La famiglia perfetta? Ha almeno un figlio: lo studio
Esiste la formula per la famiglia perfetta? Forse no, ma probabilmente ognuno di noi ha in testa un’idea di come ‘dovrebbe essere’ una famiglia, e proprio per questo potremmo chiederci quale sia questo ideale e come cambi tra i vari contesti culturali, sociali e politici. E potremmo anche chiederci se questo ideale si rifletta poi nelle decisioni di fertilità individuali e nei trend a livello nazionale visto che, come è noto, nei Paesi più ricchi si parla ormai di ‘inverno demografico’.
Tutte domande che si è posto lo studio ‘Family ideals in an era of low fertility (L’ideale di famiglia in un’epoca di bassa fertilità)’, pubblicato sulla rivista Pnas e coordinato da Arnstein Aassve, professore e demografo del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Bocconi di Milano.
Lo studio ha analizzato otto Paesi molto diversi tra loro – selezionati proprio per questo – ma tutti con una bassa natalità: Cina urbana, Corea del Sud, Giappone, Italia, Norvegia, Singapore, Spagna e Stati Uniti.
Spoiler: la famiglia perfetta ha almeno un figlio.
Sulla famiglia tutto il mondo è paese
Ma cominciamo dall’inizio. Uno dei primi risultati dell’indagine è che tutto il mondo è paese. Ovvero, l’ideale di famiglia cambia a seconda delle culture ma non così tanto, rivelando sorprendenti somiglianze tra contesti variegati.
Lo studio ha indagato come gli intervistati valutavano il contributo dato da dieci fattori a una ‘famiglia di successo’:
• numero di figli
• stato civile dei genitori (matrimonio/convivenza/divorzio)
• reddito familiare
• rispetto da parte della comunità
• ruoli di genere
• equilibrio tra lavoro e famiglia
• istruzione dei figli
• qualità della comunicazione tra i membri della famiglia
• contatti con la famiglia allargata
• sostegno finanziario per i figli
La novità sta proprio nell’aver analizzato la multidimensionalità del concetto di famiglia. Infatti, sottolineano gli autori della ricerca, le scelte delle persone sottintendono compromessi a cui sono spinti dai vincoli materiali e sociali in cui vivono e quindi per comprenderle è necessario considerare tutti i fattori in campo.
Le caratteristiche della famiglia ideale
Ma com’è fatta dunque una ‘famiglia ideale’? Innanzitutto ha almeno un figlio, ma non è rilevante che ne abbia più di uno. Se la genitorialità è sempre un aspetto importante, infatti, il numero di figli non è (più) così importante. Quello che è fondamentale in tutti i casi sono la qualità delle relazioni tra i membri più stretti della famiglia, la comunicazione frequente con i nonni e il rispetto di cui si gode nella comunità. Infine, uno scarso reddito è valutato negativamente in tutti i contesti e, se le famiglie hanno almeno un bambino, il livello di istruzione dei figli e il risparmio per il loro futuro sono caratteristiche universalmente rilevanti.
Nel dettaglio:
• se c’è almeno un figlio, il tradizionale matrimonio è preferito alla convivenza
• il divorzio è visto come la caratteristica familiare più indesiderabile in tutti i Paesi
• maggiori risorse finanziarie sono più desiderabili. Va però notato che questo vale soprattutto per Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e Giappone rispetto ai Paesi europei, probabilmente per le politiche di welfare statale tendenzialmente più generose di questi ultimi
• nonostante alcune importanti differenze tra Paesi, anche i ruoli di genere egualitari e l’evitare conflitti tra lavoro e famiglia sono valutati positivamente, ma il secondo è prioritario rispetto al primo
• fondamentale una buona comunicazione tra i membri della famiglia più stretti
• importantissimo il contatto frequente con i nonni
• molto rilevante il rispetto della comunità locale
• di grande impatto l’investimento dei genitori nel successo dei figli: da una parte le risorse spese influenzano la disuguaglianza intergenerazionale, dall’altra un investimento forte nei figli incide sulle scelte di carriera e di vita personale di padri e madri.
Ovviamente, lo studio evidenzia anche delle differenze tra i contesti analizzati: ad esempio, la convivenza, le nascite al di fuori del matrimonio e la monogenitorialità sono diffusi nei Paesi occidentali ma meno visibili in Asia, dove il matrimonio è considerato ancora un fattore importante.
La seconda transizione demografica
Dunque la ‘famiglia ideale’ ha almeno un figlio, ma averne più di uno non è un plus. Un risultato che mette in luce un cambio di visione rispetto al numero di due figli tradizionalmente visto come ottimale. E che sembra accordarsi con un’epoca di bassa fertilità: la famiglia numerosa non ha più nessun appeal.
Tuttavia, questo risultato rivela anche che la genitorialità rimane fondamentale rispetto all’immagine di famiglia ideale, il che è un segnale rilevante in un momento in cui nei Paesi ricchi le nascite sono in drastico calo e lo stesso concetto tradizionale di famiglia sta per essere sorpassato.
La famiglia, infatti, è ancora il nucleo di base dell’organizzazione sociale, ma si sta articolando in forme molto diverse: è la cosiddetta seconda transizione demografica.
Come la prima, la seconda transizione demografica nasce da uno squilibrio tra i tassi di natalità e di mortalità, ma in questo caso il cambiamento è partito dalla fecondità, scesa nei Paesi ricchi sotto il tasso di sostituzione naturale – 2,1 figli per donna – necessario per mantenere stabile una popolazione. In poche parole, le morti hanno cominciato a superare le nascite, determinando un tasso di crescita negativo.
Il motivo di questo trend deriva, secondo la teoria, dai cambiamenti sociali del secondo dopoguerra. In pratica si è passati da un percorso di vita ‘standard’, scandito da tappe precise ad età sostanzialmente precise (studi, lavoro, matrimonio, figli), a un percorso non standardizzato, dove ognuno ha tempi e modalità diversi. Non solo, ma nuovi usi si stanno imponendo, ribaltando la tradizione: tardiva uscita dalla casa dei propri genitori, convivenza, famiglie composte da una sola persona, aumento dei figli nati fuori dal matrimonio. Tutti cambiamenti culturali che, accompagnati da una crescente attenzione all’autorealizzazione individuale e alla qualità della vita, spiegherebbero questa nuova transizione demografica e il calo della fecondità.
In definitiva, ciò che lo studio mette in luce è proprio che le decisioni sulla fertilità vengono prese in base a molteplici cause. Perciò, per uscire dall’inverno demografico le politiche messe in campo devono mirare alle reali esigenze delle persone e ai fattori che influenzano le loro scelte, considerando tutte le varie componenti che insieme dipingono il quadro complessivo di una ‘famiglia ideale’.
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