandro Raguseo CEO e Co-Founder di Reverse -. Troppo spesso, infatti, il rapporto tra impresa e candidato non va a buon fine per mancata conoscenza dell’altro. Aspetti apparentemente secondari, come il desiderio di flessibilità per essere più presente in famiglia, possono fare la differenza. Per questo abbiamo scelto di indagare questa nuova esigenza, con l’obiettivo di restituire una fotografia nitida alle aziende che si affidano a noi per trovare le proprie persone”.
Le testimonianze: come diventare padri ha impattato la vita lavorativa
Dalle testimonianze raccolte da Reverse emerge che i padri italiani tendono a voler essere sempre più presenti in famiglia. Ecco perché:
- I papà vogliono essere di supporto alle madri durante i primi mesi di vita del bambino, i delicatissimi periodi del post partum e dell’allattamento;
- Negli anni a seguire desiderano essere parte attiva della vita quotidiana dei propri figli, vivere la loro crescita in prima persona e non solo tramite foto e racconti di mamme, nonni e baby sitter;
- Hanno il desiderio di supportare le mamme che lavorano, di appoggiarle nella realizzazione dei propri sogni professionali. E per fare questo sono contenti di spartire con loro i compiti genitoriali, per fare in modo che le mamme possano dedicarsi serenamente alla loro carriera.
- Famiglia e lavoro diventano un progetto di vita condiviso;
- Il lavoro da casa durante la pandemia ha messo in luce aspetti dell’equilibrio domestico che finora erano rimasti confinati alle chat tra mamme.
“Diventare genitore mi ha aiutato a rivedere le mie priorità: ho sempre più il desiderio di tornare a casa per stare con i miei figli – dichiara Lorenzo, Project Manager di una grande azienda del settore Automotive – Ho alte ambizioni professionali ma allo stesso tempo non voglio rinunciare alla mia famiglia, perché i primi anni di vita dei figli non tornano e non si avrà tempo di stare con loro quando saranno troppo grandi”.
Dall’indagine risulta anche che la richiesta di usufruire del congedo di paternità completo e della flessibilità lavorativa è sempre più elevata anche se, ancora troppo spesso i papà che la richiedono si scontrano con un pregiudizio sociale che li spinge a giustificarsi. Non solo, i papà richiedono congedi paritari, o comunque più lunghi. Infatti, alla domanda “I giorni di congedo sono stati sufficienti per supportare al meglio la tua famiglia?” hanno tutti risposto “No: sarebbe stato necessario più tempo”.
“Il tempo oggi è il vero lusso. Ho bisogno di offrire tempo di qualità alla mia famiglia, a mio figlio, alla coppia e al lavoro – dichiara Matteo, socio-dipendente di una profumeria – Per poter conciliare tutto questo ho dovuto rivedere i miei orari lavorativi. È una questione di equilibrio nella gestione di tutte le proprie sfere, personali e lavorative: senza flessibilità questo equilibrio non potrebbe esistere”.
Il confronto con Germania, Spagna e Francia
Anche nel resto d’Europa si sta riscontrando la stessa tendenza, anche se l’Italia è leggermente un passo indietro. Nel Bel Paese, infatti, un padre lavoratore dipendente ha diritto a 10 giorni lavorativi di congedo di paternità obbligatorio contro i 5 mesi spettanti alla madre. In Spagna, il congedo retribuito al 100% è di 16 settimane per entrambi i genitori, in Germania arriva fino a 14 mesi cumulativi suddivisibili tra i due genitori, mentre in Francia il congedo di paternità è pari a 28 giorni.
“In Germania i candidati sono abituati ad esplicitare in modo del tutto chiaro e sereno i loro desiderata riguardanti la paternità – dichiara Gioia Busi, Delivery Manager, Reverse – Poco tempo fa, un candidato mi ha inviato una mail con tutte le richieste che desiderava rivolgere all’azienda per cui si candidava: si trattava di specifiche necessità orarie per poter passare del tempo con suo figlio, nato da poco. L’azienda ha accolto benissimo le sue richieste, con grande apertura e disponibilità”.
“In Spagna sono sempre più numerosi i candidati che chiedono esplicitamente flessibilità e smart working per poter essere più presenti in famiglia – afferma Manu Cano Munoz, Country Leader Spain, Reverse – Oggi per conquistare qualunque candidato padre in Spagna è imprescindibile andare incontro alle sue esigenze legate alla paternità”.
“Capita molto spesso che i candidati francesi, quando devono scegliere un’azienda, mi rivolgano domande specifiche su orari ed eventuali trasferte, perché vogliono capire quanto il lavoro possa conciliarsi con la loro vita da papà. E, se le condizioni non sono favorevoli, non esitano a rifiutare l’offerta – aggiunge Arlène Lalanne, Senior HR Project Manager, Reverse – Succede anche il contrario: a volte cercare migliori condizioni lavorative per gestire al meglio i figli rappresenta il loro maggiore driver di cambiamento. Ho seguito un candidato papà che voleva cambiare lavoro proprio per ottenere orari più adatti alla sua vita da genitore. La nuova azienda per cui si è candidato lo ha rassicurato, garantendogli la migliore flessibilità possibile. E lo ha conquistato”.
“Con questo studio abbiamo voluto dare nitidezza ad una tendenza ancora dai contorni sfumati. Si sprecano le parole sulla difficile presenza delle donne nel mondo del lavoro e forse la soluzione è dove non stiamo guardando, nel lavoro dei papà. Ascoltare le loro voci è stata la via per portare all’attenzione di chi opera nel mercato del lavoro i problemi ma anche le soluzioni. Soluzioni spesso concretizzabili in azienda oggi stesso”, ha concluso Beatrice Böhm, Marketing & Communication Manager Reverse.
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