Famiglia, Roccella a Atreju 23: “Denatalità non solo problema economico, ma anche culturale”
- 15/12/2023
- Famiglia
“Denatalità non è solo un problema economico, ma anche culturale”. Lo ha detto ad Atreju la ministra della Famiglia, Natalità e Pari Opportunità Eugenia Roccella. Parole che hanno evidenziato una chiave di lettura di un fenomeno che sta raggiungendo in Italia, come in altri Paesi del mondo, dei minimi storici preoccupanti.
A pesare sulle donne e sulla denatalità, ci sono dei fattori economico-finanziari, il basso tasso di occupazione femminile rispetto a quello maschile, l’impossibilità di gestire vita lavorativa e familiare con semplicità. Quest’ultima, è stata la motivazione maggiore (63%) tra quelle fornite dalle oltre 44mila neomamme dipendenti che hanno dichiarato le proprie dimissioni.
Una questione culturale
“Famiglia, pari opportunità e natalità sono strettamente intrecciate – ha affermato la ministra -. Il motivo per cui spesso le donne non fanno figli, quando li desiderano, è per ostacoli alla libertà, di cui dobbiamo occuparci. Non è solo un problema economico, ma anche culturale. Come governo possiamo agire sul piano normativo, nei limiti delle risorse”.
Sulla questione culturale, nello specifico, il nostro Paese sta vivendo una profonda crisi. Una prima spaccatura culturale è data da un ricambio generazionale che rivendica con insuccesso diritti e libertà ancora non ottenute su tutti i campi possibili, dalla sfera professionale a quella personale. Il crescente numero di femminicidi nell’ultimo anno ha preoccupato i cittadini e movimentato un intervento su diversi livelli da parte del Governo, primo tra tutti un piano mirato volto alla prevenzione e alla cura delle donne vittime di violenza.
Non solo economica, quindi, è la causa principale della denatalità. Culturalmente, però, ci sono aspetti che superano il binarismo uomo-donna e sui quali la ministra ha espresso parole dure: “Le filosofie gender, la negazione che si possa usare la parola donna, sono nuove forme di patriarcato e sono un rischio alla libertà delle donne di essere sé stesse”.
Nel suo intervento al convegno di Atreju di Fdi, oggi a Roma, la ministra ha poi aggiunto: “Io penso che nel mondo occidentale, libero e democratico, le donne abbiamo fatto un lungo cammino che ancora non si è concluso ma in cui siamo molto avanti. Ci sono nuovi rischi perché la questione gender è una questione che nega l’identità femminile“.
Investire sulla famiglia
Poi in merito agli “investimenti” dedicati alla famiglia ha aggiunto: “Non abbiamo affatto alzato l’Iva sui pannolini, ma diminuita rispetto a quella che c’era prima che era del 22%. Abbiamo apprezzato l’assegno unico e lo stiamo difendendo dalla procedura d’infrazione Ue: lo abbiamo implementato. Abbiamo fatto molto e lo stiamo ancora facendo con questa finanziaria”.
Si tratta di un pacchetto di misure che, però, purtroppo non è sufficiente ad invertire la rotta intrapresa dal Paese. A sottolinearlo è stato il Tortuga Think-tank, secondo il quale il declino delle nascite in Italia è un tema prioritario per il governo Meloni, con la legge di bilancio 2024 che pone l’accento su misure di sostegno alla famiglia e natalità, ma che non sono abbastanza.
“Il bonus asili nido, introdotto per supportare le famiglie con il secondo figlio, non assicura né efficacia né continuità. Con uno stanziamento di 240 milioni di euro, si copre solo il 7% dei bambini in età da asilo nido nel 2024 – si legge nell’analisi dei ricercatori -. Investendo i 240 milioni in copertura dei costi del personale per gli asili nido, si potrebbe ridurre la variabilità del servizio tra aree diverse, garantendo un impatto maggiore. Nonostante l’aumento dell’indennità per il congedo parentale, il ruolo dei padri rimane marginale, con solo dieci giorni di congedo paternità retribuito al 100%. Questo lascia il peso della cura dei figli principalmente sulle madri. La decontribuzione per le madri di 2 o più figli riguarda solo il 6% delle donne occupate, escludendo molte categorie di lavoratrici. Una misura simbolica, con impatto limitato sulla fecondità. Il governo, inoltre, non ha rinnovato la riduzione dell’Iva sui prodotti per la prima infanzia. Una scelta che, in un periodo di inflazione, potrebbe rappresentare un ostacolo all’accesso di beni essenziali per l’infanzia”.
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