Nuovi fondi ai Centri per la famiglia: cosa sono e cosa cambierà
- 27 Agosto 2025
- Famiglia
Arrivano nuovi fondi per rafforzare o creare i Centri per le famiglie, servizi territoriali di supporto alla genitorialità già attivi da tempo sul territorio e che il governo intende trasformare in veri e propri hub operativi e gestionali. Il nuovo Piano Nazionale per la famiglia 2025-2027, approvato lo scorso marzo, attribuisce loro un ruolo centrale, e ai primi di agosto il Dipartimento per le politiche della famiglia guidato dalla Ministra Eugenia Roccella ha stanziato 55 milioni di euro da assegnare alle Regioni attraverso un bando pubblico.
Gli obiettivi dello stanziamento sono molteplici: rafforzare le funzioni dei Centri esistenti, attivarne di nuovi laddove siano assenti o insufficienti a livello regionale e sviluppare la loro rete, necessaria perché i servizi erogati facciano davvero la differenza.
Cosa sono i Centri per le famiglie
I Centri per la famiglia sono stati sperimentati per la prima volta negli anni ’90 e già nel Piano Nazionale per la famiglia del 2012 erano visti come “nodi propulsori di una rete di servizi integrati” per l’empowerment delle famiglie. Ora, dopo una revisione nel 2022 (Family Act), il nuovo Piano Nazionale per la famiglia ne fa un elemento fondamentale, nell’ottica di “rafforzare i servizi per la prima infanzia, sostenere le madri lavoratrici e valorizzare i territori”. Ma c’è anche un’altra ambizione, quella di “rendere la famiglia e la genitorialità non solo compatibili con i nuovi stili di vita, ma anche attrattive alla luce di essi”, si legge nel bando.
Per realizzare questi obiettivi, i Cpf fungeranno da hub territoriali, dunque come vero punto di riferimento gestionale e operativo per le famiglie, aiutandole a conoscere gli strumenti, le risorse e le opportunità disponibili, e a orientarsi nell’affrontare problematiche specifiche. I Centri raccorderanno tutti gli interventi per il benessere familiare, interagendo con le famiglie e con gli operatori del welfare familiare (imprese, terzo settore, enti locali).
La logica alla base di questo modello organizzativo supera quella tradizionale, assistenziale, per spostarsi sul coinvolgimento attivo delle famiglie, che non saranno più semplici fruitrici di servizi ma contribuiranno attivamente alla loro realizzazione. Un cambio di paradigma che include anche il sostegno all’invecchiamento attivo, per facilitare lo scambio intergenerazionale e l’inclusione di soggetti con fragilità.
Il Family welfare manager
Come anticipato, il Piano si propone di promuovere la nascita di nuovi centri, la loro diffusione omogenea su tutti i territori e la loro articolazione in rete, per garantire una copertura capillare e supportare le famiglie con figure specificamente formate. In particolare, nei Cpf opererà il Family welfare manager, una nuova figura che dovrà promuovere e coordinare le politiche familiari territoriali coinvolgendo tutti gli attori, in modo da superare uno dei principali problemi legati a queste politiche, ovvero la loro frammentazione.
Secondo quanto previsto dal bando dell’8 agosto, i Centri per la famiglia già esistenti dovranno svolgere almeno due ulteriori iniziative tra queste:
• erogazione di servizi per l’ascolto e il counseling dedicati ad adolescenti e ai loro genitori
• supporto alla genitorialità, incluso l’affido e l’adozione
• sostegno alle madri e alle famiglie nei “primi mille giorni”, ad esempio attraverso l’assistente materna: una figura cui spetta il sostegno relazionale alla donna in gravidanza e alla famiglia fino al primo anno di vita del bambino, offrendo presenza, vicinanza (anche a domicilio), ascolto, supporto, aiuto nella quotidianità e orientamento rispettoso delle scelte individuali.
Tra le altre attività chiave dei Centri:
• coordinamento e integrazione dei servizi locali dedicati alla famiglia e alla genitorialità
• attivazione di sportelli per i primi mille giorni, creazione di cruscotti informativi e campagne divulgative
• percorsi di valutazione dei bisogni delle famiglie, progettazione partecipata con attori del territorio e promozione del benessere dei minori.
Centri per la famiglia a macchia di leopardo
Secondo un monitoraggio aggiornato al marzo 2023, i Cpf sul territorio nazionale sono 507 in totale, con rilevanti differenze geografiche. Risultano ad esempio:
• Lombardia: 137
• Friuli-Venezia Giulia e Basilicata: 3 ciascuna
• Valle d’Aosta e Sicilia: 1 ciascuna
• Molise: nessun centro attivo in quel periodo.
Una disomogeneità che il nuovo stanziamento intende superare.
I finanziamenti per Regione
I 55 milioni messi a disposizione dal nuovo bando, a valere sul Fondo nazionale per le politiche della famiglia, sono assegnate alle Regioni in base alla popolazione residente:
• Marche (1.479.500 euro)
• Sardegna (1.655.500 euro)
• Abruzzo (1.369.500 euro)
• Puglia (3.905.000 euro)
• Lombardia (7.914.500 euro)
• Veneto (4.070.000 euro)
• Piemonte (4.015.000, euro)
• Basilicata (687.500 euro)
• Liguria (1.688.500 euro)
• Emilia Romagna (3.960.000 euro)
• Campania (5.582.500 euro)
• Valle d’Aosta (159.500 euro)
• Calabria (2.299.000 euro)
• Lazio (4.812.500 euro)
• Toscana (3.668.500 euro)
• Umbria (918.500 euro)
• Friuli Venezia Giulia (1.226.500 euro)
• Sicilia (5.142.500 euro)
• Molise (445.500 euro).
Già nel 2024 e nel 2025 il governo, sempre a valere sul Fondo nazionale per la Famiglia, ha stanziato per le Regioni rispettivamente 28 milioni circa e 32 milioni, che si pongono sulla linea definita dal cosiddetto Decreto Caivano, secondo cui i Cpf devono offrire consulenza e servizi in merito all’alfabetizzazione digitale dei minori, con particolare attenzione ai contenuti pornografici e violenti. Questi riparti prevedono anche l’offerta di servizi sulla prevenzione e sugli effetti dell’assunzione di sostanze psicotrope, e altri finalizzati alla valorizzazione pratica dell’invecchiamento attivo.
Le Regioni hanno tempo fino alle 12 dell’8 ottobre 2025 per chiedere i fondi, dopo una delibera di Giunta. Tutte le info sul bando sono sul sito del Dipartimento per le politiche della famiglia.